20 maggio 1894, Beurepaire, a sud di Lione. La ventiduenne Eugénie Delhomme sta aspettando il suo ragazzo in una quieta stradina di campagna. Il ragazzo è in ritardo, ma c’è il sole, e l’aria è limpida. Una bella giornata. Sulla strada non c’è nessuno, solo un vagabondo con una fisarmonica e il volto sfigurato da una cicatrice che parte dal labbro inferiore e da un occhio rosso sangue, incrostato di lacrime. Sulle spalle, una sacca contenente un set di coltelli e un randello su cui è scritto: “Maria di Lourdes: chi fa bene, trova bene”. Eugénie distoglie lo sguardo da quel volto che le fa impressione. Il suo ragazzo la ritroverà dietro una siepe, strangolata, violentata e sventrata.

 

Agosto 1894. Luis Morel, tredici anni, viene trovata dentro una stalla sgozzata, il suo corpo mutilato.

Maggio 1895. Adele Mortureux, diciassette anni, viene ritrovata uccisa e mutilata. Tre omicidi identici, la polizia comprende di trovarsi alla presenza di un serial killer. La stampa lo definisce Jack l’eventreur du sud-est. Ci sono dei sospettati, ci sono dei fermi, ma nessuno risulta essere l’assassino.

 

Agosto 1895. Il signor Morand si trova nei campi, ha appena finito il lavoro e rientra in casa. Trova la madre sessantenne violentata, uccisa e sventrata. Passa soltanto una settimana e il pastore Victor Portalier viene ucciso a coltellate. C’è un sospetto: alcuni hanno notato un vagabondo con una fisarmonica aggirarsi per la campagna.

La polizia intensifica le ricerche, ma del vagabondo nessuna traccia. Passano i giorni. Un contadino, su di un carro, affianca un uomo con una ferita al volto, e gli offre assistenza. L’uomo, un vagabondo con il volto deturpato da una profonda cicatrice, dice di essersi ferito il giorno prima e di aver avuto già le cure del caso. L’uomo sul carro lo saluta e prosegue, il vagabondo ritorna a mutilare il corpo della sedicenne Aline Alise.

 Passa una settimana, e nei campi viene ritrovato il corpo di un pastorello di quattordici anni.

 

Marzo 1896. Primo mattino. Alphonsine-Marie Derouet si sta recando al lavoro quando viene assalita da un uomo. Le sue urla sono udite da un guardiacaccia che riesce a far fuggire l’assalitore. I due l’hanno visto bene in faccia. La polizia, adesso, ha un’accurata descrizione del killer. La caccia si fa serrata. Un poliziotto di campagna in bicicletta incrocia un vagabondo con una fisarmonica: inspiegabilmente tira dritto. Otto giorni dopo il barbone viene arrestato per vagabondaggio. Resta in carcere per alcune settimane, poi, viene rilasciato.

 

Gli omicidi riprendono: settembre 1896, la diciottenne, moglie di un pastore, Marie Maussier; ottobre dello stesso anno, la quattordicenne Rosine Rodier; maggio 1897, il vagabondo Claudius Beaupied trova un compagno barbone e con lui la morte.

Giugno, il quattordicenne Pierre Laurent viene ritrovato morto con i testicoli asportati.

 

4 agosto 1897. Marie-Eugénie Plantier è uscita con il marito e il figlio a raccogliere pigne nel Bois des Pelleries, quando è assalita da un vagabondo. Le grida attirano il marito, che accorre e, con una pietra, colpisce sul volto l’aggressore. Il vagabondo estrae un paio di forbici e ferisce l’uomo, ma, quest’ultimo, con l’aiuto della moglie, del figlio e di un passante, immobilizza l’aggressore. Assieme ad altri due contadini, lo portano alla più vicina stazione di polizia. Mentre aspetta di essere chiuso in cella, il vagabondo inizia a suonare la fisarmonica. Accusato di offesa alla pubblica decenza, Vacher fu condannato a tre mesi di carcere. Inspiegabilmente, confessò per iscritto undici omicidi, dicendo che i suoi crimini erano stati commessi “in un momento di frenesia”.

Questo vagabondo si chiama Joseph Vaucher, questa è la sua storia.

 Joseph Vaucher nasce il 16 novembre 1869 a Beaufort, Isère, quindicesimo figlio di una coppia di poveri contadini. Fin da piccolo si diletta nel torturare gli animali e dimostra un precoce interesse per il sesso. A scuola, coinvolge i compagni in pratiche di masturbazione di gruppo. Adolescente, entra in convento, ma ne viene espulso quasi immediatamente per aver incoraggiato, presso i suoi compagni, la masturbazione e la sodomia.

Due fatti (secondo il racconto dello stesso Vaucher) scuotono la sua infanzia: il morso di un cane rabbioso, e il fatto di aver bevuto, in una sola sorsata, una bottiglia di un medicinale rubato.

Comincia presto a lavorare come bracciante, ma altri due incidenti scuotono la sua vita: il tentato stupro di una giovane e un’infiammazione allo scroto con susseguente asportazione del testicolo. A questo punto si arruola nell’esercito: la sua maestria nell’uso delle armi da taglio lo portano a un passo dalla promozione a caporalmaggiore. Quando la sua promozione fu rinviata, Vacher cercò di suicidarsi tagliandosi la gola con un rasoio. Ristabilitosi, i suoi superiori furono talmente colpiti dal suo gesto e dalla dedizione all’arma, da subito promuoverlo. Ben presto, il nuovo caporalmaggiore, manifestò gravi problemi, intimidendo i suoi commilitoni con frasi scomposte. Venne, perciò, rinchiuso, per osservazioni, in un ospedale psichiatrico.  

Uscito dall’ospedale, accade un altro fatto decisivo per il suo futuro: s’innamora di una ragazza di Baumes-des-Dames. Comincia a corteggiarla con passione fino a quando, la ragazza, gli preferisce un rivale. Per la sua psiche è un colpo durissimo. Joseph si presenta da lei e gli spara tre volte, poi, rivolge la pistola su se stesso e si spara alla testa. Miracolosamente si salvano entrambi.Vaucher, però, resta sfigurato: il suo volto rimarrà per metà paralizzato e solcato da una grossa cicatrice, le labbra sollevate e attorcigliate, l’occhio destro, dietro al quale si è fermato il proiettile, costantemente lacrimoso e rosso sangue. Nel 1893 viene ricoverato all’ospedale psichiatrico Sant Ylle, dove, grazie alla sua aggressività e alla sua furbizia, riuscirà a scappare molte volte. Viene trasferito, quindi, all’ospedale Saint-Robert, dove viene dimesso come sano il primo aprile 1894. Per tre anni seminerà cadaveri nella campagna francese.

 Joseph Vaucher fu condannato a morte il 28 ottobre 1898 a Ain Assizes. A un certo punto del processo si alzò e gridò: “Gloria a Gesù! Lunga vita a Giovanna d’Arco! Gloria ai grandi martiri del nostro tempo! Gloria la grande salvatore!”

 Il 31 dicembre dello stesso anno, mentre scalciava e urlava, fu ghigliottinato.

 

Bibliografia essenziale:

Michael Newton, Dizionario dei serial killer, Roma, Newton & Compton, 2004.

Colin Wilson, Donald Seaman, Il libro nero dei serial killer, Roma, Newton & Compton, 2005.

Harold Schechter, Furia omicida, Milano, Sonzogno, 2005.