Misty di per sé non vorrebbe fare la pittrice, o perlomeno non vorrebbe farlo più. Si trova però di fronte a una di quelle che scelte che non si possono rifiutare. Perché Misty non è sola: Misty fa parte di una comunità molto particolare, una cittadina che sorge su un'isola dalla forma curiosa e composta tutta da famiglie discendenti dei primi coloni americani, con un fortissimo attaccamento alla tradizione e ai propri possedimenti. E hanno soprattutto un interesse molto preciso nei confronti di Misty: che riprenda a dipingere e dispieghi tutto il talento che ha.

Misty non è in condizioni di poter rifiutare. La figlia la sta lasciando per legarsi a sua suocera - una delle suocere più ficcanaso, antipatiche e ladre d'affetti che la storia ricordi. Quanto al marito, be', è in coma dopo un tentativo di suicidio. Nessuno sa se si riprenderà, ma intanto Misty scrive. E quello che leggiamo è appunto il diario della sua vita e del suo passato, un diario rivolto al marito, un po' come facevano le mogli dei marinai per aggiornarli su quanto era avvenuto nel corso della loro lunga assenza.

E non è certo finita qui, perché ci sono altre cose molto strane che stanno accadendo. C'è Angel, un enigmatico abitante dell'isola appassionato di grafologia e di Sindrome di Stendhal, che ronza attorno a Misty con un interesse crescente; e ci sono soprattutto le case ristrutturate dal marito di Misty, che all'improvviso sembrano avere qualche stanza in meno. Stanze perfettamente murate, dentro alle quali la mano di qualcuno ha scritto sul muro messaggi apocalittici e sibillini...

Inizia così questo romanzo di Chuck Palahniuk, autore di culto divenuto celebre dopo il geniale adattamento cinematografico del suo primo romanzo, Fight Club. Lo stile particolarissimo di Palahniuk si ritrova anche qui in Diary, con lo stesso piacere che si può avere nell'incontrare nuovamente un vecchio amico. Abbiamo ancora un io narrante spersonalizzato, allucinato, filtrato da mille ossessioni e formule ricorrenti; un io con seri problemi a rapportarsi col mondo esterno. O forse i problemi sono appunto del mondo esterno, che ha in serbo sorprese – è il caso di dirlo – davvero esplosive...

Al tempo stesso, Diary riesce a essere qualcosa di leggermente diverso rispetto ai romanzi precedenti. Il tono è più dimesso e intimista, la storia si muove su un livello più personale, legato alle relazioni tra i personaggi, anche se non mancano certo le apocalissi conclusive a cui ci ha abituato questo autore; per una volta però esse non sembrano costituire il fulcro di tutto il libro. In ultima analisi una storia convincente, che prende il lettore e lo trascina in una spirale allucinante di caos e irredenzione.