L’omicidio è l’atto più efferato che si possa compiere all’interno di una società che si dice civilizzata, eppure ci sono individui che plasmano la loro vita intorno al crimine senza considerare il male che causano al prossimo, senza provare empatia per i loro stessi simili. Thomas Hobbes, filosofo, riteneva l'uomo malvagio di natura, ciò che lo caratterizza secondo il britannico è il fatto stesso di esistere nel mondo. Il comportamento di De Pedis, leader della banda della Magliana, la più potente della Roma anni ’70,  sembra incastrarsi perfettamente all’interno del concetto di modus tollens, (regola di inferenza della logica proposizionale che vede l'atto di trarre una conclusione basandosi sulla forma delle premesse) ecco che per rifarsi alla teoria di Hobbes allora, se l’uomo di natura è malvagio, compierà delle violenze, non ci sarebbero violenze se la sua natura fosse diversa, eppure la maggioranza degli uomini è buona e altruista, classificare taluni individui  resta pertanto un compito arduo. Il boss della banda della Magliana (editrice Newton & Compton) scritto da Raffaella Notariale, giornalista che per molto tempo si è addentrata nelle vicenda della gang dei Testaccini,  ci racconta un Enrico De Pedis spavaldo, un uomo senza sprezzo del pericolo e a capo della banda più famosa d’Italia per efferatezza. L’autrice arriva a scriverne un libro a dir poco scomodo che fa luce sugli ingranaggi sporchi di un sistema contaminato dalla mafia, che ha saputo raggirare e ‘sporcare’ l’ambiente capitolino per anni. Raffaella ha trovato i documenti inediti e le fotografie inedite della tomba di ‘Renatino’ situata nella cripta della Basilica Vaticana di Sant'Apollinare, facendo balzare alla cronaca la vicenda, non solo di un criminale sopra le righe, ma di un uomo di potere alla ‘corte’ della Chiesa. Qual è stato il favore che De Pedis fece al Vicariato di Roma? Perché soltanto un favore poteva permettere al criminale per eccellenza, di essere seppellito in una Basilica Vaticana. Raffaella ci presenta una docu-inchiesta indiscutibile, che mai prima d’ora era riuscita a evidenziare fatti e persone implicate anche nella scomparsa di Emanuela Orlandi avvenuta nell’83, cittadina vaticana usata forse come pedina all’interno di un gioco di potere, e di cui è stata cancellata ogni traccia. Un giornalismo investigativo esplosivo che ci racconta di crimine e criminalità, di potere al di sopra della legge e dell’uomo stesso. 

Dopo la pubblicazione di "Segreto Criminale", torni con un nuovo libro-inchiesta sulla Banda della Magliana. Cosa porta alla luce questo lavoro?

In questo nuovo libro tento un ritratto di Enrico De Pedis negli ultimi anni della sua breve vita. Chi è stato veramente quest'uomo? De Pedis è stato definito un ‘benefattore’ da alti prelati, i suoi familiari lo definiscono un incensurato, per i collaboratori di giustizia e i magistrati che si sono occupati della holding criminale capitolina è stato un boss. In particolare, viene descritto come il capo della batteria dei Testaccini, la frangia più pericolosa e potente dell’organizzazione.  Nel libro ‘Il boss della Banda della Magliana’ è racchiuso lo scibile su questo personaggio tuttora misterioso. E, cosa non trascurabile, e’ narrato il curriculum criminale di De Pedis, stando alle carte della polizia giudiziaria. Un excursus inedito, sia chiaro: gli anni in carcere, le date e il contenuto delle denunce, le grane con la polizia, la latitanza, gli arresti, il confinamento, le diffide, sono tutti fatti assolutamente esclusivi. Ne emerge la figura di un uomo che entrava e usciva dalla cella, che ha avuto problemi con la giustizia fin dalla minore età e che e’ stato accusato e segnalato per i reati più disparati.

Il 24 aprile 2012 si è decisa l’apertura della tomba di De Pedis, perché poi l’informazione dei media è cessata, a parte il web?

Credo che la motivazione sia l’assenza di notizie, oltre che di indagini giornalistiche mirate. Si è ancora in attesa delle risposte che daranno gli esami disposti sulle ossa rinvenute accanto e sotto il sarcofago di Enrico De Pedis. Il mio punto di vista è che, purtroppo, non emergerà nulla di concreto da questi esami.

Don Vergari è indagato per concorso in sequestro di persona, che ruolo aveva nella vicenda?

