Caro Pasquale, benvenuto su ThrillerMagazine. Era da tanto tempo che volevo intervistarti stuzzicato dal noir che colora e pregna gran parte della tua produzione fumettistica, ma alla fine il catalizzatore è stato il tuo primo lavoro narrativo in senso stretto: il romanzo Un caso come gli altri, edito da E/O.
Un saluto anche da me, a voi e agli amici lettori!
Partiamo con una piccola sfida: fingi per un attimo che Pasquale Ruju non sia tu, ma un personaggio importante da introdurre, efficacemente ma sinteticamente, in un tuo fumetto. Hai una tavola bonelliana a disposizione per farlo…
Tavola con tre strisce. Prima striscia, particolare, mani dell'autore ferme sulla tastiera. Seconda striscia, particolare, mano destra dell'autore che si gratta la nuca. Terza striscia, autore di spalle davanti allo schermo bianco del pc che cerca un'idea per rispondere a questa domanda. Aggiungere balloon di pensiero con imprecazioni varie (Acc… Dannaz… Malediz…) :-)
OK, abbiamo iniziato in modo (spero) un po’ originale ;) . Ora possiamo permetterci il passaggio canonico: ci presenti Pasquale Ruju attraverso la sua biografia e curriculum ufficiali?
La mini-bio ufficiale recita: "Pasquale Ruju, classe 1962, laureato in Architettura, ha lavorato in teatro, cinema, radio, televisione e nel doppiaggio, dando voce a personaggi di cartoni animati, soap e telefilm. Dal 1994 collabora con la Sergio Bonelli Editore in qualità di soggettista e sceneggiatore. Premio Cartoomics 2004 per la sceneggiatura, ha scritto oltre cento storie per albi di Tex, Dylan Dog, Nathan Never, Dampyr, Martin Mystère ed è autore delle miniserie Demian, Cassidy e Hellnoir. Un caso come gli altri (2016) è il suo primo romanzo." Diciamo che ho la fortuna di aver lavorato moltissimo senza avere mai l'impressione di farlo.
A fine marzo di quest’anno è uscito il tuo primo romanzo: Un caso come gli altri. Di cosa tratta il libro?
È una storia di n'drangheta vista dagli occhi di due donne, chiuse nella sala interrogatori di un commissariato. La vedova di un boss, e il sostituto procuratore, una giovane dottoressa in carriera, che la interroga. Attraverso il loro confronto, sempre più stringente, verrà rievocata una dinastia malavitosa, che dal profondo della Calabria arriva a mettere radici in Piemonte. Uno sguardo al femminile, dunque, su un mondo molto duro e feroce.
Un caso come gli altri è stato pubblicato nella collana SabotAge, della E/O, diretta da uno che di noir se ne intende: Massimo Carlotto. Posso chiederti se hai cercato tu la E/O, o se piuttosto è stato il contrario, vista la tua pregressa esperienza nel noir, consolidata in varie sceneggiature di personaggi bonelliani, e soprattutto nelle serie da te ideate e firmate (Demian, Cassidy, Hellnoir)?
In realtà avevo già collaborato con Colomba Rossi, moglie di Massimo Carlotto e curatrice della collana Sabot/Age, scrivendo un racconto per la collana Resistenze Noir, pubblicata sul Manifesto. Da lì, è nata in modo molto spontaneo l'idea di una nuova collaborazione, stavolta per un romanzo. Ho proposto a Colomba e a Massimo questa idea, con una breve sinossi e due capitoli… Siamo partiti da lì.
Come sei arrivato a scegliere (sempre che la storia non abbia scelto te, come ritengo succeda spesso in ambito creativo, anche quando professionale) una storia di n’drangheta per il tuo esordio letterario?
La storia, nel suo nucleo, era stata concepita per un cortometraggio, che ho sceneggiato e diretto circa dieci anni fa con un gruppo di amici attori di Torino, fra cui anche la bravissima Stella Bevilacqua, che oggi purtroppo non è più con noi. I personaggi di quel corto mi rimasero in mente, ancora anni dopo. Sentivo l'esigenza di sviluppare la loro storia, e alla fine la forma del romanzo mi è sembrata adatta a raccontarli al meglio.
