La prima volta che ho letto un romanzo di Stephen Hunter fu sulle pagine di Segretissimo, negli anni ’80 e, per essere un’opera d’autore era particolare. Si trattava infatti della Novelization di Target Scuola Omicidi, una spy-story di Sidney Lumet con Gene Hackman. Il romanzo usciva nella serie oro in concomitanza con il film ma lo arricchiva, raccontava brani di vita dei personaggi - grandissima la caratterizzazione del killer noto come Strega Perversa dell’Occidente tratta dal Mago di Oz - insomma non era la semplice trasposizione sulla pagina di una sceneggiatura. In seguito qualche anno dopo scoprii nella collana mondadoriana Altri Misteri un romanzo di straordinario impatto Conto alla rovescia. Anche qui firmava Stephen Hunter. La Guerra fredda era appena terminata e un gruppo di militari americani, disillusi e ancora desiderosi di battersi per quella che chiamavano Patria s’impadroniva di una base missilistica per scatenare un’ultima guerra nucleare. Lessi il libro in una serata. E non tanto per l’argomento che ricordava la trama di un vecchio film di Aldrich ma per la tecnica narrativa, incalzante, visualmente innovativa, quasi cinematografica. Scoprii in seguito che Hunter è stato insignito di un celebre premio per la critica cinematografica e per anni ha svolto l’attività di recensore sul New York Times. Di cinema d’azione se ne intendeva e anche di scrittura. A quel romanzo fece seguito Una pallottola per il  presidente pubblicato su Segretissimo, una storia di spie e servizi deviati dove un cecchino, Billy Bob Swagger, cresciuto alla scuola per sniper del mitico Hatchkok in Vietnam veniva ripescato dalla pensione per diventare il capro espiatorio in un attentato a Bush padre, subito dopo la prima guerra del Golfo. Era un romanzo lungo e, ancora non lo sapevo, parte di un progetto più ampio, quello di narrare le vicende dell’America moderna attraverso le avventure di una famiglia, gli Swagger. Billy Bob infatti era figlio di un mitico personaggio Earl Swagger nel romanzo solo nominato ma che era stato un eroe nella guerra nel Pacifico, aveva raddrizzato torti a Hot Springs, la città del vizio che aveva di poco preceduto Las Vegas e si era distinto in diverse altre avventure prima di morire misteriosamente. Altri particolari non venivano forniti perché la vicenda, lunga e complessa, non lasciava respiro. Mi spiace che questo romanzo non sia più in circolazione in Italia da  anni, l’ho ritrovato in Francia con il titolo Romeo Dog che si riferisce a un acronimo dell’operazione dei servizi deviati. Per diverso tempo persi le tracce di Hunter, poi mi rispuntò fuori con un romanzo totalmente differente per la Sperling, Dirty White Boys, quasi un western con un sapore visionario alla Peckinpah, senz’altro uno dei migliori romanzi d’azione degli anni ’90, quasi un precursore di Lee Child. Nelle classifiche americane Hunter è sempre ai primi posti quando esce un suo libro e, da qualche anno a questa parte ha ripreso a raccontare le avventure della famiglia Swagger partendo proprio da Earl, dal 47 con un personaggio cupo che la violenza ha segnato sin da ragazzo. Earl Swagger, che mi piace immaginare con il viso di Eastwood negli anni ‘70, è figlio di un coraggioso sceriffo di prima della guerra. Un uomo idolatrato dalla sua comunità ma schiavo della sua stessa violenza, feroce con i banditi ma anche coi figli, tanto da spingere il più giovane, Billy Bob al suicidio. Troverà la morte misteriosamente nel quartiere del vizio a Hot Springs in coincidenza con la partenza del figlio maggiore Earl per il fronte del Pacifico. dopo la guerra Earl torna a casa con una carica d’odio, una capacità di esercitare la violenza fuori dal comune. Vecchi fantasmi familiari lo tormentano: è stato lui a uccidere il padre per vendicare il fratello? Ma nuovi impegni lo aspettano malgrado si sia formato una famiglia. Earl non è uomo da vivere in pace, tormentato com’è dal senso della giustizia e da una propensione alla violenza che ne fa un eroe ambiguo, ellroyano, se mi permettete. Farà parte di una squadra di vigilantes e svelerà il mistero della morte del padre fugando ogni dubbio da sé in Giocarsi la Pelle, un magnifico thriller pubblicato l’hanno scorso da Longanesi. Questo che esce in questi giorni Il cavaliere pallido, ne è diretto proseguimento, un altro capito di una saga destinata a dipanarsi negli anni. Qui il set dell’avventura è il profondo Sud, una prigione riservata ai neri dove accadono cose misteriose e agghiaccianti. Siamo nel ’51 e la CIA sta sperimentando la guerra batteriologica sui reclusi. Per salvare un amico avvocato finito per sbaglio nella Fattoria penale di Tebe, Earl si troverà nella poco piacevole condizione di unico detenuto bianco tra disperati e feroci carcerati neri e secondini decisi a chiudergli la bocca per sempre. Ma Earl è un sopravvissuto, quasi muore ma riesce a fuggire poi fa semplicemente ciò che deve essere fatto. Il richiamo western del titolo non è casuale. Lo showdown finale è degno dei migliori film di Sergio leone o forse di Don Siegel. Più di un thriller, più di un’avventura, una storia di  uomini veri, feroci, con l’anima sporca e la coscienza di tutto questo eppure, alla fine, con un senso della giustizia. La saga di Swagger proseguirà con un terzo titolo, per ora ancora inedito, Havana in cui il nostro si troverà nel regime di batista tra rivoluzionari e gangster, fianco a fianco con Fidel ma soprattutto con un agente segreto russo, uno che Stalin ha spedito nei gulag prima di ripescarlo e servirsene ancora. Speriamo di vedere tradotto presto  anche questo romanzo. la Saga di Swagger è, come ha detto Laura Grimaldi, una rivisitazione della storia più recente dell’America attraverso i suoi atti più violenti. Non solo un’ottima lettura d’intrattenimento ma un romanzo corposo, vero, che non è facile dimenticare.