“Storie d'amore, denaro e giochi di potere si intrecciano alle vicende di un coraggioso programma radiofonico di punta in una Spagna che condivide con l'Italia l'ottimismo degli anni '60”. Questa in breve la trama di Era nell’aria (Salani editore) di Sergio Vila-Sanjuàn, giornalista spagnolo che ci svela qui i segreti di questo suo romanzo dove viene raccontata la Barcellona “degli anni Sessanta tra humour, cronaca mondana e un residuo di malinconia”.

Com'è nata l'idea del suo romanzo?

A partire da una serie di ricordi di infanzia che mi hanno perseguitato per anni ho deciso di raccontare questa storia legata a un programma radiofonico, che esisteva veramente ed era stato diretto da mio padre, e da altre storie di natura più sentimentale. Il romanzo è ambientato nella borghesia catalana degli anni '60. L'intreccio di queste storie di vita costituisce la trama del romanzo.

Com'era la Barcellona di quel periodo?

Era una città in espansione e piena di contraddizioni. Si è trasformata molto rapidamente nella capitale industriale della Spagna con imprese come la SEAT e attraeva centinaia di migliaia di lavoratori di tutto il Paese anche se non sempre questi vivevano in condizioni appropriate. È un momento in cui Barcellona guida la nascita della società di consumo spagnola. È la capitale della pubblicità, della comunicazione, della radio, della televisione e ho cercato di ritrarre nel mio romanzo tutti questi aspetti.

Come ha scelto i suoi protagonisti?

Sono personaggi reali che ho poi trasformato per inserirli nel romanzo. Volevo un equilibrio in termini di caratteri e di origini sociali diversi.

Abbiamo un giovane giornalista idealista, un imprenditore industriale complesso vicino al potere; una donna dell'alta società che ha conosciuto momenti migliori; un operaio che cerca i suoi famigliari. Sono quattro punti cardinali che uso per mostrare un affresco della Barcellona degli anni '60, che è oltretutto un simbolo della grande trasformazione della Spagna in quel momento.

Ma poteva esserci davvero una sorta di dolce vita sotto il regime?

C'è stata senz'altro anche se limitata ad alcuni settori della società, quelli che erano più ricchi. Si tratta di un fenomeno molto più presente a Barcellona che a Madrid Però c'erano due diversi generi di dolce vita: uno della destra al potere e uno della sinistra radical chic che era in opposizione a quello raccontata nel romanzo.

Quali erano i movimenti culturali che subivano la maggiore censura in quel periodo?

A Barcellona tutto ciò che era legato al partito comunista e all'irredentismo catalano, ma incombevano su tutta l'industria culturale, sul mondo editoriale, sulla stampa, sulla televisione e sulla radio.

Quanto è importante avere scelto come voce narrante che risvegliava le coscienze proprio una trasmissione radiofonica?

Si tratta di un elemento simbolico molto forte perché mette in contatto la tragedia della guerra civile spagnola con la società consumistica che nasce venti anni dopo la guerra civile e che apre la porta alla speranza per una società demoralizzata. Il braccio di ferro del programma radiofonico con l'establishment del potere pone in evidenza i limiti della libertà di espressione che è un problema classico del giornalismo di tutti i tempi.

Quanto la ricerca di persone scomparse durante la Guerra Civile è stato un dramma vissuto dal suo paese?

Si tratta di un tema circoscritto a quegli anni e al momento della morte di Franco (1975) era chiuso.

Un altro problema è quello delle molte persone morte nella guerra civile di cui non si conosce il luogo di sepoltura. Questa è una ferita non rimarginata e una questione aperta nella memoria del paese.

In quel periodo il noir era malvisto dal regime e ostracizzato, perché?

In realtà in quegli anni il genere giallo aveva un grande successo, ma si leggeva molto la letteratura straniera come Agatha Cristie, Ellery Queen e Simenon. Scerbanenco ebbe un enorme successo e venne ristampato diverse volte negli anni '60. Il thriller spagnolo veniva sottoposto alla censura per via della trama.

Ci sono molti romanzi che ci raccontano oggi la Spagna di Franco, trova che tutti ne diano la stessa visione oppure no?

Per me i punti di vista sugli anni del Franchismo sono molto diversi dallo sguardo critico e consumistico. Le visioni diverse del periodo franchista che possiamo leggere in questo momento ci danno versioni molto varie e complementari tra loro.

Qual è la dose di fantasia che ha applicato nel suo romanzo?

Il 60% sono personaggi reali e documentazione d'epoca; il 40% di rielaborazione narrativa.

Che letteratura spagnola ama leggere e come pensa che il suo paese cercato nel tempo di diversificare il suo tessuto romanzesco, oggi leggiamo romanzi storici, romanzi politici, thriller, fantascientifici, fantastici, persino romanzi horror e rosa spagnoli e mi sembra che ci sia in atto una vera e propria rinascita della letteratura di genere a 360 gradi nel suo paese?

Sì, confermo questa impressione. Io, come responsabile del supplemento letterario del La Vanguardia e per piacere personale, leggo vari generi letterari e sono al corrente di ciò che si pubblica. Il mio genere preferito è il poliziesco. Ho fondato La Settimana Noir di Barcellona che è giunta oggi alla decima edizione e che ha premiato autori del calibro di Henning Mankell, Michale Connelly, Camilleri e Francisco Gonzalez Ledesma. Questo Festival si è trasformato negli anni in uno degli appuntamenti di riferimento in Spagna e uno dei più importanti in Europa. Sono molto orgoglioso di aver suggerito questa idea al Comune di Barcellona e di averlo diretto il primo anno. I miei due romanzi non sono gialli, ma amo usare in essi l'elemento del thriller; essi contengono sempre un enigma che viene presentato e poi risolto, spesso legato a crimini o fatti di sangue.