La storica Elizabeth Eisenstein negli anni Ottanta scrisse che fra le rivoluzioni che hanno cambiato la storia umana, quella della stampa è stata (a torto) la meno considerata: non è certo da meno - aggiungiamo noi - la storia di quelle che oggi chiamiamo “fonti”. La nascita dei caratteri che noi oggi usiamo con disinvoltura e che scegliamo seguendo criteri puramente personali - e spesso creiamo usando software appositi - è pochissimo conosciuta malgrado sia affascinante.

La storia del garamond ha tutte le carte in regola per essere un avvincente romanzo storico, ed è proprio questa forma narrativa che adotta la scrittrice parigina di discendenza italiana Anna Cuneo per il suo “Il maestro di Garamond”, romanzo nato originariamente nel 2002 ma che nel 2010 è stato ripresentato in una curatissima e preziosa edizione dalla Sironi Editore.

La storia ci porta nell’Europa di inizio ’500, quando l’esplosione della stampa a caratteri mobili da poco inventata da Gutenberg ha invaso ogni città. «Una volta uscite dalle nostre mani, - dirà un personaggio, - le lettere diventano le ambasciatrici della mente. Grazie a loro e ai torchi, si potranno esprimere delle idee e condividerle. Cosa c’è di più nobile?» Era un periodo in cui gli “artigiani” vivevano settimane a stretto contatto sia con i libri («sono diventati degli amici, nei confronti dei quali manifestiamo riguardi che forse non avremmo per noi stessi») che con studiosi se non proprio con gli autori stessi, facendo delle botteghe e delle stamperie dei veri luoghi di cultura.

In questo periodo si stanno studiando le grafiche di quei caratteri che in molti casi sono arrivati fino a noi. «Guarda la tonalità generale dei caratteri di Nicolas Janson: sono regolari, riposanti per la vista; rispetto a quelli gotici facilitano la lettura, l’occhio si distende anziché contrarsi.»

Fa da contraltare la Chiesa dell’epoca che incarna la paura del nuovo che in realtà pervade ogni uomo di ogni cultura e di ogni età: la stampa è qualcosa di troppo nuovo perché sia un bene. Noël Beda, il decano della facoltà di Teologia, incarna nella vicenda il simbolo del pericolo costante che correva chi lavorava nell’ambito editoriale: l’accusa di eresia e la consequenziale messa a rogo.

Non mancano incontri “illustri” all’interno delle vicende di Claude Garamond, che incontrerà il grande editore veneziano Aldo Manuzio, Francesco Griffo (inventore del corsivo, che in origine avrebbe dovuto chiamarsi griffino ma che, visto che era di origine italiana, venne poi chiamato italico) Maestro Tory (che usava L’uomo vitruviano di Da Vinci per dimostrare che un alfabeto conforme alle proporzioni del corpo umano) e un certo frate François, autore che in seguito avrebbe ottenuto fama imperitura con il nome di Rabelais. Garamond e il suo maestro Antoine Augereau vivranno appieno lo spirito della loro epoca, malgrado le rivoluzioni di cui sono testimoni verranno in seguito quasi

«L’incisione dei caratteri è davvero il segreto della stampa. Ma per esercitare quest’arte bisogna essere umili. Tutti gli stampatori elogeranno la bellezza dei tuoi caratteri, te ne faranno richiesta, te li acquisteranno, ma rari saranno i lettori che sapranno della tua esistenza.» Questo è il destino di grandi artisti che hanno donato al mondo una fonte che altro non è se non una codificazione del pensiero stesso.

L’autrice guida il lettore in un ambiente storico decisamente inedito e stimolante, attraverso un espediente grafico che acquista il sapore del paradosso. Il romanzo è infatti stampato usando il carattere garamond (attraverso la ricostruzione fedele compiuta dal creatore di caratteri canadese William Ross Mills), attribuita a Claude Garamond ma in realtà creata da Antoine Augereau (come la Cuneo spiegherà nel testo), specificando che i corsivi sono opera del solo Garamond mentre i capilettera del solo Augereau. Visto che il romanzo racconta proprio la vicenda della nascita di questo carattere, la scelta dell’autrice si rivela un delizioso paradosso, quasi anticipando graficamente quello che sarà l’apice della vicenda narrata.

Il maestro di Garamond” è un romanzo storico che ha l’ampio respiro di una storia che arriva alla radice della conoscenza umana: perché non esisterebbe alcuna conoscenza se non ci fossero caratteri grafici per veicolarla.