Sospetto che oggi Il mistero delle tre orchidee non desti scalpore: è da qualche tempo che il giallo è arrivato alla serie "A", avendo acquisito autorevolezza letteraria e potendo vantare un "pedigree" di tutto rispetto.

La lista delle penne celebri che si sono cimentate nel genere è lunga. Ancora nella prima metà del secolo scorso questo genere era il tipico libro d'evasione senza troppe pretese, di scarso gusto, ricco di fantasticherie addirittura corruttrici. Ma se la serie "A" è una conquista recente, la dobbiamo anche a Il mistero delle tre orchidee e al suo autore, che ha anticipato i tempi.

Augusto De Angelis lo ha fatto, e in epoca non sospetta. Lo ha realizzato creando il commissario De Vincenzi in piena età fascista.

Nato a Roma nel 1888 e morto in circostanze drammatiche a Bellagio nel 1944, De Angelis è tra gli iniziatori del romanzo poliziesco in Italia.

Merito della Sellerio averlo rivalutato: un'ottima scelta e, al tempo stesso, un atto doveroso nei confronti di quest'autore prematuramente scomparso.

Il mistero delle tre orchidee venne scritto e pubblicato per la prima volta nel 1942, quando la cultura fascista non guardava di buon occhio il genere del giallo, corruttore dell'immaginario collettivo nazionale: se proprio si voleva scrivere un giallo agli italiani bisognava dare unicamente ruoli di buoni e agli stranieri quelli di cattivi.

Per introdurci nel Mistero delle tre orchidee non c'è nulla di meglio delle parole dello storico Loris Rambelli: "Il commissario De Vincenzi ha scelto di fare il poliziotto per potere avvicinare quei congegni delicati e sottili che sono il cuore e il cervello degli uomini dove sono racchiusi

i segreti dell'esistenza". Rigoroso ragionatore, umanista, amante di poesia, De Vincenzi sa calarsi benissimo nelle psicologie dei suoi interlocutori ed è abilissimo nel recuperare il bandolo della matassa e risolvere il caso. Anche questa volta è la Milano raffinata degli anni Trenta a fare da sfondo al noir.

Il romanzo possiede un linguaggio asciutto, sobrio che nulla toglie alla suspense.

"De Vincenzi vide il cadavere, vide Cristiana e vide l'orchidea", già questo basterebbe per inquadrare il personaggio nato dalla penna di De Angelis. In questo, come negli altri romanzi gialli dell'autore, i personaggi sono strappati dalla vita ordinaria. Inoltre la trama del romanzo si complica in modo strabiliante, divenendo ingranaggio che funziona in maniera autonoma.

Questa è una consegna ineluttabile. In questo romanzo si rinvengono tutti i caratteri e i moventi pur lontanissimi, ma legati tra loro attraverso fili invisibili.

Il burattinaio che mantiene l'ingranaggio è, manco a dirlo, il commissario.

Rigoroso ragionatore quanto soave umanista, cultore della poesia quanto abile nell'immedesimarsi nella psicologia umana.

Tre cadaveri sono ritrovati, in sequenza abbastanza rapida, nella Casa di Mode di Cristiana O'Brian, donna dal potente fascino. Accanto ai corpi è lasciata un'orchidea. La proprietaria, come si scoprirà presto, cela un oscuro passato.

Agli occhi investigatori del commissario si palesa una varia umanità con i suoi colpi di scena. Accanto a donne enigmatiche, gangster americani, modelle e dongiovanni, ricatti e cambi d'identità.

Le indagini non conoscono confini ed il lettore rimbalza oltreoceano.

Non vogliamo inoltrarci nella trama, ma lasciamo un consiglio: leggere Il mistero delle tre orchidee con il rispetto che si deve ad un antenato, cercarne origini, intravederne somiglianze.

E carpirne le differenze rispetto a chi ne ha preso l'eredità.