La fase delle reciproche presentazioni stava per arrivare e presi solo allora in considerazione il contenuto delle prime parole che avrei pronunciato.

“Piacere, Daniele”: troppo formale.

“Ciao, tesoro mio. Come stai?”: troppo informale.

“Mi sembra di conoscerti da sempre”: troppo romantico.

“Ciao”: troppo banale.

Stoppai quelle prove di recitazione mentale e decisi di affidarmi all’istinto nella speranza che tutto sarebbe stato naturale, fluido, spontaneo.

Quel lungo serpentone di scompartimenti finalmente si arrestò e, dopo qualche attimo, un fiumiciattolo di persone iniziò ad abbandonare i vagoni e a dirigersi verso lo spazio che stavo presidiando. Papà carichi come bestie da soma, mamme urlanti e bambini indemoniati, una volta giunti al termine di quel tragitto, si univano ai sudaticci parenti in trepidante attesa.

Una ragazza, molto simile alla descrizione presente nella mia memoria, iniziò a dirigersi verso di me. Le scarpe da ginnastica erano in effetti bianche, un paio di occhiali da sole occultavano il suo sguardo e intravedevo le bretelle di uno zainetto che poteva essere a forma di pera.

Ma per completare il quadro indiziario mancava il cappellino da baseball blu, solo e soltanto il cappellino da baseball blu.

I suoi riccioluti capelli neri infatti erano assolutamente liberi e saltuariamente mossi da qualche lieve spostamento d’aria.

“Ecco, sì”, mi dissi, “adesso rallenta il passo, recupera dalla tasca dello zainetto il cappellino da baseball e lo indossa mentre mi guarda dritto negli occhi. Un colpo di scena che avrà studiato nei minimi dettagli per fare colpo sulla mia immaginazione. È così, deve essere così”.

La ragazza invece continuò a camminare senza troppo slancio e si fermò a pochi metri dalla zona destinata a chi attendeva i passeggeri in arrivo. Iniziò a scandagliare con lo sguardo le fattezze dei presenti come se fosse alla ricerca di un volto familiare.

Fu allora che decisi di fare un paio di passi in avanti per rendere la mia sagoma corporea meglio identificabile rispetto al contesto che mi stava inglobando.

Marzia sapeva quale sarebbe stato il mio abbigliamento e non si sarebbe di certo basata per riconoscermi sulla foto, seppur autentica, che avevo inserito su Facebook, un piano americano che mi ritraeva da una certa distanza.

Avevo accolto con un sorriso il suo commento su quello che sarebbe stato il mio aspetto quando ci saremmo finalmente incontrati.

“...non avrai un po’ caldo con la giacca? Potresti scioglierti come un ghiacciolo all’equatore e mi costringeresti a raccoglierti con un cucchiaino. Non so se avrei la pazienza necessaria per ricomporti interamente. SCHERZO NATURALMENTE!!!”.

Quei tre punti esclamativi, in conclusione di frase, erano un leit motiv semantico che, mi aveva spiegato, poteva essere traducibile con un “estremamente importante”.

Ripensando a quelle parole dovetti ammettere che quella presa in giro sul mio look non era proprio campata in aria. Le mie ascelle iniziavano infatti a sudare copiosamente, inumidendo anche la maglietta che le separava dal contatto con la camicia.

La brunetta si avvicinò ulteriormente.

Io innalzai il mazzo di rose all’altezza del mio viso.

La brunetta abbozzò un mieloso sorriso e aprì la tasca dello zainetto.

Io iniziai a sentirmi finalmente giunto al traguardo e allargai le braccia.

La brunetta recuperò un pacchettino regalo da quella fessura e iniziò a correre.

Io non mi tirai indietro e iniziai a sorriderle.

La brunetta proseguì la propria corsa al di là del mio spazio vitale.

Io rimasi immobile, impietrito.

La brunetta abbracciò quello che doveva essere il suo fidanzato.

Quella scena poteva apparire, agli occhi di un osservatore esterno, assolutamente patetica, un condensato di pura illusione che mi fece sentire lo stupido protagonista di uno sketch comico.

Mancava solo il suono artificioso delle risate fuoricampo a sentenziare la riuscita di quel divertente siparietto goliardico.

Dopo quella figuraccia decisi che non mi sarei mosso dal metro quadrato che ospitava i miei arti inferiori sino all’istante in cui non fossi stato certo di essere faccia a faccia con Bambi.

Decine di persone continuarono ad attraversare il mio campo visivo. Ignorai soprattutto gli uomini di tutte le età, le donne troppo mature e quelle troppo giovani, concentrando la mia attenzione soprattutto su un target femminile composto da coloro che parevano avere dai venticinque ai trentacinque anni.