Dal giorno in cui Kveld era nato, ogni sforzo, ogni pensiero del prete irlandese era stato teso a sradicare in lui l’eredità e gli istinti di Egill, degli antenati vichinghi, per trasformarlo in un altro Brian. Fin dalla più tenera infanzia Kveld era stato costretto a sottoporsi a pratiche ascetiche di penitenza incomprensibili alla sua mente di bambino.

Brian lo svegliava spesso nel mezzo della notte per fargli recitare l’ufficio mattutino, e non gli permetteva di tornare a dormire. Lo privava del cibo, lo faceva marciare per ore intorno alla canonica, o alla macina del grano. Lo batteva regolarmente senza nessuna ragione, al punto che nei primi anni di vita Kveld si era stupito che gli altri padri non riservassero ai figli un trattamento simile. In seguito, crescendo, si era reso conto dell’accanimento speciale di cui era oggetto. Brian diceva che era per il bene della sua anima, per cancellare la macchia del peccato originale. Perché proprio lui dovesse espiare tanto crudelmente il peccato di Adamo ed Eva, più di ogni altro ragazzo d’Islanda, non lo sapeva né lo indovinava.

Per sfuggire alla Chiesa di suo padre e ritrovare la sua libertà vagabondava per i dintorni del villaggio e mulinava l’ascia, o prendeva uno dei cavalli del godhar e si lanciava in lunghe galoppate per la brughiera deserta.

«Che cos’hai lì?»

Brian indicò la mano sinistra di Kveld. Suo padre si era accorto che giocherellava con la moneta.

Kveld non credeva di aver fatto nulla di male, ma con suo padre non si poteva mai essere sicuri della propria innocenza. Tese il braccio e aprì la mano, mostrando la moneta dal lato in cui recava inciso il simbolo del sole.

Brian impallidì, e la sua bocca si contrasse in una smorfia di rabbia.

«Come l’hai avuto?»

«Era dentro un pesce... viene dal mare, dal fondo del mare.»

«Tutto quello che viene dal fondo del mare è del Demonio.»

«Allora tu, padre, conosci il suo significato?»

Brian non rispose alla domanda del figlio.

«Ti avevo detto che nelle profondità del mare vivono solo spiriti maligni. Questo pezzo di metallo, l’ha forgiato il Diavolo. Vai a rigettarlo dove l’hai preso.»

Kveld ritrasse la mano e strinse le dita saldamente intorno alla moneta. Se fino a quel giorno si era sempre sottoposto all’autorità del padre e del prete senza discutere, quello fu il suo primo istante di ribellione. Gettare quel pezzo di metallo sarebbe stato come rinnegare una chiamata che gli giungeva da lontano.

«Vai a gettarlo in mare» ripeté lentamente Brian, scandendo le parole. «Mi hai compreso? Vai immediatamente a gettarlo in mare.»

C’era astio nella sua voce, e anche paura. Non conosceva il significato dei segni, eppure lo temeva.

Kveld lo affrontò, lo sguardo fermo che esprimeva un muto diniego.

Brian afferrò il figlio per un braccio e lo trascinò all’interno della chiesa. L’edificio era semplice come una fattoria, un vasto spazio rettangolare con le travature del tetto a vista, due file di panche di legno, e un altare formato da un unico blocco di pietra lavica sormontato dalla croce cristiana.

Kveld non amava la chiesa di suo padre, che trovava priva della solennità e del fatato mistero dei godher, i luoghi dei culti pagani. Non amava neppure il rito della messa, spesso confuso e percorso da fremiti di malsana tristezza. Gli piacevano però gli affreschi ai lati dell’altare, in cui un artista vichingo itinerante, convertito al cristianesimo, aveva raffigurato la Madre di Dio e Gesù con i visi ridenti degli antichi dei pagani, e tutta la magia fosca e allegra delle saghe. La Madonna, giovanissima, apriva le braccia nell’atto di accogliere una folla di peccatori pentiti. Il Salvatore risuscitava Lazzaro, che gli correva incontro come un amico tornato da un lungo viaggio. Erano atti buoni, di fraternità e consolazione, ed erano immediatamente comprensibili.

Brian condusse il figlio davanti all’altare. Il lungo bastone che il prete portava appeso alla cintura della tunica di lana grigiastra e unta era apparso nella sua mano.

«Inginocchiati.»

Kveld obbedì.

«Rimarrai fino a domattina prostrato con il viso a terra a pregare. Ora consegnami quell’opera della fucina del Diavolo.»

Kveld rimase inginocchiato, con il viso all’altezza del bordo della pietra lavica, ma non si mosse, e strinse ancora più forte la moneta nel pugno. La voce di Brian esplose acutissima.

«Mi ascolti? Obbedisci!»