Nicoletta Vallorani, docente di cultura inglese presso l’Università degli Studi di Milano, traduttrice, scrittrice (ha pubblicato con diversi editori tra cui Granata Press, Marcos y Marcos e Perdisa) ha curato in veste di studiosa questo volume composto da diversi saggi e tre interessanti interviste (una a Elio De Capitani, una a Nancy Schiesari e una a Iain Sinclair). Diviso in due parti, “Evidenze” e “Sparizioni”, il libro intitolato Dissolvenze analizza le diverse rappresentazioni del corpo dal Novecento ad oggi. Se, come attesta la Vallorani «l’originaria concretezza del nostro vivere fisico è elusiva, non rappresentabile in modo univoco», la tesi di fondo è che la sua rappresentazione sia in tensione tra due tendenze divergenti. Da un lato, un corpo manipolato e rimodellato in onore alla spettacolarizzazione e all’estetica come canone privilegiato di affermazione che una certa politica –anche odierna– promuove, dall’altro l’annullamento del corpo, la sua metamorfosi o la sua riscrittura. I contributi sono tutti di estremo interesse e spaziano a diverse discipline – storia, politica, sport, estetica e arte – e apportano, nell’insieme una visione approfondita della volontà di rappresentazione corporea contemporanea a seconda delle scelte dettate dal potere, dalla necessità, dalle condizioni, dal predominio mediatico. Con quest’ultimo riferimento mi collego al capitolo “La rappresentazione del corpo nelle riviste femminili” di Giuliana Garzone per una breve ma significativa citazione: «Si può quindi affermare, senza paura di esagerare, che la diffusione dell’immagine «ri-mediata» del corpo femminile e la sua prevalenza in quanto valore culturale diffuso ha un impatto molto forte sulla sensibilità della donna, contribuendo a generare nell’universo femminile profonde distorsioni e angosce nel confronto con il modello mediatico idealizzato.»

Il corpo può essere ri-plasmato, ma può subire anche il processo opposto, ovvero essere oggetto di eliminazione totale, un annullamento che investe identità e fisicità, come Emilia Perassi ha analizzato nel settimo capitolo, “Il corpo fantasmatico dei desaparecidos. Quali rappresentazioni?”, attraverso il caso argentino dei prigionieri «sequestrati in modo brutale in casa, per la strada, nei luoghi pubblici, dall’arrivo al campo i prigionieri perdevano il loro nome, sostituito da un numero al quale dovevano rispondere. Così cominciava il processo di desapariciòn, scomparsa, cancellazione dell’identità.»

“Il corpo saggio” di Barbara Garlaschelli è il corpo che acquisisce la consapevolezza del sè, raccontato dal punto di vista di una scrittrice che, a quindici anni, ha subito una lesione al midollo spinale: «L’incidente mi ha messo di fronte alla verità che il corpo muta in continuazione, a diverse velocità e che è, nonostante tutti gli studi e le analisi, un anagramma difficilmente decodificabile».

Un volume notevole, senza pretese di esaustività per un tema che non può, per sua stessa natura, pretendere di esserlo, ma sviscerato da molteplici angolazioni in dissolvenza, appunto: dalla revisione del corpo in versione plastica di Berlusconi (interessantissimo capitolo!), alle rivisitazioni corporee del dittatore Stalin, fino ai fisici atletici, tatuati, rimodellati, martoriati, per concludere con una metafisica del corpo.