E’ una delle più interessanti narratrici noir della nuova generazione. Si chiama Megan Abbott e in Italia ha fatto da poco il suo debutto con Morire un po’ (Edizioni BD), romanzo che ci descrive gli effetti deflagranti del torbido incontro fra i fratelli Bill e Lora e la avvenente Alice. “Un noir moderno – come lo descrive la maestra del legal thriller Lisa Scottoline - Un grande affresco della Los Angeles sexy e corrotta di Raymond Chandler. Un poderoso cocktail di gelosia, ossessione e pericolo”. E a provare che alla scrittrice statunitense Megan Abbott la stoffa non manchi è stato l’immediato apprezzamento di suoi colleghi come Brett Easton Ellis che sono rimasti letteralmente folgorati dalle sue storie. Lo stesso James Ellroy, che di solito non lesina stoccate ai suoi colleghi, così si è espresso entusiasticamente sulla nuova stella proveniente da Detroit: “La Abbott è una grande narratrice, una profonda conoscitrice del noir e un’artista appassionata. E’ arrivata alle vette più alte del genere crime, ed è già passata oltre”. Nel 2002 Megan Abbott aveva già mostrato di conoscere bene la metà oscura del territorio della letteratura che avrebbe poi esplorato mei suoi futuri romanzi pubblicando con The Street Was Mine: White Masculinity in Hard Boiled Fiction and Film Noir (Palgrave Mcmilan) un acuto saggio dedicato alla letteratura noir di Raymond Chandler, James Cain e Chester Himes e al loro rapporto con il mondo del cinema.

Nel 2008 con il romanzo Queenpin: A Novel (Simon & Schuster) è arrivata poi la consacrazione ufficiale per la Abbott grazie alla vittoria del prestigioso Edgar Award. E dire che la nostra non ha scelto certo un territorio facile per le sue incursioni letterarie visto che è entrata a far parte del mondo del noir con una serie di romanzi ambientati negli Anni Quaranta e Cinquanta a Los Angeles, seguire così le orme tracciate indelebilmente da narratori come Raymond Chandler, Stuart Kaminsy e James Ellroy.  Eccovi la chiacchierata telematica che ho avuto con lei tradotta per noi da un appassionato editore come Marco Schiavone.

Come hai scelto il triangolo di protagonisti del tuo “Morire un po”?

Per molti versi, è un classico triangolo sentimentale dai risvolti bizzarri. Sapevo di voler scrivere di un uomo retto che s’innamorava perdutamente di una donna pericolosa, e mi piaceva l’idea di descrivere una relazione tra fratelli orfani fin da bambini, che sono cresciuti da soli, diventando ciascuno il mondo dell’altro. Per cui ho finito per raccontare questa strana storia d’amore dal punto di vista della sorella devota dell’uomo.

Naturalmente lei vede in questa nuova arrivata un’intrusa, e pure pericolosa, e infine si dimostra avere avuto ragione.

E’ vero che ti sei ispirata a un vero caso di cronaca vera?

Sì. Anni fa ho letto questo articolo su Newsweek, di questo ufficiale di carriera la cui moglie era stata accusata di spacciare droga. Lui l’aveva protetta fino alla fine, mettendo a rischio la sua carriera. Lui non poteva farci niente. Sembrava proprio il classico intreccio noir. L’uomo triste e patetico con la donna fatale. Ma piuttosto che avere una donna come la cattiva di turno, che portasse il compagno a fare una brutta fine, volevo rendere lei più complessa, con una serie di motivazioni oscure e passati errori. E volevo ambientare tutto negli anni ’50, alla fine dell’era del cinema noir.

Che cosa ha fatto letteralmente innamorare James Ellroy dei tuo romanzi?

Questo è molto gentile! Ma lui è soprattutto la mia primaria ispirazione. Morire un po’ è un’ode ai suoi libri. Ho letto la Dalia Nera al liceo e i miei occhi si sono aperti alla possibilità di leggere libri che mi accompagnassero in questi mondi luccicanti, e oscuri al tempo stesso. Mi era impossibile smettere di leggerli. Lui è il mio primo amore letterario.

Perché hai una predisposizione naturale verso le storie ambientate negli anni Quaranta e Cinquanta?

Penso che sia per tutte le cose che hanno riempito la mia infanzia.

Ho speso tutti i fine settimana da bambina davanti alla tv a guardare vecchi film, di tutti i tipi: gangster, commedie, melodrammi, comici e noir. Volevo trovare scrivendo la mia strada per entrare in quel mondo, ed è quello che ancora faccio.

