Toscana in giallo è un'antologia che parte dalla convinzione (già usata nel passato in altre raccolte e, in qualche caso, abusata) che il rapporto stretto tra i fatti di cronaca nera, i fattacci, e la narrativa porta comunque a buoni risultati. L'editore e il curatore, Giuseppe Previti, ci hanno creduto tanto da affiancare ad ogni racconto una nota dell'autore che riferisce della fonte d'ispirazione, cioè del fatto di cronaca nera che l'ha ispirato. Tranquilla e perfetta unione fra non-fiction e fiction, per dirla all'americana? Ci andrei piano nell'affermare che è così, se lo stesso Previti, nel chiudere la prefazione, afferma: “i nostri autori si sono divertiti a reinterpretare, in modo più o meno fedele al reale fatto criminoso, [e sono] comunque tutti da elogiare per impegno, lavoro di ricerca e sfoggio... di fantasia”.

Insomma spesso la via della narrativa giallo-noir diverge da quella della cronaca nera, proprio per riuscire ad interpretare correttamente, approfondendo e drammatizzando, le ragioni del crimine avvenuto, tanto più che qui si tratta nella totalità, mi pare, di casi irrisolti o risolti con grandi e drammatici dubbi (almeno da parte dell'opinione pubblica).

Una caratteristica è quella d'aver scelto i “casi” da varie epoche: quindi misteri e crimini del Medioevo, dell'epoca del Granduca di Toscana, del Settecento e anche del ventennio fascista; fino ai giorni nostri. Questa scelta consente una più libera opzione interpretativa, per non parlare di un diverso approccio narrativo, di diverse psicologie e metodi deduttivi.

Ben 17 sono gli autori, tutti bravi e motivati, compreso Marco Vichi che fornisce un drammatico, denso racconto sulla criminalità irrompente da dentro un piccolo uomo che vuole difendere a tutti i costi la tranquillità della sua famiglia.