Il primo Bond che vidi all’inizio degli ani ’70 in una ripresa estiva. Potete immaginarvi che una storia giapponese, con un ritmo sostenutissimo in cui si fondevano azione, esotismo ed erotismo (d’accordo abbastanza castigato ma la scena di 007 che sfila il vestito a Karin Dor rivelandone il magnifico fondoschiena con la frase: «Cosa non farei per l’Inghilterra», mi rimase impressa) abbia avuto sulla mia fantasia allora in formazione un effetto deflagrante.

Da molti il film fu giudicato severamente. Una storia troppo simile a Thunderbolt, sequenze spaziali inverosimili, Sean Connery che ormai cominciava a dare evidenti segni di stanchezza, anche fisica, se si rivede il film. Il nostro non è più tirato come nei primi episodi ma risulta un po’ bolso e non sempre brillantissimo. Parte di queste critiche hanno una loro ragione. Di sicuro ci stiamo allontanando molto dal Bond letterario e dal romanzo che era intriso di un senso di morte totalmente assente nel film. Poche storie comunque, resta uno dei miei preferiti.

           

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