Tornerai ogni mattina (libri/5996/). Una augurio? Una maledizione? No è semplicemente il titolo del primo romanzo di Samuele Galassi, autore marchigiano, ospite questo mese del nostro salotto letterario virtuale. Alla sua prima volta editoriale con Cento Autori, l'autore esordisce con un romanzo particolare e originale, di cui abbiamo la possibilità di chiedergli ogni cosa.

Per prima cosa grazie Samuele per aver accettato l'invito a sottoporti a questa specie di interrogatorio.

Grazie a te per avermi invitato. Di solito agli interrogatori non si viene invitati, si viene sottoposti. Per cui devo ritenermi fortunato.

Partiamo dalle basi, giusto per dare ai lettori alcuni elementi fondamentali sull'opera. Non si tratta di un giallo, non si tratta di un noir…tu come definiresti il tuo romanzo?

Un thriller surreal-esistenziale ambientato in una provincia italiana degli anni Zero.

Prova a farne un breve riassunto, una sorta di "trailer", se mi permetti un termine cinematografico.

È presto detto. Agostino Roi, 34 anni, fa il rappresentante di articoli per ufficio ed è sposato da due anni con Margherita, titolare di un'agenzia viaggi. Una sera d'estate, in un attacco d'ira, uccide sua moglie strangolandola, poi va a letto. Il giorno dopo si sveglia e Margherita è lì, viva e vegeta: era soltanto un sogno? Qualche giorno dopo, la scena si ripete. Agostino strangola la moglie, ma il giorno dopo lei è di nuovo viva, come se niente fosse accaduto. Agostino non riesce a spiegarsi la cosa, e dopo lo stupore iniziare finisce per abituarsi a questo stato di cose: mentre l'estate avanza, tra un documentario in tv e un bollettino del traffico alla radio, l'uomo uccide ripetutamente sua moglie, ogni volta sospeso tra il desiderio e il terrore che possa essere la volta buona…

Nel romanzo quindi non è presente un solo omicidio, ma decine: ti sei sbizzarrito?

Neanche tanto, direi. Escludendo un paio di casi eclatanti che fanno eccezione, in realtà Agostino uccide Margherita in modi affatto banali, usando spesso oggetti che ha a portata di mano. Non volevo che questi omicidi fossero troppo sopra le righe, anzi, dovevano via via rientrare in una sorta di routine, un'abitudine tra le altre abitudini.

Sicuramente l'omicidio di Margherita è il perso attorno a cui ruota la vicenda, ma diventa non tanto il centro della vicenda in sé (altrimenti credo si sarebbe sviluppata un'indagine e avremmo avuto un bel romanzo giallo), ma una sorta di valvola di sfogo, di conseguenza, una specie di messaggio per il lettore, di simbolo. O mi sbaglio?

Non sbagli, è esattamente così.

Quindi cosa rappresenta l'omicidio reiterato di Margherita?

Di volta in volta Agostino uccide Margherita per rabbia, per noia, per ripicca, ma il fatto che Margherita ogni volta ritorni è forse più di tutto l'espressione della sua frustrazione e della sua incapacità di incidere veramente sulla realtà che lo circonda e lo soffoca.

Quindi cerchiamo di conoscere un po' meglio i personaggi. Agostino e Margherita sono una giovane coppia di sposi: nel fiore degli anni, con una carriera avviata, una vita sociale. Intorno a loro ruota la vicenda, costellata poi da altre comparse minori, una fauna che popola la loro vita quotidiana. Chi è Agostino Roi, al di là delle apparenze?

Un uomo che vive una sorta di deriva, non solo sentimentale, ed è combattuto tra il desiderio di opporvisi e la tentazione di abbandonarvisi. Agostino è preda di sentimenti ambivalenti nei confronti di Margherita, delle persone che lo circondano e del mondo in generale, e questa ambivalenza lo rende in qualche modo impotente e passivo nei confronti di quello che gli capita.

Però anche lui stesso sembra non accorgersi della sua deriva e continua a convincersi di essere il rappresentante di articoli per ufficio "più cazzuto di tutta la provincia". O mi sbaglio?

