A volte un libro può essere un esperimento, un gioco, un’opera di fantasia, un pezzo di bravura. La figura di cera di Riccardo D’Anna è tutte queste cose messe insieme.

La figura di cera pubblicato dalla Gargoyle Books prende le mosse, rendendo implicito omaggio, dalle battute finali dallo splendido romanzo Il morso sul collo di Simon Raven (Gargoyle, 2009). D’Anna, in poche parole, si cimenta in un’operazione narrativa ed editoriale che, sebbene possa sembrare insolita nell’odierno panorama editoriale italiano, ha illustri precedenti. L’autore romano prende i personaggi nati e sviluppati nell’insolito romanzo di vampiri dell’eclettico autore inglese e li coinvolge e stravolge in un ipotetico sequel, e così il maggiore Antony Seymour (voce narrante della vicenda), lo studente donnaiolo Piers Clarence, l’ispettore John Tyrrel e l’erudito e singolare Walter Goodrich, si troveranno coinvolti in una serie di misteriosi omicidi, nella scomparsa dalla tomba del corpo di una marchesa caduta in disgrazia, e nella rocambolesca ricerca del calco in cera del suo volto… un oggetto misterioso e macabro, figlio della negromanzia, che potrebbe aver fatto risorgere la donna dal regno dei morti.

La scrittura di D’Anna è articolata e complessa. Dialoghi e descrizioni riescono efficacemente a rendere gli ambienti e le atmosfere di una certa società inglese, borghese e sommessamente snob, e della Londra sonnolenta e misteriosa del 1958. Ma il romanzo di D’Anna oltre a un intrigante storia ambigua e affascinante è anche un tributo, un omaggio ai classici film horror della Hammer e della Universal, a certe atmosfere noir, e a certi personaggi fortemente caratterizzati senza mai essere banali. Inoltre questo romanzo sebbene possa essere apprezzato anche da chi non ha letto la sua fonte e scaturigine (il citato Il morso sul collo, Gargoyle 2009), ha l’innegabile pregio di creare un gioco di specchi e di rimandi fra le due opere che coinvolge e stimola, che spinge a cimentarsi anche nella lettura del romanzo-fonte in modo da immergersi totalmente in queste atmosfere cupe e maligne che sembrano avviluppare il lettore e costringerlo passo dopo passo a dirigersi verso l’inesorabile disvelamento finale.

Il romanzo di D’Anna e sui generis, volutamente barocco, denso ed erudito, un piacere per la mente e per la fantasia.