Una storia nera che viaggia su un filo sottilissimo e che cattura il lettore dalla prima all’ultima riga. Il titolo di questo libro, L’odio, una storia d’amore, ci fa pensare ai due sentimenti diametralmente contrapposti. Certo, l’odio è l’altra faccia dell’amore nel nostro comune sentire, ma non è così scontato leggendo queste righe affilate da una scrittura asciutta e cattiva, penetrante come una lama in questo romanzo di Emanuele Ponturo.

Ponturo ha ripreso una storia vera, una di quelle che si svelano nelle aule di un tribunale. Il suo mestiere di avvocato penalista lo ha certo favorito e aiutato, ma successivamente la storia va trasformata in scrittura, deve avvincere e convincere e l’autore lo ha saputo fare con grande abilità.

E così ci racconta di un’ossessione d’amore dove il riscatto di un’antica ingiustizia diventa un presente fondato sulla vendetta e sul rancore. Stefano fa il suo ritorno a Roma dopo aver vissuto per qualche tempo a Londra vivendo di piccoli espedienti al limite della legalità. Alloggia in un albergo della periferia, la Magliana per la precisione, e in un pub si accorge di Monica, studentessa universitaria fuori corso che vive in un modesto appartamento in affitto con due amiche e fa la cameriera per pagarsi gli studi. Entrambi sono delusi e insoddisfatti dell’amore. Stefano identifica Monica con figura di Barbara, sorella di un compagno di scuola di cui era innamorato negli anni della sua adolescenza.

Da quel momento comincia a scrivere delle struggenti lettere d’amore che all’inizio incuriosiscono la ragazza e poi la incantano sempre di più perché lei incomincia a crederci. Mentre Stefano cerca un riscatto e cerca di ritrovare quello che aveva smarrito negli anni passati, manifestando il suo lato più profondo in una passione ambigua e malata che ha origine in una rabbia repressa e in un’esistenza frustrata, Monica sogna a occhi aperti l’amore, quello vero e crede cercando l’autore di quelle lettere di averlo finalmente trovato.

Una Roma marginale, ma non certo priva di fascino, fa da sfondo a questa storia a tinte forti, sicuramente aspra ma vera perché Ponturo ha saputo portare in scrittura un fatto reale dove l’odio e l’amore sono divisi da un velo sottilissimo e vittima e carnefice si scambiano i ruoli ripetutamente per arrivare alla catartica conclusione che possa dare un ordine alle cose.

Una storia d’amore che è quasi una fiaba per adulti dove prevale l’amore come sentimento, ma quando l’amore diventa carnale, sfiora i corpi, li accarezza, diventa violento crudele, tinto di sangue. E allora non c’+ più speranza, non c’è una via d’uscita, si cancella la vita. Resta soltanto odio, distruzione.