È vero. Agostino in un certo senso mente a se stesso, così come spesso mente agli altri. Dopotutto è un venditore, e come tale tenta anche di venderci una versione della realtà che non è detto sia quella effettiva.

In Agostino c'è una componente autobiografica?

Diciamo che gli ho prestato un paio di miei ricordi d'infanzia, ma per il resto non c'è niente di autobiografico.

Parliamo ora di Margherita, invece, compagna del protagonista, sua spalla e, in un certo senso, causa e motore della vicenda.

A differenza di Agostino, Margherita vive la sua vita in modo istintivo, soltanto apparentemente superficiale. Ha un rapporto più diretto e genuino con la realtà.

A me non ha fatto questa impressione, anzi d'impatto risulta antipatica e in un certo senso muove il lettore verso una simpatia forte per il suo compagno, anche se non si comporta con lei esattamente in modo corretto.

Sì, Margherita risulta piuttosto antipatica, ma è anche vero che noi la vediamo attraverso gli occhi di Agostino. Anche Agostino d'altra parte ho cercato di renderlo piuttosto antipatico, perché non volevo che il lettore si immedesimasse troppo, volevo che mantenesse uno sguardo distaccato sul personaggio. Però sì, alla fine Agostino è un personaggio simpatico, dotato di un certo gusto per lo humour nero, nonostante la sua condotta spesso discutibile.

Margherita è una donna da sposare?

Ci sono certi aspetti di Margherita che trovo affascinanti, ma a parte questo non è il mio tipo.

Un aspetto che mi ha colpito molto del romanzo e che è un modo molto particolare per caratterizzare il personaggio è una serie molto "intensa" di fissazioni, simboli, ricorrenze che fanno parte della quotidianità di Agostino, che lo perseguitano e lo rassicurano, che lo assillano e lo accompagnano ogni giorno. A tratti fanno sorridere, ma a pensarci bene diventano, appunto, metafore di qualcosa che va oltre.

In un certo senso Agostino si attacca a una serie di oggetti e di rituali come ci si attacca a un salvagente, per restare a galla. Ma in molti casi le abitudini diventano anche una zavorra, hanno questa natura ambigua. E credo che ognuno di noi, nella propria vita, debba fare i conti con questa cosa.

Ne ho scelti alcuni che giocano un ruolo fondamentale. Il primo di questi è il ciliegio bonsai, che arriva ad avere la rilevanza di un personaggio, quasi il terzo incomodo tra Agostino e Margherita. Spesso Agostino parla con il bonsai e questa è una delle scene in cui interagiscono maggiormente: “"Ma che fai ciliegiobello. Te la ridi? Ti faccio - fammi capire, ti faccio ridere?" Indietreggio di qualche passo, mi siedo sul tavolo, le gambe penzoloni, con lo sguardo sempre fisso sul bonsai. "Mi trovi ridicolo. Si tratta di questo. Posso non darti tutti i torti. Posso benissimo farlo. Ma non rideresti se solo sapessi. Se sapessi per esempio quanto lei potrebbe mancarmi se davvero non dovesse mai più tornare." E detto ciò mi alzo, apro il cassetto degli utensili, estraggo il cavatappi e con la punta riccioluta incido un piccolo cuore sul tronco del bonsai.”

Il bonsai è una sorta di proiezione vegetale di Margherita, e per Agostino diventa il simbolo della sua frustrazione sentimentale, della sua incapacità di instaurare con lei un rapporto naturale.

"L'Ondaverde è il caos della vita - distrazione, rabbia, colpi di sonno, desiderio di arrivare, desiderio di scappare, instinto di sopravvivenza, instinto di competizione, approssimazione, morte - ricondotto nei rassicuranti binari del viaggiare informati." Qui invece si parla, appunto dei Gazzettini Ondaverde, che rappresentano per Agostino una sorta di "coperta di Linus" e hanno su di lui un effetto terapeutico. Perché questa scelta?

I notiziari sul traffico, e in generale tutto ciò che è comunicazione strettamente informativa, tecnica, mi piacciono per il loro linguaggio a-emozionale, freddo. Inserendoli nel corpo del romanzo volevo ottenere un effetto straniante, in certi casi raggelante, in modo da creare un contrasto con il flusso dei pensieri del protagonista. Agostino non ama viaggiare: i bollettini Ondaverde, con le loro notizie sulla viabilità lungo tutta la rete stradale italiana, sono l'unico "viaggio" che si concede.

