L’Africa.

Ancora una volta, protagonista. Ancora una volta, luogo di passioni.

Tony Park è l’ennesima vittima del cosiddetto “mal d’Africa”. Sindrome che in realtà si manifesta quando un individuo scopre di provare una profonda affinità con un luogo differente da quello in cui è nato e cresciuto (che sia l’Africa, che sia l’Oriente, che sia il Messico o qualsiasi altro posto - non necessariamente lontano dal punto di vista geografico). Affinità che presto si trasforma in un’attrazione irresistibile, coacervo di sentimenti assai differenti tra loro, a volte persino contrastanti, ma dalla forza di attrazione quasi invincibile.

Tony Park è anche l’ennesimo uomo che si affida alla parola scritta per dichiarare pubblicamente – in forma di romanzo – questo suo amore.

Un amore profondo, ma non cieco. Un sentimento che non gli impedisce di riconoscere (e riportare fedelmente) i molteplici volti del continente, non solo le immagini patinate e naturalistiche. Non solo sfondi, insomma: vere ambientazioni. Di esperienze, per quanto funzionali ad un contesto narrativo, e di conseguenza filtrate attraverso le vicende e i protagonisti di trame evasive.

Esperienze, dunque.

E Tony Park è uomo di esperienze. Lo si evince dalla lettura del suo primo romanzo, Il respiro della savana (Far Horizon, 2004), da poco pubblicato in Italia dalla TEA, che - parallelamente alla tradizionale e consolidata opera di paperback delle prime edizioni - continua a proporre anche interessanti opere inedite, direttamente in formato tascabile.

Nato nel 1964 nei sobborghi occidentali di Sydney, Park ha lavorato come reporter prima in Australia e poi in Inghilterra, come addetto stampa governativo, consulente in pubbliche relazioni, infine scrittore free lance.

In qualità di Maggiore della Riserva dell’Esercito Australiano, nel 2002 ha prestato servizio per sei mesi in Afghanistan, come ufficiale alle pubbliche relazioni dell’Esercito Australiano. Ma è soprattutto l’incontro con l’Africa, e le successive frequentazioni, a dare un nuovo corso alla sua vita. Ora, assieme a sua moglie Nicola, divide il suo tempo tra Sidney e l’Africa australe, dove scorazza in lungo e in largo con la sua Land Rover Serie III. Con un buon laptop al seguito, ovviamente. Tant’è che a Far Horizon hanno fatto seguito Zambezi, African Sky e Safari.

Tony Park si è reso disponibile per un’intervista.

Eccola…

Benvenuto, Tony, sulle nostre pagine web. E benvenuto in Italia anche al tuo romanzo Far Horizon, pubblicato lo scorso luglio dalla TEA con il titolo: Il respiro della savana.

Hi, Fabio. Grazie molte per l’opportunità dell’intervista.

L’ho molto apprezzata, stante l’eccitazione che provo per la prima traduzione in Italia di un mio romanzo.

In Australia, i tuoi libri sono best sellers. In quali altri paesi sono venduti? E dove i lettori si mostrano più entusiasti dei tuoi romanzi?

L’Australia è tuttora il mio mercato più forte, ma ho pubblicato anche in Olanda e Inghilterra. Il mio terzo libro sarà presto pubblicato in Germania e ho firmato contratto per i miei primi tre romanzi con un editore. I miei libri sono tutti distribuiti in Sud Africa e Nuova Zelanda. Ritengo fantastico essere pubblicato all’estero, siccome so che ci sono molte persone in Italia e nelle altre nazioni che amano l’Africa tanto quanto me.

Vuoi per piacere introdurre tu Il respiro della savana ai lettori italiani?

Il respiro della savana è ambientato nell’Africa meridionale: in Sud Africa, Mozambico, Zimbabwe e Zambia. Segue le imprese di una guida, Mike Williams, su una pista di vendetta contro alcuni cacciatori di frodo che gli hanno in precedenza rovinato la vita. Deve bilanciare la necessità di proteggere i turisti di cui è responsabile con la sua brama di vendetta.

Nel leggere il romanzo, si ha una forte impressione di ritrovare molte esperienze personali, vere e vissute. Successivamente, traslate in un thriller avventuroso. Essendo Il respiro della savana il tuo primo romanzo, ed essendo la tua passione per l’Africa un sentimento così radicato e profondo, quanto difficile è stato gestire in modo efficace il desiderio di abbondare in descrizioni? Oppure non hai avuto alcun problema a frenare il tuo entusiasmo?

