C’è dell’imbarazzo nel parlare dell’ultimo cucciolo della numerosa famiglia noir scandinava della Marsilio.

Innanzi tutto perché l’autore è morto nel 2004 a 50 anni proprio mentre stava per dare alle stampe questo Uomini che odiano le donne e i due successivi romanzi della “Millennium Trilogy” (usciti, rispettivamente, nel 2005, 2006 e 2007).

In secondo luogo appunto perché questa storia non può essere adeguatamente giudicata se non nella prospettiva del ciclo: tanto più che è stato pensato e scritto contemporaneamente e non realizzato in un tempo più o meno lungo assieme ad altre opere (come è successo allo svedese Mankell, per esempio) o addirittura concepito come una serie aperta, potenzialmente infinita (come nei classici del giallo internazionale).

In terzo luogo perché il gioco delle scatole cinesi che è alla base di questo romanzo (la storia del giornalista e della hacker che fa da cornice al reportage contro un corrotto magnate della finanza svedese al cui interno si situa l’indagine sulla scomparsa, quaranta anni prima, di una giovane appartenente alla allora potentissima dinastia industriale dei Vanger) spiazza continuamente il lettore, tra le aspettative deluse e la curiosità di giungere al termine di un volume avvincente che sfiora le 700 pagine.

Nonostante queste oggettive difficoltà, cercheremo però di segnalare al lettore italiano pregi e difetti di questo primo capitolo della saga.

La vicenda si inserisce a pieno titolo nel noir svedese sociale degli ultimi anni: smascheramento senza sconti, quindi, dell’apparente quadro idilliaco socialdemocratico che gli europei e gli stessi svedesi si sono costruiti nel tempo. La disinvolta etica degli squali dell’alta finanza; le persistenze del nazismo e le infiltrazioni del neonazismo nel tessuto sociale; le manchevolezze del welfare stato che non sa più proteggere gli elementi più deboli: le donne, vittime di violenza, e le persone difficili e sociopatiche.

Così i protagonisti vogliono essere, esemplarmente, la sconfessione di questo modo distorto di vedere e di vivere la realtà contemporanea: Mikael Blomkvist, punta di diamente della rivista “Millennium”, e Lisbeth Salander, giovane hacker free lance specializzata in ricerche delicate per conto di società di sicurezza private come la Milton Security.

Il primo, dal punto di vista professionale, è una sorta di paladino senza macchia e senza paura, Grandi Principi ed Etica Professionale, sempre pronto a denunciare le malefatte del potere economico e finanziario, pronto a riconoscere di aver sbagliato e a scontare la pena in galera, ma sempre in grado di riprendere la lotta contro lo squalo Hans-Erik Wennerström che ha vinto il primo round facendolo condannare per diffamazione. Dal punto di vista privato è uno spot per lo svedese liberal del Duemila: sposato e divorziato, mantiene buoni rapporti con l’ex moglie e la figlia; con la collega – e sodale a “Millennium” – Erika Berger ha un consolidatissimo rapporto professionale e privato: infatti la looro amicizia si nutre senza complessi anche di numerosi incontri sessuali con il benevolo assenso del marito di lei, in un triangolo solare, scandinavo, come nelle migliori favole; durante questa storia poi non ha particolari problemi ad avere altre avventure alle quali dà il giusto peso, coinvolgendosi emotivamente ma senza far drammi quando la storia finisce o subisce qualche tracollo. È solo un caso che il soprannome, detestato da Mikael, del giornalista è Kalle Blomkvist, il “bravo” detective protagonista di alcuni romanzi per ragazzi della scrittrice svedese Astrid Lindgren?

La ragazza è invece, a sentire lo stesso autore in un’autointervista scritta poco prima della morte, la versione moderna da lui elaborata dell’altra grande protagonista dei romanzi della Lindgren, Pippi Calzelunghe. Una madre semipazza, una famiglia difficile e una grande violenza subita, di cui in questo romanzo si scorgono solamente gli effetti, hanno fatto di questa ragazza piccola, quasi anoressica e sociopatica, un essere inclassificabile. Espertisima nei computer – dialoga alla pari con i migliori hacker del mondo – e con una memoria fotografica che Blomkvist suppone derivare forse dalla sindrome di Asperger, viene costantemente espulsa dal sistema scolastico svedese, messa sotto tutela e affidata infine a un avvocato che abusa sessualmente di lei. Nonostante questo Lisbeth si è costruita una propria professionalità inattaccabile come ricercatrice, ha una vita sessuale molto libera (oscilla tra etero e bisessualità senza problemi) e ha maturato un’ostilità profonda per le istituzioni e una forte difficoltà a lasciarsi andare nei sentimenti.

L’incontro di Blomkvist e della Sallander nel corso della ricerca che deve portare alla scoperta di come è scomparsa Harriet Vanger, nel cupo quadro di una famiglia di industriali con elementi politicamente pericolosi (seguaci del nazismo) e mentalmente disturbati (se ne conoscerà un’ampia gamma nel corso della storia) risulta la combinazione alchemica perfetta, anche se inserito nell’ambito di una più banale storia di serial killer con tendenze religiose. Si completano a vicenda, rappresentano al meglio ciò che l’autore vorrebbe fosse la linfa vitale che scorre nella società svedese. Ma le leggi dell’editoria e della trilogia fanno sì che i loro sentieri si separino momentaneamente in attesa di ritrovarsi nel prossimo romanzo.

Una prova dunque convincente, con qualche eccesso di idealizzazione nel protagonista (forse un alter ego dell’autore?) e qualche caduta di originalità nell’intreccio (possibile che tutti i più efferati psicopatici frequentino le distese semidesolate della Svezia?): ma, tutto sommato, un buon viatico per le prossime due puntate attese per il 2008 e il 2009.

 

Voto: 7.5