Per gentile concessione dell'editore Iris 4 Edizioni pubblichiamo l'incipit del romanzo di Angelo Marenzana, "L'ora segnata".

“Meglio dare un taglio a questa faccenda.”, pensa l’uomo e d’istinto, con gesto determinato, rabbioso, solleva il pugnale.

Un’arma da miliziano, tenuta nel fodero d’acciaio nichelato, con l’impugnatura a testa d’aquila, in avorio e fascio littorio incassato. Solo qualche istante prima aveva piantato la punta nel cartoncino ruvido che avvolgeva un pacchetto per aprirlo e vedere cosa conteneva. Tiene il pugnale stretto nella mano con la punta in giù e la lama rivolta verso all’avambraccio, le dita stringono così forte da essere bianche e le unghie sembrano spezzarsi contro il manico. Ruota il polso, il filo della lama sfiora la pelle, la punta solletica il gomito poi un colpo secco, deciso, e lo spuntone si infilza a caso nel mucchio di fotografie sparpagliate sul tavolo. L’uomo fa una pressione di lato per estrarlo dal legno e tira su la foto trafitta: è una donna ferita, aperta in due come un pesce preso alla fiocina. Con l’altra mano afferra l’accendino, fa girare la rotella una, due volte, scintille a vuoto poi la fiamma giallastra va a lambire la carta e lunghe lingue di fuoco si sviluppano all’istante. La stanza si impregna di nere volute di fumo, di odore acre, di brandelli svolazzanti di cenere e il pugnale rotola a terra assieme ai residui di carta bruciacchiata. L’uomo si piega sul bordo del tavolo, allarga le braccia, raccoglie le immagini disseminate e con la punta delle dita le mette in un ordine dettato in quel momento dalla sua mente, le piazza a semicerchio una sull’altra come i raggi della ruota di una bicicletta, come un mazzo di carte strette tra il pollice e l’indice della mano di un giocatore concentrato, di un prestigiatore all’opera, o ancora come le pieghe di un ventaglio che copre parte del viso di una donna provocante in atto di soffocare il sorriso ma far brillare gli occhi. Sulle foto c’è l’immagine della stessa persona, sempre lei, una donna. Sola. Una collana, seno scoperto, procace, provocante, gambe lunghe, pelle chiara, biancheria intima nera, sensuale, capezzoli grandi, peluria del sesso. Un diadema a fermare i capelli, un copricapo di traverso a falda larga calato sugli occhi. Inquadrature diverse, posizioni diverse. Una sedia, un Pierrot, una bambola, un catino e una caraffa, scarpe nere con i tacchi, fiori, cuscini… Frammenti che scorrono davanti agli occhi dell’uomo con la forza di un vortice, con il ritmo di una pellicola cinematografica. Non è la semplice nudità della donna fotografata a ferire ma il piacere di essere ammirata e lo si intuisce dagli occhi seppure lontani, seppure piccoli, nelle pieghe delle ombre. Si capisce dalle posizioni che assume perché non studiate, sa di essere al centro dell’attenzione degli uomini. Sorride, si sente bella, e risponde con gli occhi a tanta ammirazione, a tanta eccitazione che provoca in chi la guarda. La rabbia dell’uomo non si è placata. Un solo colpo di lama non è servito a sbollire l’odio, l’amore e la gelosia. Ancora un po’ di fuoco. Si mette un sigaro tra i denti, lo inumidisce con le labbra, lo morde, sputa un lembo di tabacco poi lo accende. Il suo volto si immerge nel fumo mentre aspira con forza un paio di boccate. Lo stomaco trema, suda di nuovo, la camicia è umida di tensione, di alcol, per il caldo di giugno che ristagna nella stanza senza finestre. Con gesto studiato, come quelli della donna ritratta, prende una foto e avvicina a quel viso la punta rossa di fuoco del sigaro. Un istante, la carta sfrigola, un filo nero si alza, il sigaro passa oltre ed ecco il medesimo servizio su un’altra foto e un’altra ancora, sino a che l’uomo crolla sulla sedia. Si versa ancora dell’arzente, è roba francese, roba che arriva da lontano attraverso giri che non conosce, se lo versa con la stessa mano che stringe il sigaro e ne butta giù due dita. Fuori un suono di tromba stonato rompe la malinconia della notte con quella della musica, note suonate male da qualcuno che non teme di disturbare poi lo strumento tace. Una voce, un canto, a sostituire la melodia, una voce tremula altrettanto stonata

“Smoking / Drinking / Never thinking of tomorrow / Diamonds shining /

Dancing/Dining…”

L’uomo strizza gli occhi, fa una smorfia arricciando le labbra imperlate di sudore, passa il dorso della mano sulla bocca e pensa in modo più lucido, non più sopraffatto da un gesto incontrollato, “Meglio dare un taglio a questa faccenda. E in fretta.”

“No. Sophisticated lady / I know/ You cry/ You cry…”