Torna il team di archeologi subacquei guidati da Jack Howard: dopo Atlantis (id., 2005 - Newton Compton 2005) e L’oro dei crociati (Crusader Gold, 2006 - Newton Compton 2006), lo scrittore canadese di origine britannica David Gibbins presenta la terza avventura del suo gruppo affiatato di segugi dell’antichità e del mistero: Il vangelo proibito (The Last Gospel, 2008 - edito negli USA con il titolo The Lost Tomb - Newton Compton 2011).

Dopo più di un decennio dedicato alla saggistica e all’insegnamento, dopo aver circumnavigato il globo già all’età di sei anni, Gibbins (classe 1962) è ormai definitivamente passato alla narrativa dopo il successo dei suoi libri in tutto il mondo: successo sicuramente dovuto al fatto che ciò che il suo personaggio-alter ego Jack Howard compie nella fiction è già stato compiuto da Gibbins nella realtà. (Ad esclusione ovviamente delle scoperte clamorose, come Atlantide o un Vangelo perduto!)

Il fondale del Mediterraneo, una stanza finora mai esplorata di Ercolano, una villa nel sud della California, una grotta della Roma capitolina, il Santo Sepolcro... cos’hanno in comune tutti questi luoghi? Sono tutti protagonisti de Il vangelo proibito ed ognuno contiene un indizio per seguire la strada percorsa duemila anni fa dal testo più immaginato e sognato dagli autori di thriller: un vangelo scritto da Gesù Cristo in prima persona.

Non ci si lasci ingannare dal titolo (dove l’originale “ultimo” è stato sostituito con “proibito” per comprensibili esigenze di marketing): non siamo di fronte a un thriller religioso bensì ad uno studio dell’antichità e ad una ipotesi di come potrebbero benissimo essere andate le cose. La ricerca di Howard e dei suoi amici-colleghi non è volta a minare la religione o ad accusare il Vaticano di chissà quale colpa: la storia è volta a gettare le basi per una nuova interpretazione di fatti noti (più qualche deliziosa aggiunta fantasiosa che - trattandosi dopotutto di un romanzo - non guasta mai)

La particolarità dello stile di Gibbins è una massiccia e solida documentazione storico-archeologica: i suoi personaggi non sono “Indiana Jones acquatici” bensì veri studiosi che agiscono solo dopo aver raccolto informazioni e confrontato i fatti. I romanzi dell’archeologo canadese non sono di avventura come di solito la si pensa, bensì thriller archeologici.

Il vangelo proibito paradossalmente è “troppo reale”, a volergli trovare un difetto: non c’è spazio per quelle ipotesi fantasiose che tanto amano gli autori di thriller facili e di grande impatto. È un romanzo con basi solide che rinuncia volutamente ad ogni volo di fantasia. Addirittura il celebre enigma SATOR-ROTAS - il quadrato cifrato rinvenuto a Pompei e in altri luoghi dell’antichità romana e che ha infiammato studiosi ed appassionati per millenni - viene risolto in pochissime righe, adottando (senza specificarlo) l’interpretazione trovata indipendentemente dagli studiosi Sigurd Agrell e Felix Grosser come se fosse accertata - cosa che in realtà non è: la questione è alquanto controversa. Curiosamente, nel 2006 - due anni prima del romanzo di Gibbins - nel saggio Il Vangelo di Pompei (Punto d’Incontro) il nostrano Roberto Pascolini ha “decifrato” il quadrato latino proponendolo come Vangelo scritto da Gesù: se Jack Howard fosse stato più attento, si sarebbe risparmiato molti dei problemi e delle avventure del romanzo!

Malgrado Gibbins abbia ripercorso i topoi obbligatori dell’avventura moderna - Atlantide, El Dorado, ecc. - l’ha fatto con occhio da studioso, non da “spacciatore di thriller a buon mercato”.

Per una lettura allo stesso tempo appassionante ma anche istruttiva - so che è una parola più forte di una bestemmia, ma si può anche imparare da un romanzo! - Il vangelo proibito è altamente consigliato.

Rimaniamo in attesa dei successivi due romanzi sul gruppo di Jack Howard scritti nel frattempo dall’autore: The Tiger Warrior e The Mask of Troy.