In campo letterario le tue pubblicazioni si sono indirizzate soprattutto a due generi: quello dell’infanzia (mi riferisco alle tue opere edite da Panda) e quelle pulp. Da dove nasce lo shining per l’uno e per l’altro genere?

Per quanto riguarda la letteratura per l'infanzia amo esprimermi attraverso i generi classici della favola e della fiaba, poiché ritengo che essi rappresentino una sorta di letteratura per così dire “universale” che si rivolge cioè davvero a tutti, dai lettori più piccoli fino agli ultracentenari, e che si esprime attraverso codici linguistici, forme narrative e capacità comunicative che richiamano  cifre e atmosfere più affini alla tipologia poetica che narrativa. Della favola e della fiaba infatti gli aspetti che più amo sono quelli relativi al loro forte potere evocativo e alla possibilità di creare  suggestioni e dimensioni oniriche libere da qualsivoglia rapporto con la realtà. Lo shining per la letteratura noir/pulp invece nasce da un gusto del tutto opposto: mentre infatti nella favola inseguo dimensioni“sublimi”, nel romanzo pulp cerco al contrario di creare dimensioni grottesche, nelle quali trionfano il brutto, la caricatura, la deformazione e gli aspetti più crudi e truci dei personaggi, delle loro azioni e degli ambienti circostanti. Paradossalmente potremmo definirla una sorta di attrazione estetica o fatale potere calamitante per il “brutto”, in una chiave di lettura sempre ironica, tagliente, caustica, sarcastica, politicamente scorretta e soprattutto, provocatoria.

Riporto un passo dal manifesto di Sugarpulp, il movimento letterario di cui sei co-fondatore, da voi promosso attraverso i vostri scritti e il web: «Sugarpulp non accetta le storie di riflessione, i solipsismi, le contemplazioni dell’ombelico.» Un azzeramento totale della riflessione diretta dall’autore al lettore, ovvero solo la riflessione indotta, mediata dall’azione?

É esattamente così, proprio come dici tu. Quando nel nostro manifesto letterario noi barbabietole carnivore affermiamo di rifiutare le storie di riflessione, i solpsismi, le contemplazioni dell'ombelico, intendiamo rigettare quelle opere e quegli autori che “direttamente” inducono alla riflessione e che, ahimé, sono preponderanti  nel custume letterario nazionale. A noi piacciono i narratori che primariamente amano “raccontare storie” senza la necessità di esprimere direttamente riflessioni sociologiche, speculazioni filosofiche o trasmettere messaggi etici, politici, fare denunce sociali et cetera.

Mi piacciono le storie connotate da una sorta di impersonalità poetica dell'autore, nelle quali egli si defila, si mette da parte per lasciare che siano i personaggi e le loro azioni ad essere protagonisti, fuori dai solipsismi e dall'autocentrismo di molti autori che si credono Proust, quando Proust non lo sono affatto.

La territorialità, il senso di appartenenza. Dal tuo libro trapela una caustica critica alla padanità, quella vissuta nel senso più grossolano. Ma, allo stesso tempo, arriva al lettore anche un profondo legame dell’autore verso la sua terra. Non è un caso, immagino, che Sugarpulp sia circoscritto al Nord-Est. É così?

Infatti. Quando dici che dal mio libro trapela una caustica critica alla padanità, dici una sacrosanta verità. Purtroppo la terra in cui vivo è davvero un angolo di mondo pregno di aspetti negativi, di limiti e di ombre, sia da un punto di vista culturale, sia da un punto di vista sociale. E' però anche vero che il Veneto e il Nordest che, va detto, io amo, sono in generale luoghi ricchissimi di risorse, inventiva, intraprendenza, laboriosità, e ingegno. Da queste profonde contraddizioni nasce un elisir che fa assomigliare la mia terra a certi Stati del sud degli Usa, laddove ricchezza e benessere si mescolano, spesso con conseguenze drammatiche, ad una profonda miopia culturale, al bieco razzismo, alla chiusura mentale e alla grossolanità di certa gente.

Sugarpulp nasce per raccontare storie che abbiano come protagonisti questi personaggi contraddittori, queste terre aspre e selvagge, questi contrastanti chiaroscuri sociali.

Si può dire che nel tuo romanzo “Savana Padana” (Zona, 2009) tu abbia mantenuto i principi della poetica di Sugarpulp di azione e dialogo. Tecnicamente, ci racconti qualcosa sul tuo metodo?

