Due recensioni al prezzo di una!

No, non siamo impazziti. Non è un’offerta speciale; né abbiamo approfittato del fatto che i due romanzi siano usciti assieme lo scorso settembre per i tipi dell’editore Barbera (suo peraltro anche il romanzo dell’indiano Ravi Shankar Etteth recensito tempo fa su queste colonne. Vogliamo solo avvertire il lettore che, letto il primo libro (che noi consigliamo), il secondo, visto anche il prezzo non proprio economico, si può tranquillamente evitare.

Kerry Greenwood infatti (australiana dalla consueta pittoresca biografia da self-made woman anglosassone) ha voluto diversificare la sua produzione dopo il grande successo in patria della serie  dedicata a Phryne Fisher che addirittura vanta un suo personalissimo sito (www.phrynefisher.com); ma se l’intuizione iniziale che ha dato vita a Delizie terrene è stata a suo modo geniale, già alla seconda prova il respiro s’è fatto corto e non osiamo pensare a cosa ci aspetta alla terza, e per ora ultima, puntata della saga.

La protagonista è Corinna Chapman, quasi quarantenne, rotondetta (lei si definisce in verità “un corpaccione XXL”), alle spalle una vita da commercialista frustrata e un marito immobiliarista assai invadente; il suo presente è quello di una panettiera soddisfatta di Melbourne (Delizie terrene è appunto il suo negozio in Calico Alley) che vive assieme a Orazio, gatto sovrano, e due altri acchiappatopi, Heckle e Jeckle. Una vita che scorre placida fra levatacce all’alba, delizie di tutti i generi sfornate calde calde, i soliti clienti del mattino, i pomeriggi in vasca da bagno o sulla terrazza dell’insolito condominio Insula, progettato da un architetto innamorato pazzo dell’antica Roma; e dopo cena niente vita mondana e a nanna presto; di norma è in pace col mondo intero, tranne che con George W. Bush di cui non apprezza l’interventismo militare su scala planetaria. In negozio le danno poi una mano due ragazze, Kylie e Gossamer, il cui sogno di candidate all’anoressia è quello di sfondare in tv, magari come attrici di soap.

Un bel giorno scaricano davanti al suo negozio una drogata e Corinna riesce a rianimarla prima che arrivi l’ambulanza: da allora entrano nella sua vita il fascinoso Daniel Cohen, ebreo che fa il buttafuori in un gruppo di volontari che allestiscono una mensa itinerante per i reietti di Melbourne; e Jase-Jason un ragazzino che si buca e al quale la simpatica cicciona dà del lavoro e da mangiare. Contemporaneamente arrivano però lettere minatorie che hanno come bersaglio le donne che vivono nel palazzo: condominio invero assai bizzarro se, oltre a Corinna stessa, vi abitano la strega Meroe; una dark lady – ribattezzata Crudelia – fasciata di pelle dalla testa ai piedi; il professor Dion squisito letterato amante di Giovenale; una coppia in cui lei domina spietatamente il marito; un uomo che ha perso la figlia Cherie, scomparsa dopo una violenza subita in famiglia; un gruppetto di smanettoni unicamente dediti al pc e qualche altra figura a dir poco originale.

Intanto stanno facendo fuori in giro anche un bel po’ di giovani drogati e Corinna, che comincia a innamorarsi del bel Cohen (a cui piacciono, controcorrente, le donne in carne), si dà da fare per smascherare i responsabili sia delle morti che delle lettere con l’aiuto dell’ispettore capo Micky White, ribattezzata Mantide dalla faconda Corinna.

Qual è il problema, direte voi.

Il problema è che c’è troppa carne al fuoco: da residui di romanzo d’appendice (la figlia perduta che ritorna e il giovane tossicomane redento) alle tentazioni del “rosa” (la love story tra Corinna e Daniel); dall’inevitabile coinvolgimento culinario (a fine lettura saprete tutto sui muffin!) a insistenti digressioni sul mondo dei felini; dalla sbandate sado-maso (persino Corinna entra in un club vestita come l’amica lady Crudelia!) a quelle per la magia bianca; per non parlare delle tirate anti-Bush o del bizzarro amore per la latinità. Quel che manca è proprio la suspense: la storia fila via senza troppi scossoni e alla fine ci rimane in bocca il sapore amaro di una sfida fallita.

Ed è proprio Piaceri divini a confermare questa sensazione: stavolta c’è di mezzo un negozio di raffinati cioccolatini (“Piaceri divini”, appunto) di Juliette e Vivienne Lefebvre alle quali un misterioso sabotatore inquina i loro prelibati prodotti artigianali con delle salse piccanti. Anche stavolta c’è una seconda pista che s’intreccia alla prima: un signore dal passato oscuro che è venuto ad abitare nel condominio Insula e che è fatto oggetto di attentati e pesanti attenzioni da parte di alcuni gangster. Solo che la freschezza del primo romanzo s’è persa per strada: Daniel si è trasformato in un placido amante e in un improbabile detective al servizio delle cioccolataie; il palazzo si è arricchito di altri, improbabili inquilini (tra cui la coppia omosessuale cinese di Jon e Keplero), l’autrice insiste spietata su muffin, gatti e godurie culinarie ed erotiche, spinge il pedale dell’esoterico (oltre alla strega stavolta c’è anche uno pseudoindemoniato), ma, incredibile a dirsi, fino alle ultime pagine non c’è neppure un morto.

E non ci si può consolare neppure con un credibile (ed esotico per noi) fondale australiano: Melbourne è talmente anonima nella sua caratterizzazione che potrebbe benissimo essere scambiata per una metropoli canadese o statunitense.

E così anneghiamo dolcemente e malinconicamente nella melassa delle calorie e dei sentimenti, sperando invano in un bel bagno di sangue purificatore.

Non vi stupite quindi se, tutto sommato, la nostra panettiera non riesce a raggiungere la sufficienza…

Voto: 5.5