Stanno cercando di appurarlo gli inquirenti. L’accusa è, appunto, concorso in sequestro, un’accusa complicata da dimostrare. Sono passati troppi anni dalla sparizione della piccola Emanuela Orlandi e, in assenza di una prova certa della sua uccisione, come il ritrovamento dei suoi resti, per esempio, anche le sofisticate tecnologie adoperate dagli esperti sono inutilizzabili. In seguito alla sua iscrizione nel registro degli indagati, il presule è stato visto in Vaticano: nella farmacia, al banco dello spaccio annonario, allo sportello dello Ior (ndr Istituto per le Opere religiose – banca centrale del Vaticano) dove faceva operazioni, e negli uffici dell'archivio segreto della Santa Sede, ai quali ha accesso grazie a uno speciale tesserino. La sua presenza costante ha suscitato stupore tra i residenti e molti interrogativi sull’opportunità di trasferirlo lontano dal Vaticano. La notizia finisce sui maggiori quotidiani italiani e produce un’interrogazione parlamentare. Lascia basiti il raffronto tra quest’accoglienza e il caso di Paolo Gabriele, l'uomo accusato di aver diffuso le carte segrete del papa. Per il cosiddetto “corvo”, in Vaticano hanno organizzato un processo in tempi record mentre per don Vergari, pur essendo accusato di un delitto terribile dalla magistratura italiana, viene accolto a braccia aperte cosi, tout court…

Facciamo un passo indietro, perché nessuno si è mai opposto alla tumulazione  di De Pedis in Sant’Apollinare?

Perchè a tutti quelli coinvolti faceva comodo. Sono stati poi i poliziotti e i cittadini a ribellarsi, religiosi e non. I rapporti di De Pedis con alti prelati sono acclarati, ma chissà quali favori sono intercorsi tra le due parti. Come ho scritto nel libro le motivazioni fornite sulla tumulazione sembrano scuse e spesso cozzano tra loro. Non si capisce chi ha voluto la cosa e perché. Sapete cos’hanno detto nel tempo la vedova e don Piero Vergari per spiegare qual è stata la motivazione di quella incredibile sepoltura in terra consacrata? Enrico De Pedis era un grande benefattore. La vedova era legata alla basilica fin da ragazza per motivi affettivi personali. Oppure, la basilica era piaciuta a ‘Renatino’ fin dal giorno del matrimonio, al punto che poi aveva fatto assidui, costanti e consistenti oboli. De Pedis era amico di monsignor Piero Vergari che aveva conosciuto quando il prete era cappellano della Casa Circondariale di Regina Coeli. L’idea venne a Renatino un anno prima della morte, quando don Vergari gli raccontò che nei sotterranei della basilica c’erano otto camere mortuarie vuote da 200 anni. L’idea fu della vedova, non di Enrico. E ancora… la vedova sapeva che gli sarebbe piaciuto stare lì, visto che lì si erano sposati, per poi aggiungere che era  surreale pensare che fosse stato lui, nel pieno della giovinezza, a pensare già alla morte e chiedere di essere seppellito lì e che erano tutte fesserie da film, dimenticando che questa versione la riferì lei stessa quando la DIA le perquisì casa nel 1995.

Secondo te la Minardi ti ha raccontato la verità su Emanuela Orlandi?

Sabrina Minardi è una donna molto provata dagli eccessi e dalla malattia. Peccato non averla ascoltata prima.

Quando dico prima penso al 1984, quando gli investigatori della Squadra Mobile di Roma la seguirono per acciuffare Enrico De Pedis, all’epoca latitante. Li trovarono in via Vittorini, all’Eur, in un appartamento intestato a Giuseppe De Tomasi, detto Sergione. Quello stesso De Tomasi che, secondo una perizia disposta dalla Procura di Roma nell’ambito delle indagini sulla sparizione di Emanuela Orlandi, sarebbe la stessa persona che ha telefonato a casa della ragazzina, nell’imminenza del sequestro, spacciandosi per il fantomatico Mario. Il supposto Mario cercò di tranquillizzare la famiglia, facendo credere che Emanuela si era allontanata volontariamente e sarebbe presto tornata a casa. Sempre secondo una perizia della Procura, il figlio di Sergione avrebbe lasciato un messaggio nella segreteria telefonica della redazione del programma ‘Chi l’ha visto?’. Nel messaggio, lasciato nel 2005, diceva che per capire che fine aveva fatto Emanuela, bisognava andare a vedere chi era sepolto nella basilica di Sant’Apollinare e scoprire il favore che Renatino aveva fatto al cardinale Ugo Poletti… Tornando alla Minardi, pur se tra mille difficoltà, avendo frequentato Enrico De Pedis, credo che non possa che sapere molte cose.

Allora perché non interrogarla?

Proprio perchè l’ho conosciuta e ne ho verificato i limiti, sarebbe impossibile imbastire un processo esclusivamente sulle sue dichiarazioni. E’ troppo fragile, qualsiasi avvocato la farebbe a pezzi. In assenza di una svolta clamorosa, temo che sarà fin troppo semplice bollarla come test debole e chiudere l’inchiesta.

