Diverso tempo prima che Chance Renard diventasse Il Professionista già la sua mitologia si andava formando nel mio universo fantastico. Abbiamo parlato dell’Oriente, della Corsica e dei suoi banditi con le leggende, i riferimenti cinematografici e narrativi.

A metà degli anni ’80 scrissi un racconto di una trentina di pagine che aveva per protagonista questo sicario dell’Unione Corsa, il Luparo, unico sopravvissuto allo sterminio della sua famiglia che si faceva rifare la faccia e tornava a prendersi la sua vendetta. Era una storia avventurosa che mi spiaceva lasciare relegata nelle poche decine di pagine di un racconto. In seguito ne scrissi un romanzo più e più volte letto e revisionato, opera forse ancora giovanile e, nella sua prima strutturazione, forse immatura. Il titolo doveva essere Faccia di pietra ma quando uscì negli Oscar Originals nel 1993 (dopo diversi altri romanzi già pubblicati) venne intitolato Pista cieca e così rimase anche nella versione che considero definitiva, riproposta alla fine di quel decennio in uno speciale di Segretissimo.

       

Pista cieca è uno dei romanzi della mia prima fase cui sono più affezionato, pur con le difficoltà di struttura dovute a volte a riscritture stimolate da critiche che oggi mi paiono non del tutto fondate.

Quando lo proposi per la prima volta, parlare di avventura spionistica italiana era quasi un sacrilegio. Lo pseudonimo Stephen Gunn nasce proprio da questo libro. Un po’ Ben Gunn, il pirata lasciato su un’ isola deserta dai suoi compagni nel romanzo L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson: d’accordo, concedetemi questa ingenua metafora. Così mi sentivo, un po’ sommerso da critiche, osservazioni delle quali dovevo tener conto ma che mi pareva centrassero davvero poco con il romanzo in sé. Pensate che in una primissima fase provai a proporlo anche come soggetto a fumetti per una notissima casa editrice ricevendo (era la metà degli anni ’80) quasi un “vade retro, Satana” dal direttore editoriale che considerava il mix mafia (che fosse corsa non importava) e spionaggio, un miscuglio letale per il fumetto. Forse aveva ragione, forse no.

Più difficile da digerire erano certe osservazioni stilistiche di altri editor che cercavano romanzi letterari e proprio non ci arrivavano a capire che per l’avventura il linguaggio era forzatamente più simile a quello secco hard-boiled americano che alla bella pagina dei testi “alti” italiani. Insomma Pista cieca arrivò alla fine negli Oscar con un titolo che ancora oggi mi resta incomprensibile, ma nella versione che mi sono battuto per ottenere, svicolando anche un tentativo di trasformarlo in un romance. Certo la versione successiva, pur essendo un po’ più breve, pone rimedio ad alcuni errori (non vi dirò quali...) che quasi nessuno aveva notato, ma è essenzialmente quello il romanzo che avevo in testa. Un mix di nero, di spy di avventura che ha uno stretto legame con il Professionista.

Marc Bastien, il protagonista, tornerà come comprimario in Ora Zero e soprattutto Ermelinda “Linda” sarà al fianco di Bruno Genovese sia in L’ombra del Corvo che nella saga di Montecristo e, recentemente, ha fatto pure capolino in un episodio del Professionista. Ci sono le suggestioni della Corsica, e dell’Oriente ma c’è, nella fase “ligure” già l’idea di come inserire l’ambientazione italiana nella vicenda spionistica.

Pista cieca, negli anni in cui lottò per venire alla luce divenne quasi un’ossessione, tanto che sia il mio primo Segretissimo Sopravvivere alla notte che Giungla mortale ne subirono influenze. In entrambi poi troviamo il personaggio del Marsigliese che fu uno dei cardini delle prime stagioni del Professionista.

Il Luparo (che poi fu la riedizione riveduta, allungata e corretta pubblicato nel volume fuori serie Professional Gun e appare come un racconto di Chance stesso) era un concentrato dei tempi di Pista cieca e di Lacrime di Drago. Nell’edizione mondadoriana divenne più lungo, più articolato e i legami con la saga del Prof si fecero sentire più significativamente. Ovviamente ci furono altri tentativi più o meno riusciti.

         

La breve serie dedicata a Julius Colleoni pubblicata dalla Garden Editoriale a firma Frederick Kaman (della quale dBooks.it ha riproposto due anni fa Appuntamento a Samaringa in una versione rivista e tutto sommato gradevole) era una prova generale per un eroe seriale per Segretissimo. Ricordo di aver venduto (e purtroppo mai realizzato) a Luigi Bernardi (apro e chiudo un piccolo OT: Luigi era uno che, anche quando la pubblicazione si prospettava difficile e laboriosa, nei fumetti accade spesso, pagava subito lo sceneggiatore. Signori si nasce... non dico altro) un serial a fumetti che forse era troppo lungo perché qualche disegnatore volesse impegnarsi con il lavoro di uno sconosciuto, dal titolo Agente di nessuno, che certamente aveva degli elementi che poi ho sviluppato nel Prof. Ma fu proprio in quegli anni che proposti a Luigi per Granata Press i soggetti per i primi tre episodi di una serial intitolato proprio Il Professionista. Erano tempi difficili (quando mai non lo sono stati?) e il serial non si fece.

Fu a quell’epoca che il direttore delle collane da edicola mi chiese di creare un personaggio da accostare a SAS e io mi misi al lavoro trasformando il Professionista da soggetto per i fumetti in romanzo facendomi forte dell’esperienza accumulata in quel periodo. I primi due episodi, Raid a Kouru e L’eredità Cargese, corrispondevano più o meno a quelli per i fumetti, il terzo (si intitolava Missione a Tsavo, una storia di mercenari) andò perso, sostituito da Appuntamento a Shinjuku che poi è il romanzo in cui ho cominciato con reale convinzione a lavorare alla serie.

I collezionisti lo sanno, ma le versioni che avete letto nel Professionista Story sono piuttosto diverse da quelle originali del 1995. In particolare L’eredità Cargese era più scarno, un po’ meccanico. Volendo effettuare un reboot della serie, perché di questo si trattava, li ho quasi riscritti completamente. E, in effetti, mentre la serie originale prosegue, magari agganciandosi come è il caso di La Triade di Shanghai a fortunati romanzi del passato quali Lacrime di Drago, le ristampe anche nell’ordine, con l’inserimento di episodi inediti di varia lunghezza, le memorie di Stéphane Renard, riscrivono l’epopea del Professionista, senza sconfessare nulla, ma ampliando, esplorando territori che all’epoca magari già intravvedevo ma erano rimasti inesplorati.