In un’epoca cinematografica contraddistinta come non mai dall’assoluta mancanza di originalità, un film di culto come Professione assassino (The Mechanic) non poteva sfuggire all’ingranaggio del remake. Il celebre film del 1972 con Charles Bronson nel ruolo dell’“assassino di pietra” (per citare il titolo di un suo film successivo, il cui aggettivo roccioso i più maligni attribuirono in realtà alla recitazione del protagonista) vantava la solida sceneggiatura originale - espressione ormai fuori moda - di Lewis John Carlino, script che oggi viene ripreso e rinfrescato da Richard Werk, sceneggiatore che dopo aver scritto il soggetto di Vamp (1986) non ha lasciato molte altre tracce di sé.

Malgrado le premesse, però, non ci troviamo di fronte ad una “replica” bensì ad una “reinterpretazione”, nella migliore accezione del termine.

Arthur Bishop è un assassino di professione, come ci svela il titolo del film. È metodico e preciso, ordinato e accurato. Un giorno riceve l’ordine terribile di uccidere un uomo che stima, un uomo a cui deve molto: il suo lavoro gli impedisce di avere troppi dilemmi morali ed esegue il contratto. Si ritrova però così fra i piedi Steve, il figlio dell’uomo ucciso: disordinato e confusionario, spaesato e scapestrato. Questi vuole che Bishop gli insegni il mestiere perché vuole vendicare la morte del padre - che ignora essere stata opera del suo “maestro”. Inizia così un gioco sottile di maestro-allievo, padre-figlio, assassino-vittima.

 

Come si diceva, il moderno Professione Assassino non è una pedissequa imitazione del film del 1972: Jason Statham - attuale detentore della palma di miglior attore d’azione - ha bravura e carisma necessari per non aver bisogno di imitare Bronson ma anzi di portare avanti il proprio personale stile da Transpporteur che una fortunata trilogia di film francesi gli hanno fatto guadagnare: più che il Bishop di Bronson, ci troviamo qui di fronte al Frank “Transporter” Martin di Statham in chiave più seria.

Simon West non è un regista alle prime armi, e Con Air, La figlia del generale e Tomb Raider non saranno capolavori del cinema ma sono comunque ottime fatture. Il suo Mechanic è vibrante e adrenalinico - le scene finali sono rimarchevoli - girato con mano sicura e facendo molto (e giustamente) affidamento sul volto scavato di Statham, carta vincente per un action movie che si rispetti.

Non sono da meno le scene più "riflessive". Bishop che si muove nel proprio rifugio rappresenta un punto forte del film, così come particolarmente godibile risulta la scelta del secondo movimento del Trio per pianoforte e violoncello in Mi bemolle maggiore (op. 100) di Franz Schubert come musica preferita dall’assassino: un’atmosfera di grande effetto creata con molto poco.

In conclusione, Professione assassino è la versione moderna di ciò che all’epoca fu Professione assassino: è una rielaborazione secondo canoni diversi di una storia simile. Questo non salva il cinema statunitense dall’accusa di totale mancanza d’originalità, ma almeno regala ai fan degli action movie un titolo di valore.