“Afghanistan, 2003. John Wilson, tiratore scelto dei Berretti Verdi, corpo d’èlite dell’esercito degli Stati Uniti, è pronto. Al centro del suo reticolo di mira, il terrorista  più ricercato del mondo: Osama bin Laden. Ma proprio nell’istante in cui Wilson sta per portare a termine l’esecuzione, giunge il contrordine. Qualcuno ha interesse a tenere in vita lo Sceicco del Terrore. Qualcuno che stringe nel pugno le sorti stesse di una guerra che sembra infinita. Toccherà a un ex agente dell’FBI e a un ex ufficiale dell’esercito italiano riprendere la caccia, una caccia spietata, in cui vita e morte finiscono per confondersi in un labirinto feroce e inestricabile.”

E’ questa la quarta di copertina di Non uccidete Bin Laden, di Filippo Pavan Bernacchi, la proposta di questo mese di Segretissimo, la collana da edicola della Mondadori che, sulla scorta dei suoi cinquant’anni di esperienza, continua a proporci una variegata vetrina di spy fiction e action thriller.

Non uccidete Bin Laden non è un inedito. Il romanzo è infatti presente nel catalogo Mursia, l’originale è stato pubblicato nel 2008.

Filippo Pavan Bernacchi si presenta con tutte le carte in regola dal punto di vista della competenza geopolitica, militare e spionistica.  Nato a Vicenza nel 1966, è un ex-capitano degli Alpini, paracadutista e subacqueo. Da militare, ha partecipato a svariate missioni.  Una volta lasciato l’Esercito, ha ripreso la vita civile. Dal 2007 è stato eletto Presidente Nazionale dei Concessionari FIAT. Come narratore, ha al suo attivo due romanzi (La Penna dell’Aquila, 1998, e  Operazione Erode, 2003) e due antologie, di cui una come coautore (In punta di Vibram, 2004) e la seconda come curatore (DNA Alpino, 2006).

In attesa di leggere l’intervista completa che il Segretissimo Mondadori Blog e ThrillerMagazine realizzeranno in collaborazione, abbiamo pensato di anticiparvi alcune delle domande che abbiamo posto all’autore…

Quando e come nasce “Non uccidete Bin Laden”?

Questo romanzo ha la stessa matrice dei miei due lavori precedenti (La Penna dell'Aquila e Operazione Erode). In sintesi, mi ero accorto che esisteva una folta bibliografia militare fino alla seconda guerra mondiale, mi riferisco sia alla saggistica sia ai romanzi, mentre, dal dopoguerra ad oggi si è parlato poco e, mi sia consentito, spesso male, dell'Esercito Italiano, della sua intelligence e dell'operatività. Io ho provato a colmare questa lacuna con l'occhio di un "addetto ai lavori", avendo ricoperto vari ruoli di comando operativo, conseguito vari brevetti tra cui quello di paracadutismo, di subacqueo e di tiratore combat con la pistola (quest'ultimo negli USA), e avendo alle spalle un conflitto a fuoco in Aspromonte. Il mio è stato l'addestramento tipico del fuciliere che tutti gli eserciti del mondo considerano "carne da cannone". Eppure anche i conflitti attuali, a bassa intensità ma a lunga durata, hanno dimostrato che nel teatro operativo ci vuole la fanteria, ci vogliono i fucilieri. Proprio non se ne può fare a meno per bonificare e controllare intere regioni e centri abitati. Gente che ha gli attributi quadrati per affrontare i rischi del campo di battaglia, delle imboscate, delle mine, degli sniper, degli ordigni artigianali e guardare il "nemico", magari denominato con il termine deontologicamente corretto "insorto", dritto nelle palle degli occhi. Niente a che vedere, senza voler mancare di rispetto a nessuno, con chi pilota un aereo o un drone in un ambiente climatizzato, a volte a migliaia di chilometri dai combattimenti (è il caso degli aerei senza pilota degli States). I miei personaggi sono soldati duri, determinati, ligi al dovere, ma dotati di tanta umanità e a volta scaltrezza. Uomini e donne che dormono all'addiaccio sotto zero, o si muovono in pieno giorno a oltre 40 gradi all'ombra in un ambiente talmente ostile che sopravvivono solo gli insetti, e a volte neanche quelli. Io ho voluto nel mio piccolo ridare dignità alle nostre Forze Armate che a mio avviso sono la spina dorsale della nostra democrazia. E quando ho iniziato a scrivere il mio primo lavoro, nel 1995, non è che questi concetti andassero molto di moda o fossero popolari.

Quali sono i punti di forza principali di questo suo romanzo?