Gli stereogrammi e l'incapacità di Agostino di vederli, sono un altro di questi simboli: "E allora - penso anche - forse sono gli sterogrammi a guardarci e non viceversa. Io non riesco a vederli, ma loro mi vedono benissimo. Chissà cosa vedono".

Una decina di anni fa (forse anche di più) ci fu una specie di boom deglio stereogrammi. Si trovavano sotto forma di poster, di cataloghi da sfogliare, eccetera. Ricordo la mia frustrazione nel non riuscire a visualizzare l'immagine tridimensionale che nascondevano… allora ho voluto trasferire questa cosa al protagonista del romanzo. Agostino in effetti è uno che non riesce a leggere, a decifrare la realtà (o certi aspetti di essa) che lo rirconda.

E cosa vedono gli stereogrammi?

Questa domanda mi terrorizza, preferisco non pensarci.

Tornando un momento a quello che dicevamo prima, Tornerai ogni mattina è un romanzo che unisce una buona dose di surrealità, inquietudine, vita quotidiana. In che rapporto si fondono questi elementi nella storia e che percentuale di rilievo hanno?

Direi: 30% surreale, 60% inquietudine, 80% vita quotidiana. La somma non fa 100 perché la vita quotidiana è spesso inquietudine e anche un po' surreale, non puoi separare queste cose, si compenetrano.

Ma da dove nasce Tornerai ogni mattina?

Da tante cose. L'idea di raccontare la storia di un uomo che uccide la moglie ma questa il giorno dopo è di nuovo lì come se non fosse mai morta, mi sembrava un congegno narrativo interessante. Mi è subito venuta voglia di scrivere, ero curioso io stesso di valutarne tutte le potenzialità. Poi mi piaceva raccontare una storia ambientata in estate, una stagione che ha qualcosa di magico, di dolce e crudele insieme, e che con le sue lunghe giornate sembra collocarsi fuori dal tempo.

Quindi non ti sei messo a tavolino con un'idea precisa del romanzo?

No. Diciamo che la storia ha preso contorni precisi via via che la scrivevo. Avevo chiari degli snodi e degli episodi, ma non sapevo bene come ci sarei arrivato, quali sarebbero stati i raccordi.

E' la storia quindi che ha condotto te?

Sì, almeno fino a metà romanzo circa. A quel punto per andare avanti avevo bisogno di sapere come sarebbe finita la storia, e come arrivarci. Allora ho buttato giù una traccia abbastanza particolareggiata, e a quel punto il gioco era fatto.

E quale è stato il passo dalla stesura alla pubblicazione?

Avevo fatto leggere dei brani del romanzo a Fabio Viola, curatore dell'antologia di racconti Effetti collaterali alla quale avevo partecipato anche io. Fabio mi aveva incoraggiato a mandare il romanzo all'editore dell'antologia, Giulio Perrone, il quale a sua volta lo aveva poi proposto ad Aldo Putignano, curatore della nuova collana Narratopoli per l'editore Cento Autori di Napoli, al quale il romanzo è piaciuto subito.

E sei soddisfatto de risultato?

Parafrasando Carmen Consoli, sono "confuso e felice".

Perché leggere Tornerai ogni mattina?

Questa è una domanda a cui eventualmente deve rispondere chi lo ha letto, non chi lo ha scritto.

Allora te la pongo in maniera diversa: prova a scrivere uno slogan pubblicitario per convincere i lettori a leggere il tuo libro.

Uno slogan pubblicitario? Vediamo. "Tornerai ogni mattina: un romanzo dove l'amore non vuole saperne di morire".

Chiudiamo con la domanda di rito: progetti? Tornerai ogni mattina è stato un caso o pensi di tornare a scrivere?

Ho una mezza idea per un romanzo ambientato nel prossimo futuro i cui protagonisti sono dei vecchi, ma l’entusiasmo iniziale è un po' scemato, per cui non so. Per ora l'idea è lì a decantare.