La principessa di ghiaccio di Camilla Läckberg, Marsilio 2010.

Elbert Berg vuole rifarsi una vita felice alla faccia di quella befana che ha in casa. Ergo svolge dei lavoretti per mettere da parte i soldi e filarsene via. Come quello per la signora Alexandra. Scontato che la trova morta nella vasca da bagno, i polsi tagliati con la lametta da barba (suicidio o omicidio?)

Inizio promettente nella linea dei grandi scrittori scandinavi. Prosa soffice, delicata, viva introspezione psicologica senza eccedere, brevi spunti di quotidianità. Personaggio principale la scrittrice Erika Falk, trentacinque anni, amica di infanzia della morta anche lei con i suoi problemetti: genitori passati a miglior vita (un classico), il padre affettuoso e la madre arcigna, sorella Anna con matrimonio sbagliato, l’amicizia con l’ex fidanzato. E piano, piano, con calma viene fuori la vita e il mistero  di Alexandra, il rapporto con il bel consorte e i suoi amori segreti.

La brava e furbetta Camilla non si fa mancare niente. Arriva l’ironia e la macchietta con il commissario Mellberg, grasso pallato, dita corte e grassocce, capelli di riporto, disordinato, goloso di cioccolatini. E pomposo. Nonché maschilista, battute equivoche e pizzicotti proprio lì alla segretaria. Suo sottoposto Patrick Hendsrtröm innamorato sin da ragazzo della nostra Erika e, guarda caso, lasciato dalla moglie.

Ergo storia d’amore con finale lettonzolo (la prima così così ma la quinta una meraviglia).

Non mancano le frasette in corsivo (dell’assassino?), il pezzo di gotico al buio con la paura, l’armadio salvatutto e i passi che scivolano via silenziosi, nonché il passato che riemerge terribile nel presente (mai trovato un passato gentile e carino), il colpevole sbagliato e subito rilasciato. E, naturalmente, le solite storie di famiglie incasinate, la violenza sulle donne e sui/sulle bambini/e. Il tutto inframmezzato con tocchi leggeri di interni ed esterno, la natura, il freddo, la pioggia, la neve. Storie, dicevo, che si incastrano perfettamente fra loro e danno modo ai vari personaggi di mettersi al centro della scena, con particolare riguardo a Erika e Patrick. Forte e coraggiosa la nostra beniamina che si preoccupa della situazione matrimoniale della sorella. Sensibile e desiderosa di una vita tranquilla e serena da poter pianificare “convivenza, fidanzamento, matrimonio, figli e poi una lunga serie di giorni che si susseguono finché una mattina ci si guarda e si scopre di essere invecchiati insieme”. Consapevole del male che si nasconde sotto “una superficie che doveva essere costantemente tirata a lucido”. Un bel personaggio.

E poi dolore, pianto, slancio e gioia che si alternano con un lume di speranza che alla fine sembra accendersi.

Buona l’atmosfera di attesa per la scoperta dell’assassino e buona pure quella per vedere se il nostro Elbert ce la farà. Con tutti i mariti spallati a fare il tifo per lui.