Per l'iniziativa "Estate 2018: Leggiamo italiano" ho incontrato un autore instancabile che si divide fra romanzi, fan fiction e blog.

Il primo ricordo che ho di Moreno Pavanello risale alla metà del luglio 2015, quasi esattamente tre anni fa. Ero seduto nell'afosa ed affollata sala d'aspetto del dottore, ma il tempo è volato leggendo la recensione della serie TV svedese Real Humans, sul blog appena scoperto Storie da birreria. Non ricordo come l'ho conosciuto, probabilmente ho letto i suoi interventi nei commenti di latri blog che seguivo, ma ricordo che anche in quella situazione tutt'altro che piacevole è stata una lettura appassionante e mi ha fatto dimenticare la visita medica. Cosa si può chiedere di più ad uno scrittore?

Da allora non passa giorno che non vada a dare un'occhiata alla sua "birreria", dove si possono trovare recensioni e segnalazioni sugli argomenti più impensabili.

Per chi non ti conoscesse, chi è Moreno Pavanello detto Il Moro e quale cocente passione muove uno scrittore come te?

Blogger, scrittore, papà: tre parole per dire un mucchio di cose. Per chi non mi conosce, il mio blog racconta molto di me, non in maniera diretta, ma leggendolo si può capire quali siano le mie passioni. Per quanto riguarda la mia attività di scrittore, io non scrivo (solo) per passione: ho la ferma intenzione di diventare ricco e famoso!

Lo scorso maggio per Delos Digital hai presentato il romanzo "Chaveyo", scritto insieme a Luigi Iapichino: è un western, come dice l'etichetta, o conoscendoti ci hai inserito qualche elemento fantastico?

Mi conosci bene, eh? Da una parte il romanzo è il più possibile realistico: posso dire che la parte di documentazione mi ha preso più tempo di quella di scrittura, nella speranza di ottenere un'ambientazione più storicamente precisa possibile. Tanto che, nella postfazione, ho specificato in quali punti ho dovuto piegare un po' la Storia alle esigenze della trama. Ma la figura del cattivo, il Chaveyo, è un po' borderline. È solo un folle con una maschera o ha davvero ceduto il suo corpo a uno spirito ancestrale? Leggendolo, forse, lo scoprirete.

Sei uno storico appassionato dei fumetti di Tex e Zagor, dove il western classico è stato spesso "contaminato" da elementi fantastici: che ne pensi del genere chiamato "weird western"?

Amo il weird western! Il western è un'ambientazione particolare che, per quanto limitata, sembra non esaurirsi mai. Ed è perfetto per incastonarci elementi "weird", o anche solo horror, o fantastici, o fantascientifici… Insomma, il west della frontiera è un territorio immenso e pressoché inesplorato, dove si muovono pionieri equipaggiati solo di armi antiquate e incoscienza. Chi può dire cosa si nasconda in quelle infinite, misteriose vallate? Credo che Zagor sia l'esempio migliore di quanto l'inserimento di elementi fantastici nel western possa portare a risultati eccezionali, ma c'è un altro personaggio, sempre della Bonelli, che ha fatto anche di meglio: si tratta di Magico Vento, nel quale gli elementi fantastici sono sempre profondamente legati alle tradizioni indiane. Ma anche molte storie dell'inossidabile Joe R. Lansdale appartengono a questo filone e hanno contribuito al suo successo, e ricordo anche con piacere alcuni racconti di Robert E. Howard. Non è escluso che io stesso possa tornare sul tema presto o tardi, qualche idea già ce l'ho…

A proposito di Tex e Zagor, ai due noti personaggi Bonelli hai dedicato la fan fiction gratuita "La valle nascosta": vuoi parlarcene?

Sei indietro: nel frattempo le fanfiction sono diventate ben due!

Non amo scrivere fanfiction, in genere, e il motivo è molto semplice: non posso farmele pagare! Ma frequento alcuni gruppi Facebook dedicati a Tex e Zagor, nei quali spesso si chiede a gran voce alla casa editrice un incontro tra i suoi due personaggi più rappresentativi. Un incontro che, secondo me, sarebbe meglio non vedere. Non amo in generale i team-up tra personaggi, forse perché gli autori devono in questi casi sottostare a una quantità di "paletti" impressionante, facendo in modo che i personaggi abbiano lo stesso peso, cercando di accontentare i fan di entrambi, eccetera. E devo dire che lo schema "si incontrano-se le danno per un po'-capiscono di essere dalla stessa parte…", ecco questo schema per me può finire allegramente fuori dalla finestra (e nemmeno Zagor ne è rimasto immune, nel dimenticabile team-up con Dragonero). Credo che ad oggi il miglior team-up che ho letto sia quello tra Nathan Never e Martin Mystere, "Prigioniero del futuro". Poi ci sono anche delle splendide pagine di fumetto dove Batman incontra Superman o viceversa, ma sono sempre all'interno di storie di uno dei personaggi dove l'altro ha una parte secondaria.

