Il trionfo del punto esclamativo… 

Da quanti erano mi sono messi a contarli. A pagina ventuno avevo superato abbondantemente i cinquanta. Dieci addirittura in una sola pagina (e il libro è di piccolo formato). Un trionfo. Di che cosa? Ma del punto esclamativo che in Luce notturna di Martin Toebec, Robin edizioni 2008, la fa da padrone.

Ora in una recensione o presentazione che dir si voglia non ci si deve basare solo su queste sottigliezze grammaticali. Se i punti esclamativi ci stanno bene vanno messi. E poi, quand'anche fossero sbagliati o eccessivi, basta la trama e il tessuto narrativo a compensare qualche forma di esagerazione linguistica. Il fatto è che qui i punti esclamativi non sono troppi, sono un esercito, una valanga, uno tsunami che tiene alto il tono del discorso anche quando non ce n'è bisogno come uno strillo perpetuo che ti fracassa i timpani. La trama vacilla e affonda insieme al tessuto narrativo che scivola su una prosa banale e scolastica (leggere per credere) insieme agli elementi psicologici scarsamente credibili (e tutti quei punti esclamativi ne sono una lampante testimonianza).

Personaggio principale Antonio Righetti, appuntato dei carabinieri che esercita nel comune di Predazzo. Deve indagare su una serie di morti strane che coinvolgono ragazzi e ragazze, tutti appartenenti allo stesso gruppo. Dal due al tredici novembre. In contrasto con il solito investigatore, in questo caso Luca Ferri, mandato dal reparto operativo di Trento ed è ormai un cliché trito e ritrito. Morti strane, dicevo, una casa in aperta campagna che c'è o non c'è, ovvero c'è di notte ma non di giorno, una tomba con una scritta particolare, un pittore che ritorna in vita, quadri misteriosi,  il tema del buio e della morte e un guazzabuglio di riflessioni pseudofilosofiche da mettersi le mani nei capelli.

Uno dei libri più brutti che abbia mai letto e mi spiace dirlo per una casa importante come la Robin.

Mezza stelletta ed è un regalo.