Sono d'accordo con chi ha affermato che Drood, il capolavoro di Dan Simmons, è molto di più che un enorme thriller mozzafiato, proprio per come affonda le radici nel sociale (la Londra vittoriana del 1865 ed anni successivi) e nelle profondità della mente dei protagonisti (a cominciare dall'Altro Wilkie, il doppio immaginato da Wilkie Collins, l'autore di famosi proto gialli, amico e collega più giovane di Dickens). In più il romanzone (815 pagine dell'edizione italiana) vuol essere il ritratto grandioso e insieme terribile dei gironi danteschi in cui era divisa la metropoli, dai quartieri abitati dai derelitti ai sotterranei brulicanti di sotto-derelitti.

Ma non basta: Drood è anche la cronaca del processo creativo che consentì a Collins di scrivere capolavori come La donna in bianco e La pietra di luna e dei suoi difficili rapporti con Dickens, l'amico più anziano e scopritore del talento dello scrittore autodidatta, ma anche in molte occasioni il padre-padrone, puntualmente ricambiato dalla gelosia di Wilkie per l'enorme popolarità dell'Inimitabile (così a Dickens piaceva essere chiamato).

Tra la piccola folla di pittoreschi e straordinari comprimari, si stagliano i tre protagonisti: il narratore Wilkie Collins, Charles Dickens e Drood... A questo punto il moto di curiosità provato leggendo il titolo, si rafforza anche nel lettore non dickensiano: Drood, Edwin è il nome del personaggio centrale del romanzo che Dickens lasciò incompiuto alla sua morte avvenuta a causa di un ictus il 9 giugno del 1870, il cui titolo era appunto Il mistero di Edwin Drood.

Un mistero letterario che impone subito la necessità di parlare della “setta” dei Droodisti, congrega di bizzarri scrittori, senz'altro appassionati, che hanno proposto ad oggi oltre duecento finali al romanzo, molto diversi fra loro (di passaggio, nell'elenco, c'è anche “l'inchiesta” di Fruttero e Lucentini, datata 1989, dal titolo La verità sul caso D.). Nell'opera incompiuta lasciamo il giovane Edwin misteriosamente scomparso con Dickens ancora alle prese col chi-dove-come lo ha ucciso, qui nel Drood di Simmons lo ritroviamo come la misteriosa e terrificante figura decisa a sovrastare tutta la storia.

Simmons come l'Ultimo dei Droodisti? Non sono un esperto, né ho le necessarie pezze d'appoggio, ma credo di no. Magari sarà stata la sua intenzione iniziale, ma poi il suo Drood ha preso altre direzioni, diventando in sostanza un romanzo storico-letterario con forti tensioni orrorifiche.

L'inizio, raccontato da Collins, vede Dickens e la sua giovane amante, Ellen Ternan, salvarsi per miracolo nel disastroso deragliamento del treno che, di ritorno dalla Francia, li sta riportando a Londra. Mentre lo scrittore s'aggira smarrito fra vetture distrutte, feriti e morti, incontra la scheletrica figura di un uomo in cappa nera, col volto deturpato, che passa di moribondo in moribondo come uno strano officiante di una misteriosa religione. È Drood che da questo momento costituirà l'ossessione di Dickens; e, poi, ancora più invadente, l'ossessione di Collins.

Appena ritornato a Londra, Dickens con incredibili traversamenti dell'immensa città (lo scrittore fu un infaticabile camminatore, un vero maratoneta di poderosi trekking urbani) si mette alla ricerca di Drood. In questa impresa è seguito, anzi controllato, da Collins.

I due esplorano i malfamati e miserrimi quartieri popolari, le cloache, le fognature, i fiumi sotterranei come il Fleet, le antiche catacombe e le fumerie d'oppio (memorabile la descrizione di quella di Re Lazaree). Fino a Sotterra che Collins - smarrito e terrorizzato testimone - definisce una “spaventosa Londra sotterranea”. Ed è proprio a Sotterra che i due ritrovano Drood, padrone assoluto di una folla di derelitti e sacerdote di misteriosi poteri esercitati attraverso i rituali esoterici dell'antica religione egizia. Un Drood che minaccia Dickens nel corpo e nella mente, cercando di imporgli un compito rischioso e che non rivelo per non sciupare la sorpresa al lettore. Alla morte di Dickens (cinque anni dopo, nel 1870), Drood lo impone a Collins che, ben più debole dell'Inimitabile, viene travolto da visioni allucinanti e da angosce insopportabili: d'altra parte è lui che per difendersi dal terribile dolore causato dalla gotta assume da sempre grandi quantità di laudano e che, successivamente, sarà un assiduo consumatore d'oppio.

Fino alla fine della sua vita, che arriva con la possibile soluzione del difficilissimo Caso: quella della decifrabilità dell'Altro Wilkie.