Sepolti dall’ondata di piena provocata da Il Codice Da Vinci di Dan Brown e dalle (troppe) chiacchiere che hanno preceduto e seguito non solo il romanzo ma anche il recentissimo film, molti di noi hanno forse sottovalutato un altro, ben più straordinario successo editoriale di questi ultimi anni, L’ombra del vento del giovane (classe 1964) autore catalano Carlos Ruiz Zafón che ci fa riconciliare con il mondo dei libri.

L’autore, quasi del tutto sconosciuto (al suo attivo qualche libro per ragazzi e una promettente, ma nulla più, carriera di sceneggiatore a Los Angeles) nel 2001 pubblica il libro che ben presto scala la vetta delle classifiche di vendita in Spagna grazie al passaparola dei lettori entusiasti della vicenda: e poi parte alla conquista del mondo. Solo in Italia in due anni siamo arrivati alla 32ª edizione rilegata e non si annuncia all’orizzonte nessuna edizione economica, segno che il titolo ancora tira. E su internet, accanto al sito ufficiale (del libro, beninteso: www.lasombradelviento.net), i forum continuano riversare sul web giudizi entusiastici o sprezzanti: L’ombra del vento non conosce i mezzi termini anche nel gradimento dei lettori.

Ruiz Zafón, infatti, seguendo una linea editoriale affermatasi da tempo, miscela diversi generi letterari: c’è il romanzo d’indagine anche se l’unico poliziotto della vicenda, Francisco Javier Fumero, è un maledetto killer psicopatico; c’è il romanzo storico con la Barcellona della prima metà del secolo scorso, coi suoi antichi quartieri maleodoranti e le nuove zone residenziali, attraversata dai violenti spasimi della Guerra Civile; c’è il feuilleton con torbidi intrecci familiari, agnizioni ed eroi dalla duplice identità (Julián Carax alias il demoniaco Laín Coubert); c’è il romanzo sentimentale con le giovani e meno giovani fanciulle (la cieca ed eterea Clara Barceló, la matura ma appassionata Nuria Monfort, l’adolescente e sfortunata Penélope Aldaya, la calda e coraggiosa Beatriz Aguilar) che si consumano in amori tempestosi e non di rado tragici; e c’è il romanzo di formazione del giovane protagonista, Daniel Sempere, che, “adottando” nelle prime pagine del romanzo, secondo un antico rituale ereditato dal padre libraio antiquario, un libro di un autore misconosciuto (L’ombra del vento di Julián Carax), finirà per condurre un’indagine sul misterioso autore che si rivela una scoperta di se stesso e delle sue pulsioni più profonde.

È quasi impossibile, e non sarebbe giusto nei confronti dei lettori, ricostruire l’intricatissimo intreccio, fatto di sovrapposizioni, digressioni, flash-back che mettono a dura prova l’attenzione del lettore: ed è questo l’elemento che produce in alcuni (e non siamo tra questi) un intollerabile senso di sazietà e perfino un sentore di corrività hollywoodiana e in molti altri la gioiosa attesa del colpo di scena che animava le appendici ottocentesche qui rievocate con ben altra malizia narrativa.

Le passioni in questo romanzo sono estreme: amore, odio, amicizia (indimenticabile la figura di Fermín Romero de Torres, ex collaboratore del governo repubblicano catalano, poi barbone e infine amico e collaboratore del protagonista), gelosia e su tutto la passione furibonda per la letteratura nel cui nome si apre e si chiude il romanzo in quel rito di iniziazione attraverso il quale si sceglie il libro da adottare per la vita, il libro di una vita.

E anche il libro finisce per suscitare passioni estreme: della qual cosa, una volta tanto, non ci vergogniamo.

 

Voto: 8.5