Abbandonato dal suo comando nel bel mezzo di una missione in territorio nemico e miracolosamente sopravvissuto, Bob Lee Swagger si è ritirato a vivere in una remota località di montagna (come Schwarzenegger in Commando). Tiratore scelto, viene ingaggiato dai servizi segreti con la scusa che grazie alla sua esperienza è l’unico in grado di sventare un attentato al Presidente dato come imminente. Da salvatore della patria si ritroverà come ricercato numero uno per omicidio (ma non del Presidente…), pressoché da ogni forza di polizia disponibile. Uscito indenne da svariati agguati, e sfuggito di continuo ad imponenti battute di caccia all’uomo (come Stallone in Rambo…), si vendicherà a suon di pallottole contro la solita masnada composta da militari e politici (corrotti entrambi…) responsabile dell’intrigo (come Damon in Bourne Identity), il che ha fatto fischiare le orecchie all’entourage di Dick Cheney (così raccontano le cronache…). Antoine Fuqua, regista, non è più stato all’altezza di quello che rimane il suo film più riuscito, Training Day. Stesso destino per questo Shooter (tiratore, cecchino), dove lo script è inutilmente aggiornato con la presenza di un agente FBI che dall’interno dà una mano al fuggitivo. Sarà poi che la strage di Virginia Tech è ancora nella memoria, ma l’uso massiccio delle armi da fuoco cui si assiste un qualche malessere dentro lo lascia. Ancora più disturbante la figura di Mark Wahlberg nei panni del protagonista: in The Departed era di gran lunga il migliore, stavolta invece viaggia ammazzando a destra e sinistra e sfoggiando una sola espressione (quella col fucile…), un cyborg assetato di sangue dietro il quale si scorge il deserto. Già in preparazione il seguito…