Far East Film, il festival popolare del cinema asiatico, non vuol dire soltanto cinema: per otto giorni, infatti, la città di Udine ospita anche una serie di eventi paralleli quali mercatini, cosplay contests, laboratori su discipline asiatiche, serate a tema e anche mostre, con l’intento di avvicinare sempre più persone all’universo asiatico attraverso la creatività e il divertimento.

Quest’anno, in parallelo con il festival del cinema, dal 25 aprile al 3 maggio, si possono visitare due curiose mostre gratuite: la prima è al cinema Visionario, via Asquini 33, aperta tutti i giorni dalle 15 alle 20.

S’intitola Kakemono: a cavallo di due secoli ed è a cura dell’Associazione ItaliaOriente, fondata nel 1988. “Kakemono” (letteralmente: “cose appese”) sono dei dipinti o calligrafie giapponesi realizzati su supporti di carta o seta morbidi, appesi stagionalmente alle pareti di una stanza per influenzarne l’atmosfera e includono solitamente elementi naturali quali peonie, uccelli, tartarughe e paesaggi. In occasione del suo venticinquesimo anniversario,

l’Associazione ItaliaOriente ha deciso di condividere con gli ospiti del FEFF 16, i visitatori del Visionario o i semplici curiosi dell’universo Oriente alcuni dei pezzi originali raccolti e collezionati nel corso degli anni.

I rotoli presenti al Visionario ci accompagnano con semplicità e grazia dentro l’elegante poesia della pittura e della calligrafia, come il dipinto su seta “La montagna di Tatsuta” del 1843, o la pittura su carta “La peonia e il passero” del 1886.

Lasciato il Visionario e avviandosi verso il centro, una sosta alla Galleria Tina Modotti, l’ex mercato del pesce in via Paolo Sarpi, può rivelarsi un divertente diversivo: dentro troviamo Fakè, una piccola mostra sulla “contraffazione” cinematografica e insieme un omaggio all’Oriente.

Curata da Wega-on-web e dal team Graphic players, la mostra vede protagoniste alcune locandine di film occidentali famosi ritoccate al sapor d’Oriente: vedrete ad esempio The Godfather di Francis Ford Coppola assumere le sembianze di Daisuke Jigen, celebre personaggio della serie Lupin III, o la battaglia di 300 filmata da Zack Snyder riletta in chiave cinese come L’alba di un impero di terracotta. Un tributo d’inchiostro, grafica e celluloide intinto nel sakè e insieme un inno al fake non tanto come contraffazione (e quindi con accezione negativa), ma come “imitazione”, concetto che in Oriente ha delle implicazioni molto elevate dal punto di vista filosofico perché cela un voler camminare nel sentiero tracciato dal maestro che si imita fino a fondersi nel suo stile eguagliandolo.

Due piccole mostre a cui dedicare i momenti di relax e pausa tra un film e l’altro del Festival ma anche due porte ulteriori affacciate sul mondo multicolore dell’Oriente e sui possibili modi di osservarlo.