Le peripezie di Jack Ryan… 

Lo sconosciuto N.89 di Elmore Leonard, Einaudi 2011.

Jack Ryan, trent’otto anni, vari lavori, lotta strenua con l’alcol e poi notificatore di atti giudiziari, vive in un bilocale di un condominio a Royal Oak, una Pontiac Catalina due porte a sostituire la Cougar, sposato con “una ragazza tranquilla” che poi diventa una “zuccona sempre pronta a trovare il pelo nell’uovo”. Ergo divorzio e frequentazione con  Rita, la segretaria di uno studio legale.

Da Jay Walt (capelli luccicanti di lacca) e poi da Mr Perez “tanto cordiale e amichevole” (quindi infido) il compito di ritrovare, con bei dollaroni sonanti, un certo Robert Leary jr, un azionista che possiede quote di una società senza saperlo.

Piccolo problema: il suddetto Robert è un delinquente, praticamente una carriera da assassino psicopatico. E non è il solo a cercarlo, lo vuole trovare anche Virgil, cappello a coprirgli leggermente l’occhio sinistro, baffoni da brigante, occhiali da sole, che ha un conto in sospeso con lui. Ad aiutare nell’impresa il nostro Jack Ryan l’amico Dick Speed, “un metro e ottantatre per novantacinque chili”, capelli su capelli, collanine strette e Levi’s attillati e scoloriti, in servizio presso la Criminal Investigation Division.

Tutto si complica con l’uccisione di Robert e l’entrata in gioco della moglie alcolizzata Denise, meglio conosciuta come Lee, depositaria delle azioni, presa di mira da Perez che vuole fregarla. La richiesta di aiuto a Jack (problema dell’alcolismo vissuto anche dall’autore) e il racconto prende il volo, una simpatia, un’amicizia, un amore che nasce.

Leonard è il Narratore, il  Creatore di personaggi fusi con l’ambiente stesso da cui sembrano quasi venir fuori all’improvviso. Se ne inquadra uno, il principale in quel momento, nello stesso tempo eccone altri come venuti su dal nulla: il vecchio ubriaco che vomita, l’elegantone con l’aria da atleta professionista, le facce scialbe e grigiastre, il custode di un palazzo dall’aria “di uno che non sorride più da chissà quanto”, il barista spilorcio che versa con il lumicino e non sta neanche a sentirti, perfino i morti dell’obitorio fra cui lo Sconosciuto N.89.

La storia si sviluppa, si complica, si gonfia quasi per partenogenesi, uno scorrere naturale degli avvenimenti con Ryan al centro della vicenda insieme a Lee, ai suoi dubbi e ai suoi tormenti. Una vita da balordo che può essere riscattata dedicandosi, finalmente, ad una “persona”, a qualcuno che ama e che può salvare. Con l’astuzia, la forza, i nervi d’acciaio, schivando i pericoli che incombono su entrambi.

Una storia di perdizione e redenzione sviscerata soprattutto dall’interno senza tante smancerie e trucchetti strappalacrime o subdole scenette di sesso esplicito, magari un po’ scontata in certi frangenti che ricorrono in storie similari, ma che può benissimo brillare tra i migliori classici del genere.