Questa è una buona domanda. Innanzi tutto, non tutto ciò che succede all’eroe, Mike Williams, è successo a me! Comunque, ci ho infilato le mie esperienze in Africa, e i miei trascorsi nell’Esercito. La passione mi lega all’Africa. E passione metto in ciò che scrivo. Quindi: hai ragione, talvolta è difficile controllare l’entusiasmo. Meglio però sostenere questa sfida, piuttosto che iniziare ad annoiarsi a scrivere, oppure perdere la capacità di farlo.

Raccontaci qualcosa sui protagonisti.

Mike Williams è un ex ufficiale dell’Esercito che ha prestato servizio con le NU in Mozambico, nell’ambito delle operazioni di sminamento, prima di diventare una guida turistica. Conosco alcuni che hanno fatto quel lavoro. Sono rilassati, faciloni, innamorati della vita, ma nel contempo sono anche soldati professionisti dediti al loro lavoro.

Mike ha la forza interiore, la disciplina e le capacità di superare la sua tragedia e di ritrovarne i responsabili.

Sarah Thatcher è come gli altri giornalisti che ho conosciuto: coinvolta, motivata, talvolta persino aggressiva quando si ritrova con la possibilità di un articolo vincente.

Incontreremo ancora Mike Williams?

Al momento, non è in programma. Ma mi piace come personaggio.

Ai lettori italiani ai quali dovesse piacere Sarah Thatcher, posso rivelare che farà una breve apparizione nel mio quarto libro, Safari, che è stato appena pubblicato in Australia e che spero lo sarà anche un giorno in Italia!

La tua abilità non sta solo nella descrizione degli scenari di sfondo, peraltro ottimamente riportati: le ambientazioni acquistano valore e vitalità perché provi sempre anche ad entrare nel modo di pensare dei vari personaggi, persino quelli di secondo piano e le comparse. Così, ad esempio, i turisti, così differenti tra loro, gli expats, il ranger locale e così via… Persino i “cattivi” di turno. Non sono un esperto in materia di cacciatori di frodo, ma mi è sembrata molto realistica l’esposizione che fai della loro mentalità corrotta, sia che si tratti di pragmatici e senza scrupoli locali, sia dei ricchi stranieri in cerca di sanguinee emozioni.

Grazie. Ad un certo punto, la gente è gente. Le ragioni che motivano i miei personaggi – amore, odio, lussuria, cupidigia… – sono aspetti tutti umani di momenti differenti delle loro vite.

Ad ogni modo, ho inserito cose che ho imparato dai miei viaggi in Africa per aggiungere “realismo” ai miei personaggi. Giusto l’altro giorno stavo leggendo un articolo on line circa la caccia grossa illegale (materia trattata nel libro). Si tratta di cacciatori europei e americani che pagano ingenti somme di denaro per cacciare in aree dove non potrebbero, e talvolta specie protette, o per ammazzare più di quello che è loro concesso. Questo tipo di “caccia di frodo” è differente da quella praticata da un africano affamato che uccide un animale per sfamare la propria famiglia, e non certo meno criminale.

Quanto aiuta la tua passata esperienza militare nello scrivere questo tipo di narrativa?

Ritengo che la maggior parte degli autori peschi dalla propria esperienza di vita, quando scrive. Tutti i protagonisti maschili dei miei libri hanno sinora avuto un qualche tipo di background militare, il che mi rende facile capirli, e quindi aggiungere credibilità alla loro “storia”. A livello tecnico, mi è chiaro quanto uno scrittore sta narrando di militari o di armi o di equipaggiamenti e non ha esperienza. Spero che i miei personaggi militari siano credibili.

L’Africa è la grande star dei tuoi romanzi. Fantasticavi del Continente Nero sin dalla tua infanzia (per esempio, io ricordo tuttora i vecchi film di Tartan e altre affascinanti avventure, spesso assai lontane dalla realtà ma estremamente affascinanti per dei bambini – e non solo per loro…; ) ), oppure questa passione è del tutto successiva?

Un’altra bella domanda! In realtà, non ho pensato un granché all’Africa sino al 1995, quando mia moglie disse “Andiamo in vacanza in Africa!”

Sapevo poco dell’Africa, della sua gente e della sua natura sino a che non ci arrivai, in occasione di quella vacanza. Guardavo sempre i documentari naturalistici in TV quand’ero bambino, ma non c’è nulla come assistere alla vera vita dell’Africa.

Divenni come “drogato” dal continente dopo quel primo viaggio, e così mia moglie.

I sentimenti personali, soprattutto quelli più profondi, spesso possono rivelarsi difficili da spiegare (forse perché difficili da comprendere…), persino per un autore capace. Vuoi tentare per piacere di sintetizzare in alcuni paragrafi l’essenza di questo tuo amore per l’Africa?

L’Africa è come una droga. Si sviluppa una sorta di dipendenza. Ti entra nel sangue e prima che tu riesca a capirlo ti ritrovi a cambiare la tua vita per ottenerci sempre di più. E’ difficile da descrivere perché sia così.

