Noto a molti come l’imprenditore teramano che ha cresciuto generazioni di fanciulli attraverso la sua ludo didattica (didattica attraverso il gioco), il professor Giuseppe Lisciani si concede in una piacevolissima intervista per parlare della sua passione per la scrittura.

Presidente del Consiglio d’amministrazione del gruppo Lisciani e fondatore del Centro di ricerca Lisciani, è stato insignito della medaglia al merito educativo del Presidente della Repubblica. Collaboratore della cattedra di Pedagogia del Prof. Mauro Laeng dell’Università la Sapienza di Roma, è stato docente presso la Scuola Superiore per Educatori di Comunità e per un decennio direttore della rivista «La vita scolastica» (Giunti Editore). Tra le sue opere più importanti citiamo Pedagogia della contestazione (1971) e Ragione e Pedagogia. Teoria dei sistemi e decisioni umane nella tecnologia dell’educazione (1973) entrambi pubblicati per Armando Editore. Nell’ambito della narrativa per l’infanzia dove ha riscosso grande successo, le sue ultime fatiche sono il romanzo-favola Il Pinguino e la gallina (2011) e il recentissimo La filastrocca non si tocca, entrambi apparsi per l’editore Gallucci.

Il professor Lisciani ci ha aperto le porte della sua splendida casa, immersa nella pace e nel verde delle colline teramane, e di fronte a un buon tè ci ha parlato, con garbo e passione della sua scrittura, dimostrandosi persona di squisita cordialità e di non comune cultura.

Qual è la ricetta segreta dei suoi romanzi-favola?

La ricetta è difficile da individuare, c’è l’intreccio del romanzo ma anche i protagonisti delle favole (gli animali). “Il pinguino e la gallina” nasconde una trama intrigante che ha molto dell’atmosfera dell’intreccio politico, e riesce a mettere in luce certi comportamenti dell’ “animale uomo”; comportamenti legati a interessi e tornaconto. Fra i personaggi della mia storia, oltre agli inconsueti “promessi sposi” Pinguino e Gallina, c’è anche il generoso Piccione che si preoccupa, fin troppo, del bene degli altri e che in buona fede cercherà di combinare l’improbabile matrimonio, ma in realtà creerà solo pasticci. Poi c’è l’Aquila, il Presidente del Consiglio del cielo con i suoi cortigiani: i Pappagalli. E c’è anche l’astuto e politicamente arguto Colibrì. Ma il matrimonio, promesso e atteso, fra il giovane Pinguino e l’intraprendente Gallina alla fine non si farà, ognuno troverà la sua strada altrove e il Piccione volerà alla deriva su un isola blu.

Quali sono gli elementi che permettono ad una storia per bambini di educare divertendo?

Ritengo che non ci si debba preoccupare di educare. Ho grandi riserve sull’educare, concepito come modifica del senso dell’esistere, perché sono convinto che quando ci si sovrappone all’individuo per educarlo si compia un’operazione violenta che genera violenza. Io detesto, inoltre, una morale predefinita e obbligatoria nelle storie. A volte nelle mie favole ci possono essere dei messaggi morali, o delle pillole di saggezza a disposizione del lettore, piccolo o grande che sia, ma sempre a mia insaputa. Credo che la morale nelle storie sia un seme malefico. I moralisti sono pericolosi.

 

Com’è cambiata l’editoria scolastica nel tempo?

Mi sono occupato per molti anni di editoria scolastica. Ero il responsabile del Gruppo Giunti per la Scuola materna ed elementare. In questo mio ruolo ho sempre sostenuto, e continuo a farlo, che il libro di testo non sia un vero libro, e ora con la diffusione dell’e-book si vede chiaramente la bontà di quello che affermavo. Il libro di testo è in realtà uno strumento camuffato da libro, è un percorso didattico con una serie di stimoli che potranno essere approfonditi in veri libri, è un tracciato che viene realizzato secondo alcune nozioni sull’apprendimento e sulla psicologia. Il libro che viene letto è, invece, un insieme concreto e compiuto, un essere vivente con una sua evoluzione. Il vero libro resta muto finchè non lo interroghi.

Crede che la magia racchiusa in un libro possa essere trasmessa e custodita nelle nuove forme di letteratura digitale?

Credo di no. Ritengo però, al contrario di molti, che non ci sarà la morte del libro cartaceo. Non solo per ragioni affettive, ma anche e soprattutto perché la storia ci insegna che il nuovo non distrugge il vecchio. Spesso gli si va semplicemente ad affiancare, a volte ridimensionandolo. E’ successo con il cinema che ha affiancato il teatro, e poi di nuovo con la tv che ha affiancato il cinema, ma né l’uno né l’altra hanno fatto scomparire ciò che li precedeva, e così accadrà anche fra libro elettronico e cartaceo.

Qual è il suo autore preferito?

Ho amato molto il “Pinocchio” di Collodi, ma anche la fantasia intrigante e moderatamente maliziosa di “Alice nel paese delle meraviglie”. Fra i miei romanzi preferiti c’è sicuramente “La metamorfosi” di Kafka, un testo genuinamente surreale. In realtà non sono un grande lettore di libri per ragazzi.

Ci parla della sua prossima pubblicazione?

Mi sono divertito a scrivere un libro di filastrocche “La filastrocca non si tocca”. Filastrocche un po’ serie e un po’ sciocche che non faranno solo ridere. Una è dedicata a un uccello scrittore: quando è triste scrive con inchiostro nero; quando è appassionato, con inchiostro rosso; e quando deve scrivere cose segrete si veste da spia e scrive senza inchiostro. Sono storie che sanno essere leggere e in cui gioco con l’immaginazione. Ho nel cassetto anche una serie di romanzi –favola, quattro o cinque,che prima o poi realizzerò.

Ma il lavoro a cui tengo di più è il libro a cui sto lavorando da diversi anni, un saggio sulla forza dell’Io, inteso come chiave di interpretazione della vita. Sto analizzando, per la stesura del testo, i rapporti fra le generazioni a conflitto. Nel mio saggio ci sono le lettere al padre scritte da Kafka e Leopardi, e affronto anche il rapporto col padre di Cezanne. Questo libro è una cosa particolare a cui tengo molto, è qualcosa che sento di dovere a me stesso. Capire che cosa significa e cos’è, l’Io.

Nelle sue storie nasce prima la trama o i personaggi?

Direi che nascono insieme. Nascono abbozzi dell’una e degli altri e poi crescono e si sviluppano. Questo, in considerazione del tipo di storie che scrivo; ovviamente se dovessi dedicarmi a scrivere un altro genere narrativo, ad esempio un giallo, mi concentrerei prima sulla trama e successivamente sui personaggi che si muovono dentro di essa.

Quali consigli si sente di dare a un giovane scrittore?

Nessun consiglio, ma una mia semplice convinzione, per quello che potrà servire… a tagliare il testo- ossia ad applicare la capacità di sintesi- non si sbaglia mai! Tagliare, chiudere e ricominciare è un modo per far crescere la storia e superare i nodi narrativi. So che costa fatica ma bisogna essere coraggiosi e farlo, come ogni buon scrittore.