L'idea di una storia che coinvolgesse tutti e due i personaggi, quindi, mi si è presentata come una sfida: come superare il divario temporale tra i due, come non cadere nei soliti cliché, e come allo stesso tempo riuscire a non scontentare i fan di entrambi i personaggi? Una sfida intrigante, che ho deciso di cogliere, e il risultato è scaricabile gratuitamente.

La seconda fanfiction è meno nota, perché per il momento (fino a che non avrà una copertina) "gira" solo all'interno degli stessi gruppi di cui si parlava sopra: si tratta di "Una notte a New York", dedicata a Supermike, uno dei nemici storici di Zagor. Esiste un gruppo Facebook dedicato a Supermike, e ho scelto di lanciare al suo interno un gioco: ho scritto il primo capitolo con alla fine due opzioni tra cui scegliere, e l'ho pubblicato in forma di post su Facebook. I membri del gruppo hanno votato scegliendo come sarebbe dovuta proseguire la storia e io ho scritto il capitolo successivo di conseguenza, per un totale di 11 capitoli. Anche questo è stato un esperimento interessante.

La fan fiction western non è certo nuova nel tuo curriculum: mi riferisco ad "Attento Trinità… arrivano i vampiri!" Quanto ti sei divertito a scriverlo?

Credo che tu possa immaginarlo!

Ho amato i film della coppia Bud Spencer e Terence Hill, come più o meno chiunque credo, anche i primi spaghetti western non comici. Tanto da volerne ancora. Purtroppo il tempo che passa ha reso impossibile rivedere i due attori sul grande schermo negli stessi panni in cui abbiamo imparato ad amarli (la stesura del racconto è precedente alla dipartita di Bud Spencer), ma la carta stampata (o virtuale) non conosce di questi limiti. Rivederli in azione è stato emozionante anche per me mentre scrivevo. Non ho saputo rinunciare, poi, a inserire un elemento soprannaturale: la bizzarra versione cinese del mito del vampirismo, gli jiangshi, trattati in molti film orientali, tra i quali consiglio la saga di Mr. Vampyre, che mixa botte e comicità proprio come i film nostrani di Bud&Terence.

Avrei ancora qualche idea per questi personaggi, ad esempio mi piacerebbe vedere Bud Spencer e Terence Hill nelle vesti di "camionisti spaziali" in un'ambientazione fantascientifica, ma per ora queste idee sono destinate a rimanere nel cassetto.

Insieme a MaXalla sei autore del ciclo Ucrònia, iniziato nel 2016 con "Gladiator Kibernetes" ed arrivato se non sbaglio al sesto episodio: puoi raccontarci questa saga senza "bruciare" i colpi di scena?

Potrei stare ore a parlare di Ucrònia.

Il primo racconto nacque per un concorso letterario (al quale arrivò secondo) sul tema di uno sport fantascientifico violento. In seguito, con alcuni aggiustamenti e l'arrivo di MaXaIIa, ne facemmo l'inizio di una saga ambientata in un mondo forse poco credibile, ma che ci affascinava: un 1200 alternativo in cui le varie civiltà che popolano il mondo sono in possesso di tecnologie differenti, e non compatibili tra di loro. Così abbiamo dei vichinghi che potenziano i loro corpi con sostanze chimiche ricavate dalle alghe e che vivono in mare su immense navi-montagna; i mongoli di Gengis Khan che dominano l'Asia grazie al potere dei naniti nel loro sangue; l'impero Giapponese che osserva il mondo dall'alto delle sue città di luce in cielo; un impero romano in cui la cibernetica rende semplice e vantaggioso sostituire arti e varie parti del corpo… E altro ancora.

I primi racconti del ciclo mi vedevano come autore principale, e MaXalla contribuiva scrivendo alcuni racconti complementari, come la stessa vicenda da un altro punto di vista o simili (oltre che realizzando quasi tutte le copertine); in quelli più recenti la collaborazione si è fatta più stretta e, sebbene ogni volume contenga sempre un mio racconto che potremmo definire "principale" e uno (o due) di MaXaIIa definibili "complementari", comunque ogni sviluppo della vicenda è deciso da entrambi a tavolino.

I racconti sono leggibili a sé stanti, ma arrivati al sesto possiamo dire che c'è comunque una trama orizzontale che si sviluppa in tutti, e che prima o poi la saga avrà una conclusione. Il prossimo sarà ambientato nella città di Theotihuacan, dove i soldati dell'impero Maya alla guida dei loro colossi di pietra dovranno affrontare un mostro terrificante…

Da anni sei attivo nel mondo dell'editoria digitale. Fermo restando che i libri cartacei piacciono ancora a tutti, non pensi che questa nuova realtà abbia dato più possibilità di emergere ad autori appassionati, che non sempre sarebbero riusciti ad arrivare a blasonate case editrici?

