La vita di Alfred Hitchcock con Alma, caratterizzata dai normali conflitti di una coppia e dalla polvere che si accumula in una relazione tanto lunga, era ovviamente molto diversa dalla vita sessuale, appassionata, provocante e spesso pericolosa delle donne che popolano i suoi film. Tutti conoscono le cosiddette “bionde di Hitchcock”, le belle signore dai capelli color lino fra cui Ingrid Bergman, Grace Kelly, Tippi Hedren e Kim Novak, ognuna delle quali sfoggiava un’aria glaciale e sofisticata, blasé e impenetrabile. Queste attrici hanno incarnato alcuni dei personaggi femminili più coraggiosi, intelligenti, irriverenti e sfaccettati che abbiano mai deliziato lo schermo cinematografico, con personalità spesso manipolatrici e infide, che si trovano a proprio agio dal mondo dei criminali e degli psicopatici.

Esistono innumerevoli teorie sul fascino subìto da Hitchcock nei confronti di donne forti, seducenti ma assolutamente distanti, in costante pericolo. Alcuni simpatizzanti di Freud hanno attribuito questa fascinazione del regista alla sua educazione repressa e alle sue fantasie imbrigliate. Altri vi ravvisano complessi problemi di natura sessuale e di approccio con la psicologia femminile e suggeriscono che Hitchcock non stesse sfruttando l’idea della bionda sfuggente ma che il suo intento fosse piuttosto quello di esplorare il modo in cui le donne vengono considerate e in cui sono costrette a comportarsi all’interno di una società che si sente minacciata dalla loro presenza. Altri ancora, scorgono nel suo lavoro una poetica sulle contraddizione insolvibili della vita. Dopo averlo intervistato, François Truffaut offrì una sua spiegazione rispetto al fascino esercitato dal regista: «Ciò che affascina di lui è il paradosso tra il fuoco interiore e la sua apparenza imperturbabile».

        

Hitchcock evidenzia la tendenza da parte del regista a scritturare non solo un certo tipo di bionde “esplosive” ma anche ad intromettersi nella loro vita e nella loro psiche durante le produzioni, e lo fa senza maschere o semplificazioni. Il film fa luce su un rapporto molto più importante: la fedeltà, lunga una vita, a sua moglie, la non bionda Alma, verso la quale ha nutrito un altro genere di ossessione, legata alla creatività.

Ma non c’è dubbio che in Psycho abbia scritturato una bionda seducente per interpretare uno dei ruoli più strazianti mai richiesti ad una sua attrice. Ad accettare la parte fu Janet Leigh, interpretata nel film da Scarlett Johansson. Negli anni ’50 Leigh era stata una delle “sirenette” più richieste di Hollywood, ed aveva appena lavorato con un altro grande maestro del cinema, l’autorevole regista Orson Welles, ne L’infernale Quinlan. Ma la parte di Marion Crane in Psycho la segnò per sempre, aggiudicandole una nomination all’Oscar e imprimendola nella cultura popolare come l’esemplificazione della donna perseguitata.

Per interpretare Leigh, i film-maker di Hitchcock (2012) hanno voluto un’attrice che ha la rara capacità di muoversi con disinvoltura in contesti sia classici che moderni: Scarlett Johansson. «Non ho mai incontrato una donna della sua età che sia così padrona di sé, così completa e intelligente, e che sviluppi una tale comprensione del proprio personaggio», dice Sacha Gervasi [regista del film] della Johansson.

Janet Leigh interpretata da Scarlet Johansson
Janet Leigh interpretata da Scarlet Johansson
Nello svolgere le ricerche relative al ruolo, Johansson afferma di aver scoperto che Janet Leigh aveva un rapporto speciale con il regista, che riusciva a fare breccia nel personaggio pubblico del film-maker. «Era diversa dalle altre, perché era sposata con Tony Curtis e aveva tre figli, quindi non rientrava propriamente nella categoria della bionda irraggiungibile. Tuttavia era inaccessibile, proprio perché moglie e madre, inoltre aveva un atteggiamento sensuale, spiritoso, sicuro di sé che alludeva ad un rapporto più che amichevole con Hitchcock», osserva l’attrice. «Nel film il loro rapporto professionale diventa l’occasione per osservare il lato più giocoso di Hitchcock, più infantile e malizioso».

