Centotrenta chili di grande spessore…

Al di là del giudizio globale sul libro voglio premettere che merita di essere letto non fosse altro che per l'inizio con il nostro eroe Gideon Fell che troneggia, ansima, ridacchia, la faccia rubiconda, i baffi da bandito, gli occhiali ficcati di traverso, il doppio mento, il sigaro acceso in una mano e un enorme bicchiere nell'altra. E poi sbuffa e aspira dal naso "con un rumore sordo simile a quello prodotto dal vento attraverso una caverna. Centotrenta chili di grande spessore in tutti i sensi…

Qualche spunto sulla storia: la morte drammatica di Adam Cayley in teatro durante la rappresentazione di Romeo e Giulietta quaranta anni prima e ora si ripresenta la solita scena al noto Mask Theatre. Un'atmosfera di paura e di odio intorno alla vedova Margery Vane che ha ereditato il teatro, un giovane attore mandato via dalla stessa subito dopo la morte del marito Adam, alcuni ospiti alle prove, una balestra malandata che scompare, un furto di una collana e di un braccialetto, l'assassinio che arriva a circa un terzo del libro proprio con una freccia della balestra scomparsa, un vagabondo che "infesta" il teatro e che pare abbia visto l'omicida con una maschera, una storia sentimentale finita bene. E tanto basta.

A indagare lo storico Philip Knox e il tenente di polizia Carlo Spinelli (che sta per diventarci pazzo), ma il vero deus ex machina si rivela ancora una volta l'elefantesco Gideon Fell (se ne resta un po' in sordina).

Gideon Fell: Panico a teatro è il solito romanzo ben complicato di John Dickson Carr con una soluzione esasperata che ricorda in qualche modo quella di  Murder in Mesopotamia (Non c'è più scampo) della nostra Agatha Christie.