Assolutamente sì. Le case editrici che hanno abbracciato il digitale (sia in totale sia affiancandolo al cartaceo) hanno ovviamente molti meno costi di produzione e distribuzione, il che (in teoria) permetterebbe di provare a lanciare sul mercato anche storie e autori lontani dal "mainstream", e di adottare logiche di selezione non puramente commerciali. Abbiamo notato tutti come gli scaffali delle librerie si siano riempiti di cloni di quello o quell'altro libro di successo negli ultimi anni, vero? Questo è perché il costo della carta e della distribuzione obbliga gli editori a investire sul sicuro (poi ci sarebbero anche da fare un paio di discorsi paralleli sui gusti del lettore e sul rispetto della sua intelligenza, ma lasciamoli per un'altra volta). Togliendo questi costi, forse è possibile trovare spazio anche per qualcos'altro.

Un'altra questione simile è quella legata all'autopubblicazione. Se da una parte è vero che si è dato il via a una quantità esagerata di spazzatura, che rischia di squalificare il lavoro di qualsiasi self publisher, dall'altra è vero che questo apre un nuovo ventaglio di possibilità per gli autori, non solo legato alle maggiori royalties. Personalmente, se possibile preferisco pubblicare con casa editrice per poter approfittare dei loro canali pubblicitari (ad esempio presentazioni all'interno di fiere ed eventi), ma per altre cose, come le fan fiction di cui parlavamo sopra, l'autopubblicazione è quasi obbligatoria. Per Ucrònia, in particolare, l'autopubblicazione è stata la prima scelta, proprio per la natura seriale della saga, composta da racconti medio-lunghi: un tipo di pubblicazione che è molto più difficile da gestire con una casa editrice, che preferisce romanzi o racconti "singoli" da inserire in raccolte.

Tutti i blog che danno buoni consigli dicono che per un autore esordiente aprire un blog è il primo passo per una buona promozione dei propri libri. Con me non ha funzionato (i miei blog hanno molto più "successo" dei miei eBook!) invece a te come è andata? Il tuo mitico blog "Storie da birreria", precedente ai tuoi libri, è una buona "piattaforma di lancio"?

La storia del mio blog è particolare: in origine doveva essere una specie di blog-racconto, dove sviluppare a puntate una storia ambientata in una birreria, scritta insieme a Luigi Iapichino (co-autore di Chaveyo). Varie vicissitudini hanno poi portato a trasformarlo in un blog "normale".

Diciamo che un autore deve avere un sito dove raccogliere le proprie opere. E se non sei Stephen King, il sito te lo devi fare tu. Non funziona tanto bene come "lancio", per quello meglio insistere sulle piattaforme social, ma deve esserci comunque un contenitore in cui accentrare il tuo lavoro e in cui un lettore interessato possa trovare ciò che ti riguarda. Io, poi, ho scoperto che bloggare mi piace, quindi uso la piattaforma sia per parlare dei miei eBook sia di tutte le altre mie passioni.

Questa estate ti ritaglierai una vacanza di stacco totale dalla scrittura o comunque terrai sempre la penna (o la tastiera) a portata di mano anche in ferie?

Niente penna e niente tastiera: touch screen. La tastiera è di certo meglio, ma in mobilità il mio tablet può benissimo fare la sua parte (e anche lo smartphone, a volte). Se potrò, scriverò anche in vacanza: già è poco il tempo che riesco a dedicare alla mia passione principale, se poi mi fermo anche per le ferie…

Per finire, ti chiedo un consiglio triplo per i lettori: un luogo da visitare questa estate, un film da vedere (di qualsiasi periodo) e un libro da leggere in vacanza (oltre ovviamente al tuo romanzo).

Il mio suggerimento per il luogo è quanto di più banale possa esserci: Roma. Lasciando perdere le buche, la politica e tutto il resto, ma cercando di respirare la "Storia". Tutta l'Italia trasuda di Storia (non lo sto scrivendo con la S maiuscola a caso, ovviamente), ma Roma è dove tutto questo è più evidente, dove la Storia si fonde con la modernità in modi a volte scioccanti. Andate a Roma, e cercate di percepire la grandezza e l'importanza di tutto ciò che è avvenuto in quella magnifica città.

Film: mi sento di rimanere sul tema del western, e consigliare un film che è tra i miei preferiti di sempre, sebbene non abbia raggiunto il grado di notorietà di molti altri suoi simili: Il mio nome è Nessuno (1973), con Terence Hill e Henry Fonda.

E per quanto riguarda i libri, qualcosa di leggero. Cercate una qualsiasi raccolta di racconti di Fredric Brown. Non ve ne pentirete.

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Chiudo ricordando la pagina Amazon dei titoli di Moreno.