          

All’inizio Alma teme che la Leigh possa diventare l’ennesimo oggetto di infatuazione di suo marito, ma alla fine si rende conto che non costituisce alcuna minaccia. «Penso che Alma sia un po’ stufa del fatto che suo marito ogni volta ponga le sue belle attrici su un piedistallo, e poiché si sente ignorata e non desiderata da lui, ad un certo punto reagisce», spiega Johansson. «In realtà non ce l’ha veramente con Janet: lei rappresenta semplicemente la goccia che fa traboccare il vaso, perché Alma non intende davvero più tollerare questa situazione».

Johansson è stata molto colpita dal personaggio di Alma. «Credeva nel talento di suo marito e sosteneva ed ispirava la sua visione in ogni modo possibile. La loro collaborazione artistica era solidissima», spiega. «Questo film racconta la storia di due artisti non più giovani che riescono a tenere vivo il loro amore».

Per prepararsi al ruolo, Johansson ha trascorso diverso tempo con la figlia di Janet Leigh, Jamie Lee Curtis, che l’ha aiutata a comprendere sua madre. «Jamie è stata molto carina e disponibile, e si capisce che è una figlia orgogliosa dei suoi genitori», racconta. «Mi ha inviato delle bellissime fotografie di famiglia e mi ha parlato benissimo di sua madre, così come fanno tutti quelli che l’hanno conosciuta. Da quel che ho sentito dire e che ho letto su di lei, era una donna modesta e razionale, e prima di tutto una madre meravigliosa».

Ma l’esperienza più bella è stata lavorare con Anthony Hopkins nel ruolo di Hitchcock. «Ha una presenza molto forte, sembra un leone a caccia che aspetta solo il momento giusto per attaccare. Comunica un’energia pazzesca. Hitch non poteva essere interpretato da un attore con uno spessore minore», commenta. «Penso che Anthony possieda tutta la dolcezza, la tristezza e l’intelligenza richieste dal ruolo. Sulla pagina c’era già tutto, me vedere Tony nei panni di Hitch è stata una di quelle esperienze uniche nella vita».

         

C’è un’altra famosa bionda di Hitchcock in Psycho: Vera Miles, che aveva firmato un contratto di sette anni con il regista e che aveva anche recitato ne Il ladro ed era apparsa regolarmente nella serie televisiva Alfred Hitchcock Presents. Si dice che Hitchcock ne fosse ammaliato al punto tale che l’aveva scritturata come protagonista de La donna che visse due volte, nel 1957, tuttavia fu costretto a sostituirla con Kim Novak quando la Miles restò incinta durante la produzione. Due anni dopo la volle nel ruolo di Lila Crane, la sorella di Marion-Janet Leigh, in Psycho.

Vera Miles interpretata da Jessica Biel
Vera Miles interpretata da Jessica Biel
Questo ruolo è ora affidato a Jessica Biel, che si è affermata al cinema con il romantico thriller The Illusionist. L’illusionista. Gervasi ne è rimasto conquistato durante i provini. «Ha sorpreso tutti. Ha un’energia perfetta: è leggiadra, spiritosa, piena di umanità e di un pathos incredibile», dice. «Ha interpretato il ruolo di Vera Miles in modo completo e avvincente».

Biel è stata felice di far parte della produzione. «Due cose mi elettrizzavano: far parte di un cast formato da quasi tutte le persone con cui speravo un giorno di poter lavorare, e il fatto che si parli di un momento interessante e particolare della vita di questo grande regista».

Biel si è interessata al rapporto fra Vera e Hitchcock. «Penso che il loro rapporto fosse un po’ ambiguo», afferma. «Tuttavia entrambi nutrivano un grande rispetto reciproco; lei era un vulcano, una donna molto indipendente. Lavorava incessantemente e le piaceva che anche lui fosse così. Ma penso che Hitch non l’avesse presa bene quando lei era rimasta incinta, quindi all’inizio di Psycho c’è qualche tensione fra loro».

        

Biel pensa che Vera fosse consapevole della propensione al controllo di Hitchcock e dei suoi modi poco teneri con il cast. «Creava personaggi femminili sempre molti complicati nei suoi film», osserva. «Le sue donne erano soprattutto imperfette, spesso disfunzionali, con problemi psicologici, alcune addirittura pazze. Dal mio punto di vista di attrice, sono questi i ruoli più ambiti e lui non ha fatto altro che creare ruoli del genere nella sua carriera».

Lavorare con Hopkins è stata un’esperienza bellissima. «È stato travolgente, in un certo senso snervante, ma una gioia immensa», racconta l’attrice con un sorriso. «È un attore formidabile, ma sa giocare e sa farti sentire a proprio agio, ti lascia libero di sperimentare, e ha reso questo film una esperienza indimenticabile per me».