Scena uno: Russel Crowe al volante; il volto insanguinato…

Scena due: in un ristorante Crowe, la moglie, il fratello di lui con relativa compagna. Tutto sembrare filare liscio e invece le due donne cominciano a litigare di brutto.

Parte così questo The Next Three Days di Paul Haggis, sceneggiatore fulminato sulla via della cinepresa (prima di questo due film, Crash, davvero pessimo e Nella valle di Elah, così così…).

Parte, ok, ma per dove? Da quello che si è leggiucchiato in giro ci si aspetterebbe “il solito peggio”, perché la storia di un professore alle prese nientemeno che con l’organizzazione dell’evasione della moglie ingiustamente (secondo il consorte…) accusata d’omicidio, sembra una storia ad altro grado di improbabilità, roba da mandare a fondo la più ben disposta “sospensione dell’incredulità”.

Invece stavolta Haggis non solo ha la penna “calda”, quella tranne qualche rara eccezione ce l’ha sempre avuta, ma pure le idee giuste su come fare ad entrare e uscire dai cliché di un genere, il thriller, e su come fare per apportarvi linfa fresca pagando appena appena il prezzo prezzo di cui sopra, cioè una certa quota di inverosimiglianza.

Haggis sa come fare ad infiltrare nella storia momenti di grande intimità tra i coniugi, vedi in particolare le scene nel parlatorio dove alcuni sguardi di Crowe alla moglie non passano inosservati perché carichi di tutto l’affetto e lo strazio che una situazione del genere richiede. Altri attimi invece sono veri e propri distillati di pura suspense tutti giocati attorno alla velocità del refresh di un schermo pc, istanti dai quali dipende un imbarco o meno, mentre in altri attimi ancora ci si ritrova inevitabilmente a tifare per qualcuno e contro qualcun altro perché catturati in pieno da una anelito di libertà che tracima dallo schermo, ma non libertà qualunque, ma una libertà, non libertà d’espressione ad esempio, diritto sacrosanto per carità, ma quella libertà che rimanda ad una sorta di fame di “maggiore spazio attorno” piuttosto che quello che consentono quattro mura.

Insomma, c’è parecchio che merita di essere visto in questo The Text Three Days, qualcosa che non ti aspettavi e che invece si affaccia dallo schermo in maniera anche prepotente, insomma una sceneggiatura, una intenzione quindi, che ha trovato la quadra per farsi immagine.

Da vedere, ecco.