Il ritmo, la trama complessa ma mai indecifrabile, le diverse storie che si intrecciano per poi fondersi. I personaggi verosimili perché tutti veri. E un'idea originale, inedita, cui gira attorno tutto l'intero romanzo. Per spiegarlo in una domanda: "Perché l'uomo più ricercato del pianeta, Osama bin Laden, non è stato ancora catturato o eliminato?"  Ma la forza vera del mio scritto è stato il raccontare, in modo avvincente, cosa fanno i nostri ragazzi nelle missioni di Pace, cui sarebbe meglio cambiare nome perché fuorviante. Sono invece, a mio modo di vedere, missioni di polizia internazionale volte a stabilizzare alcune aree critiche per riconsegnarle, poi, alla pace e alla democrazia. Ammesso che la democrazia sia un concetto esportabile in ogni angolo del globo. Ma questo, come si suol dire, è un altro film. Il mio lavoro vorrebbe penetrare i segreti dell'Islam, il passaggio dalla leva al professionismo, l'inserimento nei nostri reggimenti delle donne, i meandri inconfessabili del terrorismo internazionale, il flagello delle mine, disseminate in milioni di esemplari, le regole d'ingaggio talvolta assurde. Ma il tutto divertendo e appassionando il lettore. Mantenendo fede, in una parola, al genere "romanzo". Queste cose le posso scrivere perché nella mia carriera di scrittore ho ricevuto oramai centinaia di lettere e mail, e nella maggior parte si esprimevano questi concetti. A onor del vero ne ho ricevute anche alcune di insulti ma fa parte del gioco.

Presumo che, alla base delle sue scelte di genere come autore ci sia, oltre all’esperienza diretta maturata durante gli anni quale ufficiale degli Alpini, anche una passione di lettore. Qual è dunque il suo rapporto con la spy fiction?

Io fin da ragazzo ho sempre letto molto. Saggi, romanzi, ho divorato di tutto. E ho sempre tenuto una media di tre libri al mese. Sono stato e sono un lettore accanito, appassionato. Leggo però un libro per volta, non mi piace fare zapping. Di solito mi sforzo di terminare anche i libri che non mi convincono e quelli che ho abbandonato prima dell'ultima pagina li posso contare sulle dita di una mano di capitano Uncino. I miei preferiti? Romanzi, romanzi, romanzi. Wilburn Smith, Ken Follet, Frederick Forsyth, Alan D. Altieri, ma anche Jeffery Deaver, Lincoln Child, Douglas Preston e tanti, tanti altri ancora. I romanzi mi hanno fatto vivere tante vite parallele e mi hanno arricchito come persona.

Segretissimo è una collana con cinquant’anni alle spalle. E' un suo lettore? Come ha accolto l’opportunità di questa riedizione del suo romanzo per il pubblico dell’edicola?

Tutta la collana Segretissimo l'ho letta da "portoghese", ossia chiedendo di volta in volta a un mio amico che era abbonato di prestarmi il romanzo del momento. A volte sfilandoglieli senza che se ne accorgesse per poi rimetterli al proprio posto. Opss. Forse questa cosa era meglio non la dicessi. Comunque li ho divorati quasi tutti senza però conoscere le dinamiche della collana. Con leggerezza, come tante volte accade quando si fanno le cose per divertimento e non per lavoro. Essere pubblicato in questa collana per me è un sogno che si realizza. E' il premio per le migliaia di ore chino a digitare su una tastiera mentre la mente spaziava libera. Per averci sempre creduto. Per non essermi mai arreso. Per aver subito attacchi da chi non sopporta i militari e i valori nei quali credono. Pensi che un assessore alla cultura di un paese dove avrei dovuto presentare le mie opere mi ha detto nel suo ufficio: "Ma scherziamo, lei qui i suo libri non li presenterà mai. M A I. Io sono un pacifista". Stessa cosa in un museo che al suo interno ospita questo tipo di eventi. Il suo direttore mi ha fatto sapere che essendo contrario all'uso della forza non si poteva fare. E il museo, pensate, ha un'ala dedicata ad armature, spade, picche, mazze ferrate. Ma forse nell'antichità con quegli attrezzi ci piantavano i gerani. Lascio ai lettori ogni commento in merito. Ma, d'altronde, può una persona che è stata formata a non mollare mai, arrendersi davanti al muro dell'editoria, del pregiudizio o dell'indifferenza? La risposta sta nell'essere approdato, anche con un pizzico di fortuna, a Mondadori. D'altronde anche sul campo di battaglia se si è nel posto sbagliato al momento sbagliato si può venire disintegrati da un colpo di mortaio. Il fattore c, che sta per "culo", non è determinante ma aiuta.

Filippo Pavan Bernacchi – Non uccidete Bin Laden. Segretissimo, Mondadori. In edicola, giugno 2010. Euro 4,20.