Quattro uomini vestiti di nero con in testa dei gwanmo (cappelli tradizionali della Corea del Sud) anch’essi neri, cantano e suonano in mezzo agli alberi e alla sterpaglia. In un turbinio di suoni, a cui fa eco l’immagine di un gwanmo che vola via nel vento impigliandosi fra i rami, quello che sembrava essere un etereo e vagamente tetro videoclip di una canzone d’amore sbilenca (affidata al gruppo sperimentale degli UhUhBoo Project) lascia spazio all’arrivo di un uomo (Oh Gwang-rok) che, canticchiando la canzone che abbiamo appena sentito, si avvia a cominciare la sua pesca notturna. Si siede fra gli sterpi che incontrano l’acqua e cominciando a sistemare l’amo per i pesci accende la radio. Fra un’altra canzone d’amore e un’improvvisa preghiera per i morti (“Namo Amitabha, aiutalo a raggiungere il paradiso […] La carne va in putrefazione, trasformandosi in acqua, le ossa vanno in putrefazione, trasformandosi in terra”, recita una voce di donna alla radio), sopraggiunge la notte. L’uomo ha posizionato più di sei canne per ottenere la preda; una di esse comincia a vibrare e l’uomo la tira nel tentativo di catturare un pesce, ma inciampa sulle altre canne e invece dell’agognato bottino si ritrova un cadavere di donna (Lee Jung-hyun, straordinaria) fra i piedi. L’uomo vorrebbe scappare, ma si ritrova incastrato tra i fili a cui l’amo che la donna ha in bocca è appeso. Con indosso un vestito da bambina, la donna sembra morta ma allo stesso tempo flessibile come una marionetta e per svincolarsi l’uomo non può che abbracciarla per riuscire ad arrivare a qualche arma, forse un taglierino, che possa liberarlo dai fili. La donna però lo blocca, saltandogli addosso e sputandogli acqua sulla faccia. L’uomo è sconvolto e vorrebbe reagire, ma il contatto con il respiro d’acqua della donna lo fa momentaneamente svenire. Lei nel frattempo lo slega dai fili trascinandolo via per il braccio e dopo aver scambiato i propri abiti con quelli dell’uomo lo sveglia e gli dà da bere. Lui vorrebbe sapere chi è questa creatura venuta da chissà dove per tormentarlo, ma non solo la donna non risponde, comincia anche a fare domande a sua volta come per rimproverarlo della sua presenza sul fiume, al che lui propone di andarsene, ma la donna lo incalza con domande sulla moglie che lo ha abbandonato.

L’uomo ormai è certo di avere di fronte uno spirito e comincia ad avere paura, ma la risata di lei fa all’improvviso tintinnare le canne da pesca. Poi la creatura scoppia in lacrime e muta la propria voce in quella di una bambina: è la figlia dell’uomo. In un intermezzo a colori, i fiori al bordo del fiume cominciano a muoversi, poi l’uomo, ancora immerso nel bianco e nero della notte, chiama la figlia per nome e le dice: “Mee-yeung, vieni qui e vivi con papà”. Ma sopraggiunge la pioggia, travolgendolo.

L’acqua introduce la nuova sequenza del film, tutta a colori: la donna, vestita con abiti e cappello tradizionale da sciamana, s’immerge sott’acqua in una vasca mentre altre donne suonano dei campanelli (lo stesso tintinnio che l’uomo udiva emergere dalle canne in attesa dei pesci). La donna-sciamana si lascia sommergere dalla sterpaglia e dalla presenza dell’uomo, di cui vediamo la foto, accanto a un piccolo recipiente per l’incenso e a dei crisantemi. La sciamana riemerge dal bagno catartico dando voce allo spirito dell’uomo, che si rivolge alla figlia e alla moglie: sono sepolto in fondo al fiume, dice sconsolato prima di chiedere alla bambina di seguirlo, stringendola a sé nelle sembianze della sciamana. La donna si risveglia e comincia a pregare, pronunciando parole simili a quelle udite dall’uomo alla radio: qui per la prima volta veniamo a conoscenza del nome e dell’età dell’uomo, Oh Gi-suk, quarantanovenne annegato sul fiume Han. La cerimonia di purificazione gli permetterà di allontanarsi dai vivi e di proseguire il suo viaggio verso l’al di là. La sciamana taglia un lenzuolo con un coltello, a metafora delle ossa e della carne dell’uomo straziate dalla decomposizione, ma anche a simbolo di ogni legame con la terra e con il tormento del rimorso, recisi senza indugio. Per questo oltre il lenzuolo vediamo ora il fiume scuro fra i giunchi: perché oltre l’acqua che lava via i ricordi e l’attaccamento alle emozioni c’è solo l’oblio.

Un film nel film nel film: da apparente videoclip a colori (in realtà requiem e insieme accompagnamento musicale alla cerimonia funeraria del caro estinto) a esperienza notturna di haunting in bianco e nero, che sfocia in un catartico esorcismo sciamanico a colori, Night fishing si costruisce con un interessante e non banale ribaltamento di ruoli fra l’uomo-padre-perseguitato-cadavere-spirito e la donna-cadavere-figlia-spirito-sciamana.

Nel film l’apporto dell’artista visuale Park Chan-yong, già dedicatosi in passato ai riti sciamanici coreani, risulta forse più determinante rispetto a quello del più famoso fratello Chan-wook, che riesce dal canto suo a ribaltare la tematica della vendetta a lui tanto cara fino a neutralizzarla nel nome di una visionarietà altra, in cui il mondo dei vivi e quello dei morti possano trovare il superamento del dolore attraverso una forma di purificazione scevra dalla violenza che ha contraddistinto la Trilogia della Vendetta. Lungi dall’essere solo un curioso esperimento girato con l’IPhone, Night fishing ha il pregio di introdurre elementi insoliti nell’universo del regista Park Chan-wook e anche quello, non secondario dal punto di vista culturale, di far conoscere meglio al pubblico un aspetto poco noto della Corea del Sud: lo sciamanesimo. Esso rappresenta la religione più antica in questo paese e nonostante il governo la consideri una mera superstizione è ancora largamente praticata nei villaggi di pescatori (in uno di questi è presumibilmente ambientato il film). La maggior parte degli sciamani sono donne (da qui la scelta di avere una protagonista femminile nel film) e il loro compito principalmente è quello di curare le malattie (a questo servono forse gli sputi d’acqua che la donna riversa sull’uomo?) e praticare l'esorcismo contro gli spiriti maligni (cosa che la donna compie nei confronti di quello che credevamo essere un innocuo e solitario pescatore). Esse comunicano inoltre con i morti e guidano gli spiriti dei defunti nell'aldilà (che è precisamente quello che la donna in ultima analisi fa con l’uomo). Spesso, molti degli sciamani finiscono per emigrare in città, portando con sé questo bagaglio culturale che si sta diffondendo nelle realtà urbane cercando di sopravvivere e di trovare qualcuno che lo valorizzi nuovamente. Sicuramente Night fishing contribuirà a dare maggiore visibilità a questa realtà, al contempo rappresentando un piccolo gioiello, in cui tutti gli elementi, musica compresa (sbaglia chi afferma che il preludio musicale degli UhUhBoo Project rallenti il decollo del film), concorrono a creare un requiem-riflessione sulla morte e sul sapersi abbandonare all’oblio, per permettere a chi resta di vivere la propria vita e a se stessi di tornare nell’indistinto mare del nulla.