Con Sarti Antonio, sergente...

Sarti Antonio arriva a pagina quarantatre in veste di ricordo di quel talpone di Rosas. In carne ed ossa poche pagine più avanti alle prese con il cellulare. Prima c’è la storia della Rocchetta Mattei, già Rocca di Bonifacio, marchese di Toscana, passata a Matilde di Canossa e poi al Comune di Bologna, fino a diventare un cimitero e rimessa solo in parte dal suddetto conte. Un posto a vocazione militare venuto in mano ai tedeschi e di seguito agli americani che porta sfiga e provoca un tipo di morte per niente naturale. Aggiungo “un furto di radium commesso dall’esercito tedesco all’Ospedale sant’Orsola nel luglio del 1944” e una scoperta interessante del fotografo “Due Scatti” che coinvolge il ricercatore universitario Rosas già citato. Siamo in  Delitti di gente qualunque di Loriano Macchiavelli, Mondadori 2009.

La domanda essenziale è che fine abbia fatto il radium rubato. Una brutta fine, invece, la fa “Due Scatti” praticamente come schiacciato da un compressore e la sua immagine speculare appiccicata al soffitto. E Rosas scompare. E Sarti Antonio, sergente, deve trovarlo su perentorio comando dell’Ispettore capo Raimondi Cesare, quello del “éverocomesidice”, che è tutto un bigiù.

Intorno a Sarti, sempre alle prese con la solita colite e il solito caffè,  abbiamo Felice Cantoni che guida l’auto 28, Locasciullo che non si meraviglia più di niente e la giovane collega “Prenotato Salvatrice, di Giustiniano e Grandoli Maria, nata ventisette anni fa a Barletta, laureata in psicologia…” esperta di computer. Per trovarlo non deve fare altro che interrogare chi lo conosce: la Biondina (prostituta), il Lurido, Micron, la maga dagli occhi verdi e se non bastano questi deve pescare Settepaltò da qualche parte, nomi e soprannomi tutto un programma. A rendere più difficile l’impresa sospettato pure lui, licenziato dal servizio, riammesso e licenziato di nuovo. Come tragico contorno il problema dei baraccati, degli illegali, la miseria, il freddo, la tristezza, il ripristino della legalità in “Una città malata in un mondo malato”.

E poi via a Riola Vergato dove c’è la Rocchetta Mattei, con squarci di paesaggio e descrizioni affettuose e partecipi della vita di paese: la Trattoria del Galletto, il barbiere, il salumiere, il giornalaio (non manca neppure una partita a tressette). E nuovi incontri con Selmo e la moglie Delina, e poi Trebisonda che “legge” le tensioni emotive e Climét che parla con le piante.

E ancora cunicoli da investigare, momenti di tensione e paura, fino a ritrovare Sarti Antonio legato mani e piedi e incappucciato. Poco sesso ma buono (per lui). Ironia e sarcasmo contro le cose che non vanno, soprattutto contro i politici che non cambiano mai. L’autore che segue le vicende del Nostro con partecipata attenzione e affettuosa presa in giro (alla fine verrà reintegrato al lavoro).

Costruzione impeccabile. Documenti, ricerca storica, mistero, realtà, un pizzico di magia, suggestione e concretezza che si accavallano fra loro.  Con Climét che…(e qui mi fermo).  D’altra parte non si possono razionalizzare tutti gli avvenimenti della vita. Fortuna che a Sarti Antonio, sergente, ha lasciato una cura per la colite a base di erbe. Ma siamo sicuri che la farà?