In parte è dovuto alla bellezza dell’ambiente, alla natura selvaggia e allo scenario, ma è più di questo. Tutto in Africa sembra amplificato. Le cose belle sembrano migliori, ma anche i problemi appaiono peggiori. C’è un margine di vita, in Africa. Ci sono pochi luoghi che conosco dove devi tenere ben chiusa la tua tenda durante il campeggio notturno per evitare che ci entri un leone!

La gente ama la vita in Africa e la vive al massimo.

Vedere l’Africa selvaggia e il suo ambiente naturale è un’esperienza toccante, che non lascia indifferente alcuna persona. Qui, nel mondo animale, tutti i drammi della vita sono rappresentati sotto i tuoi occhi sino in fondo.

Abbiamo parlato del tuo “amore” per l’Africa. Cosa ci dici della tua passione per la letteratura? Come lettore, come scrittore…

Ho sempre voluto scrivere, sin da piccolo. Mia madre è una grande lettrice e mi ha introdotto ai libri già in tenera età.

Scrivo il tipo di narrativa che mi piace leggere. Sono thriller mainstream, pieni di azione e avventura romanzesca. Non leggo libri letterari, e non potrei scriverne uno qualora ci provassi. Scrivo per intrattenere tanto me stesso quanto i lettori, e in questo senso spero che essi condividano il mio divertimento in ciò che faccio.

I tuoi scrittori preferiti?

Nelson De Mille, Ken Follet, Martin Cruz Smith e Wilbur Smith – il re della narrativa africana. Ho pure alcuni autori australiani tra i miei preferiti: Peter Watt e David A. Rollins, che spero siano anche tradotti in Italia!

Qualcosa sugli altri tuoi romanzi: Zambezi, African Sky e l’ultimo Safari.

Zambezi si svolge nella valle del fiume Zambesi, tra lo Zimbabwe e lo Zambia. Parla di un soldato americano che viaggia in Africa alla ricerca di sua figlia, una naturalista che risulta dispersa, presumibilmente divorata da un leone. E’ ambientato ai giorni nostri, è c’è anche un aspetto “terroristico”.

African Sky si svolge invece durante la Seconda Guerra Mondiale in Rhodesia (ora conosciuta come Zimbabwe) in un campo di addestramento piloti. Molti di loro venivano addestrati in Africa, durante la guerra. Viene commesso un omicidio nei pressi della base e uno degli ufficiali deve investigarci.

Safari, il mio ultimo libro, è ambientato nell’attuale Zimbabwe e nella Repubblica Democratica del Congo.

Tratta della relazione tra patiti della caccia grossa, cacciatori di frodo e ambientalisti.

Il tuo quinto romanzo è già nelle mani del tuo editore. Quindi, di ritorno in Africa, per nuove esperienze. Pronto ad affrontare il tuo sesto libro, giusto?

E’ corretto. L’editing del mio quinto romanzo è completo. Safari è ambientato nell’attuale Sud Africa e in Mozambico.

Mentre ti scrivo, sono seduto nel Kruger National Park, in Sud Africa, e appena concludo questa intervista parto a lavorare sul mio sesto libro!!!

Hai visitato anche altri paesi. Qualche intenzione di scrivere qualcosa ambientato in scenari differenti dall’Africa australe ed equatoriale?

Per ora sono più che contento di continuare a scrivere sull’Africa. Dovessi continuare a scrivere per il resto della mia vita, non sarei mai stanco dell’Africa, e non rischierei mai di restare a corto di idee per nuovi libri.

E nel passato del Continente Nero? Mai accarezzata l’idea di una saga storica africana? Oppure si tratta di un obiettivo troppo impegnativo?

E’ impegnativo. Il mio terzo libro, African Sky, si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi sono divertito nella ricerca richiesta da un libro storico, e potrei scriverne un altro in futuro. Per ora, sono pieno di idee sull’Africa contemporanea.

OK, Tony… E’ il momento di chiudere l’intervista. Ma lo considero un “arrivederci a presto”, perché sono sicuro che Il respiro della savana avrà un buon successo anche in Italia, quindi avremo l’occasione di leggere anche gli altri tuoi romanzi. Grazie per la disponibilità. Un ultimo “messaggio” ai lettori italiani?

Grazie Fabio per l’intervista. Prima devo esprimere riconoscenza al mio editore, la TEA, che è stato splendido. Ma soprattutto vorrei ringraziare chiunque in Italia abbia letto il mio libro.

E’ un momento molto emozionante per me. Posso solo sperare che vi siate divertiti a leggerlo tanto quanto me, a scriverlo.

Spero di incontrarvi in Africa, un giorno!