Entrato in camera si lascia cadere sul letto. Sprofonda senza spogliarsi nel materasso molle e nella rete mezza sfondata. Prova a chiudere gli occhi. Ma non riesce a rilassarsi per colpa del turbinio che gli frulla in testa. Lascia passare qualche minuto, poi si solleva sui gomiti a guardare il nulla di fronte a se. Strizza gli occhi quasi a spremere fuori tutto il mal di testa che incomincia a stordirlo. Passa in bagno. Fissa i tubi esterni smaltati di un beige che si gonfia qui e là lasciando a terra una polvere leggera. Poi apre il rubinetto e infila la testa sotto l’acqua.

…facciamo finta di scegliere. Pensa. Di fronte alle emozioni e agli impulsi. Lui era si responsabile di quello che aveva fatto, ma i demoni dentro di lui lo avevano guidato. Non aveva potuto disobbedire. Quello che facciamo è una condanna, qualcosa di ineluttabile. Lo pensa seduto sul bordo della vasca, sporca come lui, ingiallita, che puzza di miseria. Fa scorrere l’acqua calda e lasciò che la vasca si riempia. Una vasca dove non avrebbe mai immaginato di immergersi in vita sua.

Si spoglia, prende il flacone di bagnoschiuma dalla sacca, ne versa fino a spargere nell’aria un profumo delicato di pino. Poi si infila nella vasca. L’impatto gli provoca un formicolio su tutta la pelle, ma si abitua in fretta al cambio di temperatura. Incomincia a rilassarsi, anche grazie all’essenza che sale dal basso insieme al vapore e gli stuzzica il naso, la gola e allo stesso tempo sembra estirpare via il senso di sporco che lo sta intaccando, consumando fin nel profondo.

Socchiude gli occhi. Senza la più pallida idea di come uscire da quella situazione. Qualcuno ha deciso di giocare con lui come il gatto con il topo. E nemmeno può rivolgersi alla polizia. La sua doppia vita si sta sgretolando. Forse avrebbe pregato volentieri, ma si rende conto di non conoscere più alcuna preghiera e soprattutto di aver perso per strada un qualunque Dio cui potersi rivolgere.

Si massaggia le spalle indolenzite.

…Giulia, mormora.

…dodici anni, un milione di cose ancora da fare, da imparare, da vivere. Crescere, studiare, viaggiare, innamorarsi, trovare un uomo altrettanto innamorato. Giulia, sempre Giulia, lei, la piccola e nervosa custode delle sue voglie. Le mancava. Lei, l’ultima. Aveva colpito Giulia per dimenticare Daniela, e ucciso Daniela per liberarsi del peso di Sabrina. Anelli di una catena.

Non gli mancava invece Eleonora, la moglie premurosa che gli organizzava tutto il suo tempo libero, che ogni volta che stavano per fare l’amore si alzava, si rinfrescava, si lavava i denti. Per non correre il rischio di fare brutta figura. Sempre. Ogni volta così. E lui aveva sempre trovato ridicola e patetica quella messinscena. Ma altrettanto aveva fatto finta di niente, avallando come giusto quel modo di fare. Era una donna che sapeva sempre di pulito, la pelle aveva perso l’odore di donna sostituito dal profumo gelatinoso di saponetta e deodorante intimo da bambolina vaporosa. Mai l’aveva guardata nel sonno, sorridendo, con tenerezza, come si dovrebbe fare con una donna che si ama veramente. Chissà se conoscendo la verità su suo marito, la tranquilla, moderata Eleonora, avrebbe rinunciato alla compostezza dei suoi gesti studiati, alla sua pettinatura senza un capello fuori posto, ai suoi abiti, alle sue unghie. Chissà se si sarebbe lasciata andare per una volta, magari insultandolo, sbavando ai lati della bocca, come un cane rabbioso, con gli occhi stravolti dalla furia. Meglio ancora se lo avesse graffiato, schiaffeggiato. Mentre lui avrebbe cercato di confessarle tanta barbarie.

…una volta saputa la verità.

La verità su Giulia, Daniela e Sabrina. La verità sui loro corpi violati. Sfregiati. Che ancora chiedevano giustizia.

Dionea Muscipula

Qualcuno sapeva e il suo futuro era segnato.

Qualcuno cercava giustizia e non si fidava della giustizia.

Chiude gli occhi e infila la testa sotto il pelo dell’acqua. Rimane a godere di quella sensazione morbida, profumata, quasi infantile con le bolle che scoppiettano sopra di lui. Esce dalla vasca grondando acqua e schiuma. Si asciuga, si passa la salvietta lentamente, con cura. Prende la biancheria pulita. Nell’infilarsi i pantaloni della tuta perde leggermente l’equilibrio e si costringe a sedersi sul letto. Un uomo è vecchio quando non riesce più a stare in piedi per mettersi i calzoni, gli diceva suo padre. Suo padre. Altro personaggio da dimenticare.