Anche se per una volta sola, stavolta nel transito dalla carta allo schermo a guadagnarci è questo ultimo. La storia di Uomini che odiano le donne – Il film per la regia del danese Niels Arden Oplev è, visto il successo della trilogia di di Stieg Larsson, arcinota: Mikael Blomkvist (Michael Nyqvist), giornalista economico momentaneamente fuori gioco dopo un processo per diffamazione risoltosi con una condanna a suo carico e in attesa di scontare la pena, accetta la proposta di Henrik Vanger, un ricchissimo industriale, che gli chiede di indagare sulla sparizione, avvenuta diversi anni prima, di sua nipote Harriet Vanger. Con l’aiuto di Lisbeth Salander (Noomi Rapace), un’abilissima hacker, Blomkvist non soltanto risolverà il caso, ma porterà anche alla luce gli scheletri nell’armadio della dinastia Vanger.

Se il libro denota una certa prolissità (che non gli giova…), il film al contrario si segnala per la sua asciuttezza, frutto di un lavoro di riduzione non indifferente.

Ma ciò che contribuisce maggiormente alla riuscita del film al punto da farlo di gran lunga preferire al libro, è il felice connubio tra messa in scena senza troppi fronzoli, un cast in gran parte sconosciuto, almeno qua da noi, ma perfettamente a suo agio sulle emozioni base, e alcune scene dove di fronte ad una quota non indifferente di crudeltà e sadismo la scelta è quella di mostrare le cose così come sono, in modo cioè estremamente realistico e quindi antispettacolare. Ne esce un ritratto dove a prevalere, visivamente parlando, è il chiaroscuro, chiave di volta per la descrizione di una famiglia-mondo che si vede appena, una volta sola in una scena girata quasi a tirar via, ma il cui peso si percepisce in continuazione.

Aggiungeteci due “cattivi” esattamente i due del libro di Larsson, la cui ferocia è ancora più agghiacciante perché scaturisce da due persone quanto mai “banali”, e il quadro è al completo (addirittura sembrano troppi per un film solo…).

Forse, Uomini che odiano le donne – Il film, è un “paese per vecchi” (chi vedrà capirà il perché…).