Il lavoro: sei un looper (cioè un killer…). Armato di spingarda attendi nel solito posto (un campo a ridosso di una piantagione di mais) l’arrivo della vittima di turno, che legata e bendata arriva dritta sparata dal futuro dove il crimine trova troppo complicato provvedere all’eliminazione diretta del poveraccio di turno.

Il compenso: viaggia attaccato alla vittima stessa sotto forma di lingotti d’argento.

Gli incerti del mestiere: potrebbe accadere (e puntualmente accade…), primo, che i criminali del futuro si stanchino di te e te lo facciano capire (la quantità di argento che arriva è superiore al normale); secondo, ti potrebbe venire voglia, una volta un po’ in là con gli anni, di autospedirti nel presente magari per rimediare a qualche evento spiacevole accaduto nel futuro finendo con il trovarti faccia a faccia con il te stesso di qualche decennio prima…

A grandi linee ecco servito Looper – In fuga dal passato di Rian Johnson, un carosello di viaggi nel tempo senza derive paradossali (tipo quello del nonno, perlomeno di primo acchito poi magari a rifletterci…), killer scoppiati e poco ligi al dovere, bambini assai pericolosi quando si arrabbiano, madri in ambasce.

Però la sensazione è che da un certo punto in avanti il film si piaccia troppo e resti lì a guardarsi quant’è bravo soprattutto ad inanellare un cadavere dopo l’altro, mentre la coppia Joseph Gordon-Levitt/Bruce Willis, nelle vesti dello stesso personaggio giovane/meno giovane, si schifano come di più non si potrebbe.

La cupezza del film e l’assoluta mancanza anche di un solo briciolo di dolore, gela la platea fin quasi a togliere la voglia di vedere come va a finire...