Un buon racconto è soprattutto un atto di coraggio, sia per chi lo scrive che per chi lo pubblica. Vecchia è la polemica sul mercato editoriale che arriccia il naso di fronte alla logica della narrativa breve troppo spesso ritenuta poco commerciale e soprattutto vista come sorella minore e un po’ impacciata del romanzo. Ma la storia della letteratura e dei suoi onorevoli rappresentanti ci insegna che un racconto trova la sua dignità di esistere nella pennellata vivida, rapida e geniale con cui l’autore riesce a tratteggiare in modo incisivo lo spazio e il tempo della storia narrata.

Un buon racconto fissa un’emozione, una suggestione, la inchioda all’interno di un’azione, di un luogo (fisico e non) e del tempo. Regala quell’essenzialità che non lascia sfuggire la presa del lettore. Per questi motivi un’antologia è sempre una sfida, un modo per provare a mettersi in gioco con chi ne fruisce.

Nel caso specifico di Nero Piemonte e Valle d’Aosta diciotto autori hanno scelto di condividere un percorso comune (tutti abili solisti) per utilizzare il racconto proprio come elemento grazie al quale accomunarsi, riconoscersi e identificarsi in un tutt’uno armonico. Ovvero l’appartenenza e la condivisione del cuore nero dell’essere piemontesi. Come strappare tutti insieme una radice, la propria, osservarla, annusarla e farne un decotto miracoloso per sentire il sapore della propria esistenza.

Come recita il titolo senza alcuna ambiguità, gli autori si sono immersi tutti quanti nell’atmosfera della loro regione, vista e descritta attraverso le sfumature di quel nero di cui il Piemonte è saturo. Il suo lato oscuro. Le nebbie di campagna. Le nebbie di città. La magica Torino. Leggende tenebrose a cavallo tra laghi e vette alpine. La forza invisibile dei suoi boschi apparentemente disabitati. Le case dei paesi dalle imposte socchiuse. La riservatezza dei suoi abitanti. Ville padronali abbandonate. Case “dalle finestre che ridono”, dietro le quali si consumano credenze fantastiche, ultimi barlumi di vita terrena o cupi fantasmi di un aldilà con cui il Piemonte riesce a mantenere un rapporto stretto e quasi solidale. Un brivido che corre ai pie’ del monte, per inerpicarsi tra valli, pianure, laghi e città della regione, forse, più noir e sconcertante d’Italia.

A tutto ciò si può sommare la qualità dei racconti (scritti da piemontesi doc quali Danilo Arona, Barbara Balbiano, Luca Bortolazzi, Mariangela Ciceri, Gianluca D’Aquino, Antonio L. Falbo, Fulvio Gatti, Lucio Laugelli, Enzo Macrì, Roberta Marchetti, Angelo Marenzana, Fabio Mazzoni, Claudio Morandini, Sergio Pent, Stefano Priarone, Luca Rinarelli, Paola Ronco, Roberto Saporito, Matteo Severgnini) e il gioco sembra essere riuscito. Ha dato i suoi frutti, e chissà, magari  la sfida è stata pure vinta.