In effetti, Un caso come gli altri mi sembra perfetto per essere portato sullo schermo. Al punto che leggendolo, mi ero già fatto l’idea che fosse nato proprio per questo. Prima di scoprire in rete che è così…
Esatto, come ho detto, l'idea è nata per il cinema. E chissà che al cinema, nella sua forma più estesa, prima o poi non possa tornare…
I protagonisti di Un caso come gli altri: ce ne sono tanti, per un romanzo di 256 pagine. E tutti quelli principali con un loro indubbio spessore. Per struttura, è come un sistema stellare binario, con una serie di pianeti che ruotano attorno a una solo dei due soli, mentre l’altro dà stabilità al sistema. Partiamo dal descrivere le due “stelle”, Annamaria Ferraro e Silvia Germano?
Annamaria è la Vedova, una donna dolce ma anche forte. Non una fuorilegge, semplicemente la moglie affettuosa e innamorata di un feroce boss. Per tutta la vita lei cercherà di non vedere, di non sapere. Ma alla fine Silvia Germano, il sostituto procuratore che conduce l'interrogatorio, la metterà davanti alla cruda verità. Due donne molto diverse, Silvia e Annamaria, per certi aspetti opposte. Il loro sarà un confronto duro, come ho detto. E molto doloroso. Ma anche in qualche modo catartico, risolutivo.
Restando in metafora, passiamo ai “pianeti”, grandi e piccoli: in primis ovviamente il boss Marcello Nicotra, suo cugino Daniele e suo fratello Paolo, e poi “il Battista”, boss dei boss, la madre di Annamaria…
Ho cercato di dare spazio a ogni personaggio, e ovviamente soprattutto a Marcello, giovane membro della cosca di famiglia, che ne prende il comando dopo la morte del padre. È un uomo duro, a volte sanguinario, che mostra un lato umano solo con la moglie e i sodali più stretti. Senza anticipare nulla della storia, possiamo dire che sarà proprio uno fra questi ultimi, il cugino playboy Daniele, il fragile fratello Paolo, il cinico e potente Battista, a creargli dei grossi problemi. Nel romanzo ci sono anche due figure femminili molto forti, e in qualche modo speculari ai protagonisti. La madre di Marcello e quella di Annamaria. Anche loro avranno un ruolo importante nella storia, e starà ai lettori scoprire quale.
Lascio per ultimo il Catanese, perché per me, come lettore, è stato quel co-protagonista che, con la sua recitazione, dà un inestimabile valore aggiunto a un film già di per sé eccellente. E magari si aggiudica l’interprete quell’Oscar che a volte viene fregato ad una meritoria attrice protagonista…
Il Catanese è un soldato, nel senso più profondo del termine. È fedele a Marcello e pronto a qualunque impresa per lui. Ha pochissimi scrupoli ma anche un senso dell'onore molto personale, che a un certo punto verrà messo a dura prova… Anche qui, meglio non anticipare nulla.
In un’interessante intervista rilasciata al bel blog Libro Guerriero (articolo del 24/3/2016), ti è stato chiesto un possibile sottotitolo per questo romanzo. Hai risposto: “Cronaca di un amore criminale”. Se dicessi che per me questo titolo sarebbe stato ancor più efficace di “Un caso come gli altri”, mi mandi un “meccanico” indesiderato a casa? ;)
Ahahah, manderò il Catanese in persona!
Negli ultimi dieci/quindici anni, mi è capitato di leggere letto romanzi, anche belli e di alto potenziale, dove però la propensione o l’induzione o forse addirittura la coercizione (mera supposizione: solo gli autori e i loro editor potrebbero dirlo) per una scrittura estremamente concisa, essenziale e ritmata, finiva (a mio gusto, ovviamente) per depauperare in parte il complesso dell’opera. La differenza tra una modella asciutta e una con un inizio di anoressia, per capirsi. Il tuo romanzo, invece, vanta un impeccabile equilibrio in tal senso. Fin dove si può spingere l’asciugatura di un testo, secondo te?
Fino a quando sussiste una musicalità di fondo. Da ex attore, ho l'abitudine di rileggere a voce alta quello che ho scritto, e limarlo finché non "suona" bene all'orecchio. Se la lettura risulta convincente, capisco di essere sulla strada giusta. Quella cioè che media le pignole descrizioni da sceneggiatore con il rispetto per la fantasia dei lettori, che devono potersi cucire addosso la storia e farla loro in modo naturale, senza venir troppo imbrigliati da paragrafi lunghi e stilisticamente compiaciuti.
Come affronti i dialoghi tra i personaggi? I tuoi sono particolarmente ben riusciti.
Stesso metodo: lettura a voce alta. Qui le esperienze di sceneggiatura da una parte e doppiaggio dall'altra mi sono state d'aiuto.
