Arrivo un po’ tardi a recensire Il sorriso di Angelica, uscito nel  2010:  a Camilleri è difficile stare dietro.

E’ una storia divertentissima e come sempre ben costruita.

Inizia con una  serie di furti “strammi”, perpetrati nella case di un gruppo di amici; non mancheranno anche le “ammazzatine”, tentate o riuscite.

Il personaggio di Montalbano si evolve. L’eroe, similmente all’Orlando ariostesco ma quasi “sissantino”,  perde la testa per Angelica, bella, bionda, con i capelli lunghi e “un sorriso che era come ‘na lampadina da cento che s’addrimava ‘mprovisa nello scuro”.

“La signora Cosulich era precisa ‘ntifica, ‘na stampa e ‘na figura, con l’Angelica dell’Orlando Furioso, accussì come lui se l’era immaginata e spasimata viva, di carni, a sidici anni, talianno ammuccioni le illustrazioni di Gustavo Dorè che so zia gli aviva proibito”.

L’innamoramento di Montalbano assume carattere poetico perché nei momenti sentimentalmente più coinvolgenti l’Autore alterna i versi dell’Ariosto al racconto delle sensazioni del commissario. Esilaranti le citazioni pseudo-letterarie: dalla sindrome di Scotti-Turow sbandierata al questore, un portiere che si chiama Ugo Foscolo, il contrappunto di battute con Fazio e le invenzioni lessicali di quella fonte perenne di comicità che è Catarella.

Merita un commento la precisazione in fondo al romanzo. Come di prassi, l’Autore specifica che la modalità di esecuzioni dei furti narrati è tratta da un fatto realmente accaduto mentre “tutto il resto, nomi di persone, d’istituti, fatti, situazioni, ambienti e quant’altro sono di mia invenzione e non hanno alcuna attinenza con la realtà. Ammesso che da un romanzo la realtà la si debba considerare esclusa.” (La sottolineatura è mia).

Credo di interpretare l’idea che Andrea Camilleri ha della funzione del romanzo poliziesco: divertire ma anche raccontare la realtà. Idea in comune con molti altri autori contemporanei, italiani e stranieri.