Pino Aprile, giornalista e scrittore, pugliese di nascita è stato alla guida di importanti settimanali. Il suo piglio giornalistico, la sua estrema noncuranza per i tabù, e il suo anticonformismo hanno permesso che sviscerasse quelli che sono le ignominie degli italiani nei confronti di altri italiani. Il suo saggio Terroni edito da Piemme, ci regala un excursus frontale sulla questione meridionale. Il suo sembra essere un dibattito agguerrito, spudorato nei confronti della realtà quanto inespresso da coloro che avevano voce per raccontarlo. Parliamo spesso di crimine e di come esso faccia in qualche modo parte della quotidianità umana, quella disgregata, distratta, reietta e violentata. Ci sono però crimini studiati a tavolino, un gioco di pedine portato avanti con strategie e sotterfugi. Allora forse non si può parlare più di crimine ma di premeditazione. La pedina bianca che mangia la pedina nera, come in una partita a dama, in questo caso il colore non centra, centra solo la “centralità” della questione. Alla fine dei fatti chi mangia le pedine non è il più astuto, il più intelligente, è solo colui che ha avuto più possibilità di azione, chi ha avuto proseliti nei ranghi più alti dello Stato. Ci dovremmo sentire figli di criminali? I nostri predecessori hanno sacrificato una parte del nostro paese come dono agli dei? Oppure hanno solo ingrassato le loro pance e versato sangue nel nome di un ideale inesistente? Povero Sud che ha fatto tanto e che ha avuto così poco, poveri quei contadini che si sono visti strappare le terre, le case, le vite. Parlare di crimine in questa rubrica ci conduce verso un argomento consono alle modalità di misfatto, introducendo un’argomentazione per troppo tempo occultata, scopriamo attraverso le parole di questo giornalista, un’indagine storica pertinente e più che accurata, raccogliamo tutti gli indizi in nostro possesso e  tiriamo ognuno le proprie somme.

Qual è il motivo che l’ha spinta a scrivere una denuncia italiana nei confronti degli italiani?

Non mi quadravano i conti: ci avevano detto che il Sud era arretrato, povero, oppresso; qualcuno è venuto a portargli la modernità, la ricchezza (sapete la Cassa del Mezzogiorno e le altre elargizioni…) e la libertà. Ma i meridionali l’hanno accolto sparando, opponendosi a decine di migliaia, sino a farsi sterminare. E dopo aver perso con le armi, avrebbero preferito andarsene piuttosto che godersi il dono immeritato, sono emigrati in 20 milioni in un secolo, per la prima volta nella loro storia. Forse le cose non stavano come ci hanno raccontato.

Qual è l’ordinaria follia degli italiani? (ossia quello che ci viene passato come “ordinario” quando invece non lo è)

L’ordinaria follia degli italiani è la continua negazione di verità sulla loro storia: dal Risorgimento a Portella delle Ginestre (NDR località montana di Palermo dove avvenne la prima strage repubblicana), alla strategia della tensione (NDR teoria che accomuna in un unico disegno politico l'insieme delle stragi e attentati a partire dagli anni sessanta),  agli anni di piombo e al sequestro Moro… Come se fossimo un popolo bambino, ritenuto immaturo e incapace di gestire la sua storia al quale bisogna raccontare delle favole.

Perché nei meridionali vi è la condizione di accettata inferiorità rispetto al nord?

Sono i vinti. Hanno perso con le armi e con la politica, hanno visto distruggere la propria economia e le proprie regole, lacerare le proprie comunità. Hanno visto lo stato lesinare a Sud quello ordinariamente dato al Nord. Alla fine si sono convinti che la differenza non è nelle scelte né nelle circostanze che li penalizzano, ma in se stessi.

Gramsci diceva che l’incremento del nord era in rapporto diretto con l’impoverimento meridionale, è d’accordo?

Non lo diceva solo Gramsci, ma anche Salvemini, Nitti e tanti altri che analizzarono i conti. Sino al Consiglio Nazionale delle Ricerche (NDR l’ente pubblico nazionale con il compito di svolgere, promuovere, diffondere e valorizzare attività di ricerca nei principali settori per lo sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale d’Italia), che poco più di due anni fa ha dimostrato come, al momento dell’Unità d’Italia, il Sud non era più povero del Nord; e che ci sono voluti 80 anni di legislazione a danno del Sud per concentrare tutta la povertà del Paese nel Mezzogiorno.

Il nostro è il paese europeo che spende meno per la fascia più disagiata della popolazione, e non prevede salario sociale per i senza lavoro, non è solo questione meridionale…

Sì, ma la gran parte dei disoccupati è al Sud; mentre siamo il Paese che prevede la miglior assistenza (come la cassa integrazione) per chi, avendo un lavoro, specie se in grandi aziende, lo perde. E questo accade soprattutto al Nord.

Le poniamo la stessa domanda che si pone nel libro… se la Salerno Reggio Calabria fosse stata costruita insieme a quelle del resto d’Italia?

Le merci del Sud avrebbero potuto raggiungere i mercati del Nord e dell’Europa più facilmente, quindi a prezzo più basso; i turisti del Nord avrebbero potuto raggiungere il Sud senza sacrificare due giorni di ferie per il viaggio.

E’ più importante conoscere chi agisce o in quale contesto l’azione ha luogo?

È stato autorevolmente detto: Un uomo è quel che le circostanze gli consentono di essere. Se le circostanze sono peggiori al Sud, la resa dei meridionali è più bassa (dall’economia, alla scuola, al tessuto sociale); quando quegli stessi meridionali operano in circostanze migliori, al Nord o addirittura all’estero, attingono livelli di eccellenza in percentuali persino maggiori rispetto a quelle dei padroni di casa. E a meno che non li abbiano, nel frattempo, modificati geneticamente…

Secondo lei l’emigrazione ha contribuito alla lacerazione del tessuto sociale del luogo dal quale è partito?

È una certezza, codificata in una formula: Ogni perdita di paternità è perdita di civiltà. I meridionali, dall’Unità a oggi, hanno perso la prima generazione di padri per la guerra di annessione e altre tre, in un secolo, per emigrazione.

Che cosa ha favorito il divario maggiore fra le due Italie?

L’incomprensione. Salvatore Scarpino ha scritto che gli italiani del Nord e del Sud si incontrarono guardandosi attraverso il mirino di un fucile.

La storia dell’Italia meridionale è cambiata rispetto a ieri?

No. Gli insulti, il razzismo e l’avidità dei leghisti, e non solo, si ritrovano, più o meno identici mentre si compiva l’Unità e dopo, persino con la teorizzazione pseudoscientifica della minorità meridionale.

Anche nel saggio “Terroni” in un certo senso si arriva a parlare di crimine… cosa ne pensa?

Il crimine non fu l’Unità d’Italia, che era ed è irrinunciabile (se la Lega non riuscirà a espellere il Sud o a indurlo ad andarsene); il crimine fu il modo in cui si compì: le stragi, il saccheggio, i campi di concentramento in cui i meridionali morivano come mosche e venivano squagliati nella calce viva…

Le vicende che racconta in “Terroni” ci insegnano che i crimini esistono fin dalla storia più antica del nostro paese e spesso sono anche stati legittimati… perché ciò avviene?

Perché si dimentica, il vincitore per cancellare la colpa; il vinto, per cancellare il dolore e poter ricominciare a vivere.