Il triestino Alberto “Al” Custerlina arriva al suo terzo romanzo, dopo l’esplosivo esordio di Balkan Bang! (Perdisapop 2008 e poi Segretissimo Mondadori 2010) e la conferma di Mano Nera (Baldini Castoldi Dalai 2010).

L’abbiamo incontrato per parlare del “nero profondo” delle sue storie.

Mi piacerebbe iniziare dicendoti che vedi il mondo troppo “nero”, ma ovviamente la cronaca quotidiana dimostra che sbaglio. Allora ti chiedo: quanto è noir l’Italia di oggi?

In questo senso, io ho una visione “quantistica” della vita. Mi spiego meglio. C’è il mondo in cui viviamo noi, le cosiddette persona “normali” che crescono, lavorano, hanno famiglia, frequentano amici, sviluppano hobby. E poi c’è il mondo criminale (quello vero), dove le priorità della vita sono completamente diverse, i valori etici sono differenti e le considerazioni morali azzerate o molto distorte. Questi due mondi coesistono nello stesso ambiente, la Realtà, ma di solito restano ben separati a livello “fisico”, anche se si influenzano continuamente uno con l’altro. Raramente, noi “normali” entriamo in contatto diretto con i veri criminali e quando succede, di solito è un disastro. Io, come scrittore, ho scelto di narrare questo mondo criminale e gli eventi che scaturiscono da tali contatti. Quindi, detta con altre parole, i miei romanzi sono così “neri” perché io mi occupo soltanto del lato oscuro.

Venendo all’Italia, non credo ci sia bisogno di una mia dichiarazione per accorgersi che il suo lato “nero” supera ogni fantasia.

Quando si “azzecca” il primo romanzo si dice che l’autore è fortunato; anche quando piace il secondo di solito non ci si sbilancia. Ora sei al terzo romanzo: posso dire che sei un autore affermato o è ancora troppo presto?

Non è questione di fortuna. Il lavoro di uno scrittore non è solo inventare e scrivere storie, ma anche progettare, pianificare e valutare correttamente come, quando e con chi pubblicare. Se lo si fa in maniera adeguata e ci si mette dentro un pizzico di talento e di umiltà, si pubblica con successo. Riguardo alla questione “scrittore affermato”, bisogna capire cosa prendiamo in considerazione come parametro discriminante. Se si tratta della stima da parte degli addetti ai lavori, allora mi sento completamente affermato. Se invece consideriamo le vendite (e quindi la risposta di pubblico), allora posso affermare di non essere ancora arrivato alla soddisfazione. Ma di questo non mi faccio un cruccio, perché i miei romanzi stanno fuori dal flusso modaiolo dei gialli e dei thriller e quindi sarebbe stupido aspettarsi un successo di massa.

Tornano i Balcani: qual è il tuo rapporto con questo territorio? Bacino da cui attingere materiale letterario o puro interesse geopolitico?

Entrambi. I Balcani sono territori ricchissimi di Storia, molto variegati dal punto di vista etnico e religioso, e recentemente sono usciti da una guerra civile devastante. Si tratta di un terreno molto fertile per i romanzieri, ricco di spunti e favoloso per le ambientazioni.

Le donne dei tuoi libri sono sempre “toste”: una scelta letteraria o ne hai conosciute di queste “action women”?

Eh, eh! Per fortuna è una scelta letteraria, altrimenti non sarei qui a raccontarla. A parte gli scherzi, fin da quando è uscito Balkan bang! (2008) sentivo la necessità di dare alla donna un posto di rilievo all’interno di storie che di solito la vedevano relegata a cliché d’altri tempi, soprattutto in Italia. Mi pare di aver colto nel segno: tutti i miei lettori sono affascinati dai miei personaggi femminili e mi chiedono informazioni su di loro, soprattutto per assicurarsi che io li porti avanti nelle prossime storie. Inoltre, ho notato che recentemente alcuni esordienti hanno seguito le mie tracce ed è una gran soddisfazione. Naturalmente, devo riconoscere di avere io stesso un debito verso un grande Maestro: Quentin Tarantino.

Come ti sei trovato nella distribuzione del libro?

La distribuzione del libro non fa una grinza, ciò che manca è la promozione pubblicitaria. È una tara genetica dell’editoria italiana (forse anche mondiale) che, però, si spiega benissimo se consideriamo un libro alla stregua di una merendina. Insomma, ormai il romanzo (soprattutto di genere) è un “prodotto” e la sua promozione segue le regole del mercato di massa. Nel mio caso la situazione è aggravata, perché l’uscita di Cul-de-sac è stata funestata dall’azzeramento dell’ufficio stampa della casa editrice per motivi interni all’azienda e quindi il romanzo ha sofferto (e soffre tuttora) di una promozione quasi inesistente, che sto personalmente cercando di supplire attraverso un tam-tam in Rete.

Ipotesi fantascientifica: domani ti commissionano un romanzo romantico. Rifiuti, accetti la sfida o fai finta di accettare per poi scrivere un “rosa noir”?

Non c’è nessuna sfida. Confezionare un romanzo è un lavoro molto lungo e faticoso: o ti piace scrivere un determinato genere, oppure ti pagano cifre interessanti. Non ci sono altre motivazioni che possano portare un autore a scrivere qualcosa. Nel mio caso, non accetterei d’impegnarmi con un romanzo rosa, a meno di un’offerta economica favolosa e la promessa (scritta nero su bianco) di una promozione pubblicitaria di altissimo livello. Fantascienza, appunto.

Ultima domanda: sei già al lavoro sul tuo prossimo romanzo? Altri progetti in vista?

Sì, sto progettando un nuovo romanzo. Mi piace scrivere e non mi fermo mai, nonostante non sia il lavoro con cui mi guadagno da vivere. E per fortuna non ho ancora sperimentato lo stress da foglio bianco, anzi, negli ultimi tempi ho messo da parte una gran quantità d’idee da sfruttare. Riguardo al nuovo lavoro posso dire che abbandonerò i Balcani per dare a questa storia un respiro europeo, che sarà un lavoro lungo e complesso arricchito da flashback nel passato (II guerra mondiale) sui quali mi sto documentando, che torneranno alcune vecchie conoscenze accompagnate da nuovi personaggi molto intriganti e che forse mi permetterò un’incursione verso altri generi. Di più ancora non so.