Ti diverti a spulciare la cicca documentazione di quel periodo?

Sì, mi piace impegnarmi personalmente nelle ricerche. Vecchi menu, riviste maschili, fotografie smarrite, cartoline e lettere. I miei preferiti sono i vecchi tabloid degli anni ’30, ’40 e ’50. Non giornali di classe come il New York Times, ma le cose lette all’epoca dall’uomo della strada, che sono molto più vicine a quella che all’epoca era la sensibilità popolare. Così ho iniziato per tutti i miei libri. Ogni pagina di quei giornali ispira mille romanzi!

E’ facile raccontare oggi la vecchia Los Amgeles?

A volte non so se la vecchia e la nuova LA sono diverse. Quando vado a Los Angeles trovo molte cose nuove, ma la vecchia LA è lì dietro, nascosta. Perché una grossa parte di città è stata costruita durante il boom di Hollywood, quando arrivi in posti famosi come Musso o Frank’s Restaurant a Hollywood, sembra di viaggiare nel tempo.

Ti aspetti quasi di vedere Raymond Chandler seduto al bancone con un gin gimlet.

Il binomio L.A., mondo del cinema e noir, sembrerebbe quasi inscindibile?

Penso ci sia qualcosa a proposito del contrasto di Los Angeles: una città soleggiata con infinite possibilità e grandi sogni, e l’oscura realtà che si cela dietro tutto questo – il posto dove un milione di persone che sperano di diventare stelle vedono distrutti i loro sogni – ed è perfetto per il genere noir. Le promesse luccicanti, e l’amara verità.

Com’è vedi la scena della narrativa contemporanea noir al femminile negli Stati Uniti?

Penso che gran parte dei thriller migliori scritti ultimamente siano scritti da donne, ma non so se i lettori o gli scrittori la pensano allo stesso modo. Penso che i libri ci assorbano, solo quello, senza riguardo per il sesso dell’autore.

Hai vinto il Mystery Writers of America Edgar Allan Poe Award nel 2008, quanto è stato importante per la tua carriera e che importanza ha un premio del genere per il vostro mercato?

Sicuramente è stato di grande aiuto.

Tutto quello che può farti notare è utilissimo. Ed essere premiata dai colleghi è stata un’esperienza indimenticabile. Inoltre, ho ricevuto una statua dipinta a mano di Edgar Allan Poe, con baffi e tutto!

Ci puoi parlare un po’ di “Queen Pin”, il tuo ultimo romanzo pubblicato negli States?

Oh, quello è il mio tentativo di decantare i pulp degli anni ’40 e ’50. Completamente ispirato dal mio amore per il classico duo criminale di mentore e allievo, con il fatto che i criminali sono donne. Una gioia da scrivere poiché ho potuto lavorare con un classico doppio intreccio da hard boiled.

Le copertine originali dei tuoi romanzi sono fenomenali, rimandano direttamente all’immaginario di certe classiche dime novels americane e a classici del cinema noir, le hai scelte tu?

Il mio editor ha trovato l’incredibilmente talentuoso Richie Fahey, che è un fan di noir e pulp, per cui era un incontro scritto nelle stelle. Ha letto i libri, poi ha fatto i servizi fotografici e quindi ha dipinto le foto così che hanno questo straordinario alone retrò. Ogni volta che vedo una sua nuova copertina, sento il mio cuore saltare un battito.

Hai spesso la possibilità di incontrati con altri tue colleghi scrittori o sei una solitaria?

Mi piace condividere.

L’esercizio di scrivere è già solitario abbastanza, e frequentare dei colleghi ti aiuta a uscire dalla tua solitudine. Ho molti amici che scrivono thriller, ma anche librai, etc. Ci lamentiamo un sacco, ma soprattutto parliamo dei libri che amiamo.

Un romanzo che vorresti avere scritto?

Il Grande Nulla di James Ellroy o Il Lungo Addio di Raymond Chandler.

Un romanzo che non avresti mai voluto leggere?

Non rimpiango nessuna lettura. Ho letto delle robacce e anche se non mi sono piaciute, a volte c’è una frase, o una scena, che mi è rimasta dentro.

Esiste per te una ricetta del noir che ogni scrittore deve rispettare per essere fedele alle aspettative dei lettori?

Tentazione, desiderio, arrendersi e pagare il prezzo. Funziona sempre!