Un film che non ha certo sbancato i botteghini alla sua uscita, ma di sicuro la diciottesima uscita de “Bruce Lee e il grande cinema delle arti marziali”, firmato Gazzetta dello Sport e Stefano Di Marino, presenta una pellicola che ha partecipato a scrivere la storia del gongfupian, del cinema che mostra combattimenti marziali a mani nude: stiamo parlando di “Mad Monkey Kung Fu” (Feng hou, 1979). Un avvertimento iniziale per chi consulta l’IMDb (Internet Movie Database): a questo film è stato erroneamente attribuito il titolo italiano “Bruce Lee: il colpo che frantuma”, che invece indica un film coevo di Lo Mar: “Monkey Kung Fu” (Chu long ma liu).

Tuan (Lo Lieh) è un ricco signore che ama assistere alle esibizioni di Chan (Liu Chia-liang) e sua sorella, ma più che alle storie narrate è interessato al kung fu che viene mostrato. Una sera Tuan invita Chan ad una festa in suo onore, durante la quale lo mette alla prova nelle arti marziali. Nel frattempo però lo fa bere fino a fargli perdere il controllo e a mettere in scena un’inesistente relazione con la propria moglie: Tuan minaccia di uccidere Chan, ma la di lui sorella (Kara Hui) si offre come schiava in cambio della sua vita. Il signore è soddisfatto, ma prima fa rompere le mani a Chan per evitare future vendette.

Così l’uomo è costretto a mendicare in piccoli spettacoli con un scimmietta, dovendo difendersi da alcuni teppistelli locali. Durante questi

Liu Chia-liang, attore e regista
Liu Chia-liang, attore e regista
anni miserabili incontra Piccola Scimmia (Hsiao Hou), un ladruncolo in cerca di un maestro: egli, per ingraziarsi Chan, gli mostra la propria bravura nelle movenze del kung fu della scimmia. Alla fine il maestro dalle mani storpie allenerà il giovane fino a renderlo in grado di affrontare sia i teppistelli locali che i loro capo: quel Tuan che anni prima ha storpiato Chan.

 

Reduce dal successo di “36ª camera dello Shaolin” (1978), il regista attore e coreografo Liu Chia-liang (fra i più illustri che il cinema marziale di Hong Kong abbia mai vantato) sta cercando nuovi spunti marziali da presentare al pubblico. Dopo la timida accoglienza di “Dirty Ho”, presenta questo “Mad Monkey Kung Fu” che subisce molto una trama raffazzonata e claudicante, che sembra più interessata a fondere insieme tematiche di altri film di maggior successo che a creare una vera storia a sé stante. Visto il recente successo del “Drunken Master” di Yuen Woo-ping, Liu vuole provare a ripercorrere le tematiche da gongfu comedy: non ci sentiamo di dire che l’operazione sia riuscita, ma lo stesso verranno gettati molti semi per future produzioni. Ricordiamo che meno di un anno dopo il film “Il ventaglio bianco”, primo grande successo di Jackie Chan

nella doppia veste di attore e regista, riprende in modo molto simile alcuni combattimenti del film di Liu, compreso quello con il ventaglio bianco che dà il titolo italiano alla pellicola (anche se in “Mad Monkey Kung Fu” questo è solo brevemente accennato).

Malgrado la doppia veste di regista ed attore, Liu Chia-liang si ritaglia un personaggio tragico ma inconsistente, in quanto vero protagonista della storia è Piccola Scimmia, interpretato da un Hsiao Hou in splendida forma. L’attore non ha avuto una lunga carriera cinematografica come molti suoi colleghi: per citare i titoli apparsi in Italia, ha partecipato come comparsa alla trilogia della 36ª camera dello Shaolin così come, sempre come comparsa, ha partecipato a “La prima missione” (1985) di e con Jackie Chan.

Ad esclusione dell’inizio e della fine, con combattimenti di tutto il cast al completo, quasi l’intera pellicola è occupata dalle vicende di Piccola Scimmia, della sua educazione marziale e del suo riscatto-vendetta. Al di là comunque della storia che, lo ripetiamo, non convince ed ha più di un difetto, il film rimane una pietra miliare per gli appassionati delle arti marziali: la qualità delle coreografie e degli atleti è a livelli altissimi, così

Lo Lieh
Lo Lieh
come le acrobazie e le trovate stilistiche.

Da segnalare infine il combattimento fra Liu Chia-liang e Lo Lieh: è un vero manifesto delle due facce del cinema marziale. Liu rappresenta la vera bravura marziale e la grande professionalità tecnica, mentre Lo Lieh rappresenta la presenza scenica, il carisma dell’attore che in realtà di arti marziali ne sa poco: uno è l’essenza e l’altro è l’apparenza, e quando si fondono insieme si raggiungono risultati altissimi.