Il genere noir ha tanti volti, che poi sono quelli dei vari autori, piuttosto che di cosiddette scuole. Ma degli aspetti aggreganti si possono in effetti individuare, almeno a grandi linee. Cosa ti attrae di più del noir francese, cosa di quelli americano, cosa del nero italiano?
Del noir francese amo l'atmosfera e il tormento dei protagonisti (su tutti il magnifico Fabio Montale, di Izzo). Di quello americano mi piace il ritmo e il respiro spesso da epopea (penso al Cartello di Winslow, ad esempio, ma anche a certe opere di Ellroy e di Willoks, per non citare gli autori più classici). Il noir nostrano però lo apprezzo particolarmente perché è molto vicino alla realtà che viviamo. È forse il più vero, dal nostro punto di vista, e perciò inquietante. A volte perfino spaventoso.
A questo punto – è inevitabile, no? – apriamo una parentesi sui fumetti. Sei arrivato in Bonelli partendo da Dylan Dog, per poi confrontarti pure con altri personaggi (persino con il mito Tex) e gestire anche miniserie di tua ideazione, come Demian, Cassidy e la più recente, Hellnoir. Quali fasi principali hai attraversato, a tuo giudizio (razionale ed emotivo), nella tuo percorso tra le nuvole parlanti?
Ho cominciato con Nathan Never e Dylan Dog, quasi in contemporanea. Ho sempre amato i generi, e in quel periodo in particolare l'horror e la fantascienza. Con Demian, più avanti, ho messo nelle mie storie anche la passione per il noir, che mi ha portato a scrivere Cassidy e poi Hellnoir, due miniserie sospese tra hard boiled e paranormale. Anche nel mio west texiano di tanto in tanto emerge un'atmosfera noir. Anzi, devo dire se ti arriva l'idea giusta, che i due generi si fondono insospettabilmente bene.
Tra i personaggi, tuoi o non tuoi di ideazione, a quale sei più affezionato? E quale giudichi la tua sceneggiatura più riuscita?
Il primo amore è stato Dylan… Fra i miei, devo dire che sono molto legato a Cassidy. Un amore condiviso anche dai lettori, che ancora mi chiedono di riportarlo in edicola a molti anni dalla chiusura della serie.
Però Cassidy in questo periodo è tornato: l’intero corpus narrativo, diviso in tre eleganti volumi, in distribuzione nelle fumetterie e in libreria.
Sì, una edizione prestigiosa, accompagnata da un racconto inedito per ogni volume. Tre "cold case" in prosa che mi sono assai divertito a scrivere e che spero faranno felici gli appassionati della serie.
Ci sono analogie di approccio e sviluppo adottate tra fumetto e narrativa? Quali d’altra parte le differenze più marcate?
La voglia di descrivere, come ho già detto, che nella prosa deve essere tenuta a freno. E in parte anche il lavoro sui dialoghi. Nei fumetti devono essere funzionali alle immagini, in termini di stile e lunghezza (fondamentalmente troppe parole coprono il disegno, e di questo bisogna sempre tenere conto). Anzi, se un'immagine funziona da sola, rende una battuta ridondante, e io sono il primo a eliminarla. Viceversa, nella prosa sei solo tu e il lettore, nessun altro intermediario. La responsabilità, dunque, è tutta tua.
Come narratore di storie, hai raccontato trame e soprattutto individui per mezzo di vari generi, anche contaminati. Ma c’è un genere in particolare che non hai affrontato, o non abbastanza, che invece ti affascina molto e in cui vorresti esprimerti o metterti in gioco per una nuova sfida?
Sicuramente la spy-story. Ma non è detto che prima o poi…
Oh, considerato la mia particolare attenzione sulla spy fiction italiana ti attendo con particolare interesse! Per il resto, cosa dobbiamo aspettarci da Pasquale Ruju nei prossimi mesi?
Altri Tex, forse un nuovo Dylan… E un altro paio di cosette di cui per ora non posso dire nulla, ne parleremo con l'anno nuovo. ;)
E narrativamente parlando? Un altro noir?
Vedi sopra. ;)
Siamo in chiusura. C’è qualcosa di Un caso come gli altri, tra le tante cose che ti potevo chiedere e che non ho chiesto, che senti importante sottolineare ai nostri lettori?
Solo la mia gratitudine per tutti loro, i lettori. Senza l'affetto con cui seguono me e i miei colleghi, non sarebbe possibile fare questo meraviglioso mestiere. Dunque, da parte mia, un sincero grazie!
Grazie Pasquale! Alla prossima!
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