Un thriller archeologico: così viene proposto in copertina L'enigma di Alessandro Magno, bella opera prima di Will Adams.

Una "etichetta" promozionale che ci sta tutta: come thriller, il romanzo ha un buon plot, uno sviluppo ritmato, una convincente caratterizzazione dei personaggi, comprimari compresi, poi presenta una componente archeologica stimolante, abbastanza ben connessa a interessi odierni.

L'aspetto di mistero storico non è l'espressione di un archeologo di professione, d'accordo. Adams non lo è; anzi, a quanto pare, come "tradizione" del romanziere, ha fatto numerosi mestieri.

In compenso, L'enigma di Alessandro Magno denota in modo palese la passione vera che lega l'autore al fascino dell'archeologia: un trasporto che impregna le pagine scritte, emergendo per esempio in particolari non strettamente correlati alla trama (benché indirettamente utili, significativi), che chi ha un minimo d'infarinatura sull'argomento riconosce come espressione non di una ricerca mirata e circoscritta agli argomenti trattati, bensì di una conoscenza più ampia e sentita, per quanto non veramente esperta, della materia. Conoscenza che, volente o nolente, trasuda in più punti.

A questo punto, per onestà di recensore, mi sento in dovere di confessarvi un paio di cose.

La prima.

A me la proliferazione in libreria di un filone di thriller, gialli e romanzi d'intrigo avventuroso legati al passato non disturba affatto.

L'esplosione di questi sottogeneri, espressione di una ricettività di mercato che non può evidentemente essere ascrivibile solo alla ricaduta di un fenomeno editoriale come il caso Dan Brown, ha portato in libreria tante diverse opere evasive estremamente gradevoli, alcune addirittura esemplari.

Oddio: è ovvio che nel calderone, tra un titolo e l'altro più di qualche romanzo di dubbia qualità, qualche ignobile clone, e qualche vera ciofeca, ci sono pure scappati, ma è uno scotto pagato da ogni genere che incontri il suo periodo aureo.

Il lettore di bocca buona non si lamenta di sicuro. Il lettore con una certa esperienza difficilmente si fa fregare del tutto, acquistando mezzi o totali bidoni. E il lettore che non ama – o ritiene di non amare, magari vittima di preconcetti – determinati soggetti, non si avvicinerà nemmeno all'opera più riuscita. Quindi, tutto sommato, non vale la pena lamentarsi di questa abbondanza, o sovrabbondanza che sia.

Seconda ammissione.

Quanto mi ha affascinato l'archeologia, fin da bambino! Il che vuol dire da prima, benché di poco, che il mitico Indiana Jones si mettesse a schioccare la frusta, alla ricerca di arche perdute e templi maledetti. Ve lo vedete un bambino di terza elementare che, nel classico tema "Cosa vuoi fare da grande?" descriveva l'archeologo, disegnandolo pure con tanto di vanga (non frusta, dunque!) e cappello coloniale, con piramidi sullo sfondo? Io lo feci, chissà per quale freudiano motivo. Cresciuto un po', mi lanciai all'inseguimento dei vari Belzoni, Carter & Carnavon, Schillmann, e compagnia bella, attraverso le grandiose pagine "per tutti" dei libri di C. W. Ceram.

Beh, chiaramente le cose sono andate in modo diverso, poi. Oggi, così come i miei vecchi compagni di scuola oggi non sono poliziotti, così purtroppo io non faccio l'archeologo. Oltretutto, anche la passione ha ceduto il passo a tanti altri interessi. Ma le vecchie pulsioni rimangono, e saltuariamente riemergono. E se la saggistica aiuta la mente, di certo la narrativa corrobora lo spirito.

E' con questa predisposizione d'animo favorevole quindi che il sottoscritto ha iniziato L'enigma di Alessandro Magno. La vicenda ha fatto presto a decollare, mantenendosi viva e coinvolgente più o meno lungo tutto l'arco delle quasi 400 pagine di narrazione. Merito anche della sceneggiatura ben congegnata. Delle storie incrociate. Dei personaggi, tutti. E degli scenari, anche. Che sono svariati, per quanto concentrati essenzialmente in Egitto, con qualche sequenza nelle aree macedoni della Grecia.

Di cosa tratta, in sintesi, il romanzo?

Alessandro Magno morì nel 323 a.C., in circostanze tuttora controverse. In vita, al celebre condottiero era stata riconosciuta una condizione quasi di semidivinità. Il suo corpo, afferma la storia, venne portato ad Alessandria d'Egitto, e sepolto in un Mausoleo che nei secoli seguenti restò luogo di pellegrinaggi persino per gli imperatori romani.

Di quella sua tomba, a tutt'oggi però gli archeologi non hanno trovato traccia.

Fin qui i fatti. Ora la fiction: e se il corpo di Alessandro in realtà non fosse stato davvero portato ad Alessandria, ma in un'altra tomba, in un altro luogo, per ragioni ben precise? E se qualcuno oggi volesse ritrovare questa tomba non per ambizione professionale, non per i tesori di cui sicuramente è ricca, bensì per farne un simbolo di rivolta e lotta nelle aree anticamente occupate dalla Macedonia?

Le risposte ai "se", ovviamente, sono in questo libro, dove entrano in gioco anche altri elementi, altri fili intrecciati. Coincidenze chiaramente romanzesche, ma che fanno parte del gioco, come in molta narrativa di genere.

Tenete conto, in compenso, che Adams non esagera né con scene troppo spettacolari e improbabili, né propone incongrui tools fantascientifici. Piuttosto, ci premia con qualche gradevole pennellata dell'attuale Egitto.

L'enigma di Alessandro Magno è il primo romanzo di Will Adams. E' uscito in anteprima nel nostro paese, ma è in via di pubblicazione in altri dieci paesi: Regno Unito, Francia, Germani, Grecia, Israele, Olanda, Polonia, Portogallo, Russia e Spagna.

Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, questo potrebbe essere un autore di cui risentiremo parlare. Per quel che mi riguarda, mi farebbe senz'altro piacere. Con un po' di "professione" in più, ha le carte per affermarsi con merito.

Per ora: bravo, Will Adams!

E ben arrivato.