Durante la riesumazione del corpo di De Pedis sono state rinvenute altre ossa, i suoi legali sostengono siano ossa di un vecchio ossario, cosa ne pensi?

Le fotografie del sarcofago e i documenti che attestavano la sepoltura di Renatino in terra consacrata, sono un’esclusiva che ho firmato io nel 2005. So per certo che lì, in quella cripta, c’era effettivamente un ossario.

Il tuo libro inchiesta è stato preso in considerazione a favore dell’indagine, hanno acquisito nuove prove?

Sono stata anche ascoltata come persona informata sui fatti. Il contributo che ho apportato e’ relativo ai documenti inediti mostrati a Rai Tre e alla conoscenza della Minardi.

Come sei riuscita a conquistare la su fiducia?

Molta pazienza, un po’ di intuito, estrema sincerità… Mi ha detto poi di essere stata colpita dal fatto che mi sono presentata a casa sua senza appuntamento, da sola, senza microfoni nascosti, inerme.

Perché su tanti casi di scomparsa, quello cui viene prestata maggiore attenzione è proprio quello della Orlandi?

Perchè è paradigmatico. C’e’ una sparizione, il dolore della famiglia, i depistaggi, il giallo internazionale, l’omertà di certa Curia, la connivenza dei Servizi, la malavita. E’ un caso complesso e sinceramente non so se se ne verrà mai a capo, considerato che il Vaticano non può non sapere che cosa sia realmente accaduto a questa ragazzina.

Hai conosciuto la famiglia Orlandi? Che idea ti sei fatta?

Sono delle persone per bene, hanno subito troppi torti e meritano giustizia. Nel mio piccolo, sarò sempre al loro fianco.

Perché De Pedis avrebbe dovuto avercela con Emanuela, solo perché cittadina vaticana?

Non credo che a De Pedis importasse qualcosa di Emanuela Orlandi. Sicuramente non aveva nulla contro di lei. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti, da quanto si è saputo de relato  (nrd "riporto cose riportate”) è che Emanuela sia stata usata da alcuni prelati per ricattare il Papa, in particolare. I soldi investiti dalla mafia nello Ior attraverso il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, quei soldi poi finiti a tonnellate anche nelle tasche del sindacato polacco Solidarnosc, tanto caro a Giovanni Paolo II, non tornavano indietro. Come riaverli? De Pedis conosceva alti prelati e, stando alla dichiarazioni dei pentiti e alle ricostruzioni degli inquirenti, conosceva politici e mafiosi. Un ‘mediatore’ perfetto.

Dopo aver scontato 15 anni di carcere per aver dato appuntamento a De Pedis, Angelotti uscito di carcere un paio d’anni fa, è stato ucciso, pensi ci possa essere qualche legame con il passato?

Non credo che la sua ‘militanza’ nella gang sia collegata in alcun modo alla sua morte avvenuta nel corso dell’agguato da lui teso a due fratelli gioiellieri.

Quanto conta il giornalismo investigativo oggi?

Tantissimo, come sempre. Magari ce ne fosse di più. Il giornalismo di inchiesta è espressione più alta e nobile dell’attività di informazione, in quanto faticosamente insegue notizie senza mediazione di fonti e la ricezione passiva di informazioni. Il giornalismo di inchiesta è espressione del diritto insopprimibile e fondamentale della libertà di informazione e di critica sancito dall’articolo 21 della Costituzione, secondo cui ‘tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione’.

Perché non si parla altrettanto del caso di Mirella Gregori?

Perchè la povera Mirella non era cittadina vaticana. Mi spiace, non è cinismo, ma non sono ipocrita: credo che questa sia una delle ragioni principali. Del resto ogni anno scompaiono migliaia di persone e non tutte le storie hanno la stessa eco che ha avuto l’affaire Orlandi.

Crimine e mafia si conciliano sempre?

No, esistono i criminali estemporanei per esempio.

Il libro si conclude con un ‘To be continued’... Cosa dobbiamo aspettarci?

Quel che mi auguro, e che auguro alla famiglia Orlandi, è che si possa sapere esattamente che cosa sia accaduto alla piccola Emanuela. Il suo caso grida giustizia da troppi anni. Purtroppo, però non credo che la verità sia prossima. In assenza di riscontri obiettivi, come per esempio il rinvenimento di eventuali resti, le chiamate in correità (nrd compartecipazione nella preparazione e nell'esecuzione di un delitto), rischiano di perdersi in altri faldoni sterili. Temo che i risultati degli esami sulle ossa rinvenute sotto e accanto al sarcofago di De Pedis a Sant’Apollinare non porteranno grandi risposte.

Si andrebbe dunque verso la chiusura delle indagini?

Sarebbe un peccato, considerati i risultati ottenuti da quest’inchiesta a trent’anni dai fatti. Staremo a vedere.