Bellissimo.

Questa è la sensazione che si ha dopo aver finito di leggere questo impeccabile polar francese di Hughes Pagan.

Pagan indubbiamente sa come si scrive una buona trama per un noir: in questo caso la vicenda si snoda alla ricerca della verità sul presunto suicidio di un senatore e la caccia ad un floppy disk che potrebbe alzare il velo sulla ragnatela di rapporti tra malavita e mondo politico. Una storia tesa, padroneggiata con sapienza, nella quale si trova la giusta dose di poliziotti corrotti, funzionari in odor di spionaggio, malavitosi: non a caso Pagan è stato ispettore della Polizia parigina.

La notte che ho lasciato Alex è un romanzo notturno: lo è nella sua ambientazione cromatica, lo è nella condizione umana dei personaggi che lo popolano, primo fra tutti Chess, il protagonista, che ha scelto quel turno in contrapposizione al mondo corrotto dei suoi colleghi poliziotti che vivono di giorno.

La notte è questo: un’altra dimensione della bellezza, fatta di colori smorzati e cupi, di omicidi, di rifiuto radicale dei compromessi e incapacità di accettare le regole del gioco, è fatta di blues.

La bellissima Alex fa irruzione in questo mondo come uno spiraglio di luce: vitale, del tutto inaspettata, alla ricerca di una purezza che fa intuire la possibilità di qualcosa di diverso, di una nuova possibilità. Chess potrebbe anche crederci, se non fosse che il passato torna ineluttabile a saldare in conti.

La scrittura di Pagan è essenziale, a tratti sincopata: l’autore non sente la necessità didattica di spiegare, non spreca inutilmente parole per condurre il lettore là dove vuole che questi arrivi. Pagan lascia che siano le sue frasi, le sue descrizioni secche a portarci agli stati d’animo dei protagonisti con una capacità - che è molto più degli scrittori che delle scrittrici -  di rappresentare i sentimenti nella loro essenza, senza concessioni all’inutile retorica: ne deriva un’intensa sensazione di trovarsi di fronte ad una poesia aspra, malinconica, violenta. Priva di speranza, a tratti, eppure “innocente” nella sua disillusione.

La notte e il blues sono per Pagan ciò che per Jean Claude Izzo è Marsiglia: co-protagonisti a tutti gli effetti del romanzo, elementi indispensabili per creare la giusta sensazione, la giusta atmosfera. Più che elementi concreti, sono una condizione dello spirito.

La traduzione di Jean Pierre Baldacci e Luca Conti rende perfettamente questo romanzo in buona parte fatto di sensazioni: ancora una volta Meridiano Zero si conferma come casa editrice di gusto raffinato e sicuro.

La notte che ho lasciato Alex chiude la trilogia iniziata con Dead End Blues e Quelli che restano: si può però dire che con questo ultimo capitolo Pagan, premiato con il Prix Mysteré de la Critique, ha fatto un ulteriore salto di qualità con un romanzo sorprendente, rigoroso, struggente.

Semplicemente, bellissimo.