Anzitutto io non inizio a scrivere una storia prima di averne in testa una trama abbastanza definita, ancorché approssimativa, dei personaggi abbastanza delineati e ovviamente i luoghi dove si svolge la vicenda. A quel punto inizio a delineare dei capitoli, quindi delle macrosequenze e poi man mano che procedo, tutti i dettagli che definiscono le scene: i dialoghi, le situazioni, i contesti ambientali e tutto il resto. Una specie di albero ad alto fusto, per intenderci: inizio dal tronco, poi passo ai rami principali, quindi a quelli più piccoli, alle foglie e infine ai frutti. Dal generale al particolare.

Come ho scritto in una recensione al tuo libro, presenti un «bazar di personaggi, oggetti e accidenti pittoreschi: due bar, malavitosi locali, cinesi e zingari, carabinieri meridionali» (http://www.thrillermagazine.it/libri/8221/). Qual è l’atteggiamento, in Italia oggi, verso l’alterità?

In prima battuta mi verrebbe da dire che in Italia l'atteggiamento nei confronti dell'alterità è di chiusura, pregiudizio e discriminazione, forse addirittura più circoscritto al meridione che al settentrione. Culturalmente e socialmente il nostro è un Paese assai retrogrado e conservatore, lontano ancora anni luce dagli esempi di tolleranza e rispetto per l'alterità socialmente connaturati ad altre società e culture europee. Questo è evidente. Però in fondo gli italiani sono gente accogliente, caritatevole, tollerante e di buon'animo. Ecco perché secondo me va detto che vi è una sorta di dicotomia tra ciò che gli italiani realmente sono da una parte e il frutto di una loro rappresentazione mediatica dall'altra. É in atto infatti, e ormai da parecchio tempo, una sorta di offensiva mediatica atta a creare allarmismi sociali diffondendo sentimenti di paura, con una propaganda ideata e perseguita scientificamente attraverso fiumi di retorica populista e demagogica il cui risultato è quello di alimentare paure infondate, razzismo  sessismo, xenofobia, e discriminazioni di qualunque tipo. Insomma, un conto sono gli italiani, altro è come qualcuno sta   cercando (peraltro riuscendovi) di trasformarli.

Parto ancora da “Savana Padana” per spaziare in senso più lato. La statua di San’Antonio e le vicende che intorno ad essa si dipanano sono l’apoteosi dell’ibrido tra sacro e profano. Cosa c’è, nella letteratura di oggi, di sacro e cosa di profano?

Di sacro quasi nulla, di sacralizzato troppo, di profano c'è Savana Padana!

Hai fatto leggere il tuo libro ai tuoi studenti?

Certamente. Molti l'hanno letto finendo poi per contagiarne tanti altri in un passaparola straordinario. Devo dire che Savana Padana piace tantissimo ai giovani, sia per la sua caratteristica di poter essere letto quasi un “fumettone”, sia per l'ironia, la velocità, la cifra pulp e le situazioni grottesche che ne caratterizzano l'azione e i dialoghi. Credo che sia il mix fra questi elementi a renderlo spesso irresistibile per i giovani lettori.

Ci racconti qualche reazione curiosa?

Una delle cose che mi hanno dato maggior soddisfazione è stata quella di essere riuscito, grazie a Savana Padana, ad iniziare alla lettura più di qualcuno che fino ad allora non aveva mai preso in mano un libro. Mi spiego: tu sai meglio di me che oggigiorno i ragazzi, e quando dico ragazzi intendo gli under 21 (voglio precisarlo perché in Italia ci si considera giovani anche a 50 anni!), leggono davvero pochissimo. Ebbene, dopo aver letto Savana Padana  molti miei studenti  e altri ragazzi hanno iniziato ad amare la narrativa iniziando a leggere autori come Lansdale, Leonard, Crews e altri. E so che continueranno a farlo perché grazie a questi scrittori e alle loro opere hanno scoperto un mondo affascinante nel quale divertirsi, riconoscersi e scoprire il mondo nel quale vivono. Questa per me è stata la gioia più grande: quella cioè di aver fatto scoprire il piacere della lettura a dei giovani che prima di incontrare Savana Padana nutrivano una diffidenza totale nei confronti della letteratura, identificandola pregiudizialmente con le mummie di Torquato Tasso e di Gianbattista Marino...

Progetti prossimi?

Ho già pronto un altro romanzo, sostanzialmente si tratta di un horror-noir: una storia di formazione criminale raccontata in prima persona dal protagonista, il quale all'epoca dei fatti era un adolescente balordo. L'anno della vicenda è il 1982, lo stesso dei mondiali di calcio in Spagna e di tanta musica pop di successo. I luoghi sono quelli solari delle spiagge di Sottomarina e quelli oscuri e spettrali della laguna nera retrostante il porto di Chioggia, ai confini tra le province di Padova e Venezia. Una storia molto dura.

E poi sto lavorando ad un terzo romanzo del mio filone “polenta-western”. E credo che anche con questo ci sarà da divertirsi parecchio...